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Makinglife n.4 2023

Nell'ottica dell'economia circolare, il semplice recupero e riutilizzo dei prodotti non è più sufficiente. È fondamentale ricavare dagli scarti e dai sottoprodotti il massimo valore possibile. Ad esempio valorizzando i composti bioattivi contenuti negli scarti agroalimentari per produrre sostanze attive da utilizzare per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria alimentare.

Nell'ottica dell'economia circolare, il semplice recupero e riutilizzo dei prodotti non è più sufficiente. È fondamentale ricavare dagli scarti e dai sottoprodotti il massimo valore possibile. Ad esempio valorizzando i composti bioattivi contenuti negli scarti agroalimentari per produrre sostanze attive da utilizzare per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria alimentare.

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makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

“ IN ITALIA, LA COSCIENZA ECOLOGISTA<br />

– CHE PURE È MOLTO DIFFUSA –<br />

GUARDA ALLE INNOVAZIONI CON<br />

SOSPETTO E FINISCE CON L’ESSERE<br />

CONSERVATRICE<br />

industrie del settore, per<br />

un banale meccanismo di<br />

diversificazione del rischio.<br />

Esattamente come le grandi<br />

compagnie petrolifere<br />

sono quelle che investono<br />

maggiormente su fonti<br />

alternative ai combustibili<br />

fossili. Dunque è chiaro<br />

che siamo di fronte a un<br />

fenomeno che ha tante<br />

variabili da prendere in<br />

considerazione.<br />

Non abbiamo però<br />

considerato il ruolo della<br />

politica, in tutto questo.<br />

Più che altro dobbiamo<br />

chiederci se la politica sia in<br />

grado di fare la politica nel<br />

senso più alto del termine.<br />

Il suo ruolo è quello di<br />

predisporre le condizioni<br />

per il benessere delle<br />

generazioni a venire o fare<br />

altro? Da questo punto di<br />

vista, a prescindere dalle<br />

opinioni su questioni altre,<br />

noi abbiamo davanti agli<br />

occhi un laboratorio sociopolitico<br />

interessantissimo<br />

che è Israele. È una<br />

incubatrice mondiale di<br />

startup, tra le giovani<br />

generazioni esiste una<br />

forte coscienza ecologista<br />

e vi è anche una capacità<br />

fuori dall’ordinario di offrire<br />

soluzioni tecnologiche<br />

d’avanguardia a problemi<br />

ambientali. Ciò è possibile<br />

perché è stata formata<br />

una cittadinanza attenta<br />

e consapevole, in grado<br />

di capire che i processi di<br />

ricerca sono orientati verso<br />

la soluzione dei problemi.<br />

Qui, in Italia (e in maniera<br />

non troppo dissimile anche<br />

in Germania), la coscienza<br />

ecologista – che pure è<br />

molto diffusa – guarda alle<br />

innovazioni con sospetto<br />

e finisce con l’essere<br />

conservatrice. Il risultato<br />

pratico è quanto di più<br />

antiecologico possiamo<br />

pensare: la vulgata delle<br />

nostre eccellenze made in<br />

Italy, per esempio, ci porta<br />

a essere il terzo Paese<br />

al mondo per consumo<br />

di antibiotici nella filiera<br />

alimentare (305 mg/kg). In<br />

Germania la svolta green che<br />

ha prodotto la chiusura delle<br />

centrali nucleari ha portato il<br />

Paese ad ampliare le miniere<br />

di carbone.<br />

Parliamo per un attimo del<br />

“made in Italy”. Come si<br />

inserisce la conservazione<br />

della tradizione nelle sfide<br />

dell’innovazione?<br />

Dobbiamo avere ben<br />

chiara una cosa: l’idea<br />

di un’alimentazione<br />

genericamente italiana e<br />

tradizionale è marketing, e<br />

anche piuttosto recente. La<br />

struttura del nostro Paese<br />

ha da sempre comportato un<br />

frazionamento di tradizioni<br />

che rendono il nord e il sud<br />

profondamente diversi.<br />

Quindi l’idea di una autentica<br />

eccellenza nazionale che<br />

si fa strada nel mondo con<br />

numeri da grandissima<br />

industria è un racconto, non<br />

è una realtà. Noi viviamo in<br />

una narrazione per cui la<br />

produzione di eccellenze<br />

locali dovrebbe imporsi su<br />

mercati mondiali. Ma per<br />

fare questo è necessario<br />

avere chiaro che questo<br />

sogno è, in realtà, un incubo<br />

ambientale, territoriale e<br />

anche etico. Oltre il 90% di<br />

ciò che esportiamo come<br />

eccellenza è produzione<br />

industriale ultraintensiva,<br />

finalizzata alla massima resa<br />

con il minimo investimento.<br />

E con costi esternalizzati su<br />

comunità, ambiente e diritti<br />

dei lavoratori.<br />

Per creare una opinione<br />

informata non possiamo<br />

evitare l’impatto dei<br />

media. Come ci possiamo<br />

difendere da una cattiva<br />

informazione?<br />

Rimediare ai danni provocati<br />

da una informazione<br />

fortemente ideologicizzata<br />

non è semplice ma è<br />

comunque possibile. Io<br />

personalmente ho un mio<br />

sistema che suggerisco<br />

sempre. Se leggo un titolo<br />

di un giornale che mi<br />

colpisce, vedo una foto<br />

che ha un grande potere<br />

evocativo, mi chiedo: “che<br />

emozioni vuole suscitare?”<br />

Se queste sono di rabbia,<br />

indignazione e disgusto (e<br />

nel caso del cibo ciò è molto<br />

facile, se non tipico), direi<br />

di sospendere il giudizio<br />

e approfondire partendo<br />

da fonti che non diano<br />

titoli a effetto o giudicanti.<br />

Se dall’informazione<br />

cerchiamo una conferma ai<br />

pregiudizi, non metteremo<br />

in discussione le nostre<br />

convinzioni e non avremo<br />

mai una opinione realmente<br />

informata.<br />

È una pratica lecita, quella<br />

di dare all’ascoltatore o al<br />

“ SE DALL’INFORMAZIONE<br />

CERCHIAMO UNA CONFERMA<br />

AI PREGIUDIZI, NON METTEREMO<br />

IN DISCUSSIONE LE NOSTRE<br />

CONVINZIONI E NON AVREMO<br />

MAI UNA OPINIONE REALMENTE<br />

INFORMATA<br />

lettore ciò che vuole sentirsi<br />

dire, ma è un veicolo per la<br />

vendita di spazi pubblicitari<br />

e non informazione.<br />

Dunque non svolge alcun<br />

ruolo positivo rispetto al<br />

progresso del dibattito<br />

pubblico.<br />

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