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da Zabbini Augusto a Zydek Wilhelm - Comune di Bologna

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Dizionario Biografico Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945),<br />

a cura <strong>di</strong> A. Albertazzi, L. Arbizzani, N. S. Onofri.<br />

lo <strong>di</strong>fese e lo obbligò a uscire <strong>da</strong>gli uffici tra due ali <strong>di</strong> fascisti urlanti. Il 16/1/21, mentre era nella<br />

sede dell’Ente con la moglie Angiolina Rizzi, fu nuovamente aggre<strong>di</strong>to e seguito sino a casa <strong>da</strong> una<br />

canéa urlante e minacciosa. Lungo il tragitto i due coniugi furono bersagliati <strong>da</strong>l lancio <strong>di</strong> monetine.<br />

Per sottrarsi alla violenza fascista, si trasferì a Roma dove il 7/11/21 — nel maggio precedente era<br />

stato rieletto alla Camera - fu aggre<strong>di</strong>to e percosso <strong>da</strong> una squadra <strong>di</strong> fascisti bolognesi. Il<br />

trasferimento a Roma <strong>di</strong>venne definitivo dopo la morte del figlio Libero* avvenuta il 9/6/22.<br />

L'ultimo legame con <strong>Bologna</strong> lo recise il 28/11/28 quando il fratello Giulio*, in un momento <strong>di</strong><br />

sconforto, si tolse la vita <strong>da</strong>vanti alla tomba del nipote Libero. Poiché quella tomba era <strong>di</strong>venuta<br />

meta <strong>di</strong> pellegrinaggi politici, la polizia gli or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> non visitarla. Una spia del regime, che lo<br />

frequentava, in un rapporto scrisse <strong>di</strong> avere avuto questa confidenza: «Siccome mio figlio e morto il<br />

9 giugno, ed in quei giorni ricorrendo anche la morte <strong>di</strong> Matteotti, mi è stato fatto <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> portare<br />

fiori, per evitare che si pren<strong>da</strong> occasione <strong>di</strong> mio figlio per ricor<strong>da</strong>re Matteotti». Nell'ottobre 1922,<br />

quando l'ala turatiana fu espulsa <strong>da</strong>l PSI, passò al PSUI e non si ripresentò can<strong>di</strong><strong>da</strong>to nelle elezioni<br />

del 1924. Visse a Roma sino al 1937 dove gestiva una piccola <strong>di</strong>stilleria anche se non sapeva<br />

resistere alla tentazione <strong>di</strong> tornare, <strong>di</strong> tanto in tanto, a <strong>Bologna</strong>. Nel 1935 fu fermato a Roma e<br />

<strong>di</strong>ffi<strong>da</strong>to «perché solito associarsi a molti elementi sovversivi». Il 12/12/37 pochi mesi dopo il suo<br />

ritornò a <strong>Bologna</strong> il responsabile dell'OVRA regionale informò il governo che era solito assumere<br />

«atteggiamenti <strong>di</strong> denigratore del Regime e della nostra politica internazionale». E poiché «ha qui<br />

uno stuolo <strong>di</strong> amici e <strong>di</strong> ex compagni e <strong>di</strong> fede» si imponevano misure per «impe<strong>di</strong>re che lo Zanar<strong>di</strong><br />

possa gra<strong>da</strong>tamente ravvivare i contatti con i suoi vecchi compagni <strong>di</strong> fede». Quando si rese conto<br />

che le persone che frequentava erano fermate e intimi<strong>di</strong>te <strong>da</strong>lla polizia - il giornalista Ezio Cesarini*<br />

de "il Resto del Carlino" fu ad<strong>di</strong>rittura licenziato per averlo incontrato casualmente per la stra<strong>da</strong> —<br />

decise <strong>di</strong> tornare a Roma. Il 13/2/38 il prefetto <strong>di</strong> <strong>Bologna</strong> inviò un lungo rapporto al governo nel<br />

quale, tra 1'altro, si legge: «in queste ultime settimane il contegno dello Zanar<strong>di</strong>, attentamente<br />

sorvegliato <strong>da</strong>lla polizia, anche per stabilire se esso avesse qualche contatto con altre attività<br />

sovversive, venne notato <strong>da</strong>ll'ambiente fascista e questo Federale, col mio consenso, chiamò a se lo<br />

Zanar<strong>di</strong> e minacciandolo <strong>di</strong> grave rappresaglia tentò <strong>di</strong> intimi<strong>di</strong>rlo e indurlo a desistere <strong>da</strong>l suo<br />

atteggiamento». Il rapporto concludeva: «Per togliere questo sconcio elemento <strong>da</strong>ll'ambiente<br />

borghese, e per prevenire una più che giustificata azione del Partito, riterrei opportuno che egli<br />

fosse assegnato al confine <strong>di</strong> polizia...». Il 17/2/38 fu arrestato e inviato al confino per 5 anni con<br />

questa motivazione: «Per avere svolta attività politica contrastante con gli or<strong>di</strong>namenti del Regime<br />

Fascista». Andò a Cava dei Tirreni (SA), dove fu raggiunto <strong>da</strong>lla moglie. A causa dell'età avanzata,<br />

il 29/6/38 gli fu concesso <strong>di</strong> completare il periodo <strong>di</strong> confino a Porto Mantovano (MN) dove il<br />

22/1/39 fu fermato e <strong>di</strong>ffi<strong>da</strong>to per avere inviato cartoline «<strong>di</strong> contenuto antifascista» a due amici<br />

bolognesi. Quando chiese, nel 1939, il permesso <strong>di</strong> poter iniziare un'attività industriale-commerciale<br />

per gua<strong>da</strong>gnarsi <strong>da</strong> vivere — nonostante il periodo <strong>di</strong> confino terminasse nel 1943 - il prefetto <strong>di</strong><br />

<strong>Bologna</strong> si <strong>di</strong>chiarò <strong>di</strong>sposto a riesaminare benevolmente la posizione dello Zanar<strong>di</strong>, ma<br />

«decisamente contrario a che egli sia autorizzato a fare ritorno in questa sede». In seguito gli fu<br />

concesso <strong>di</strong> risiedere a Poggio Rusco e a Volta Mantovana, ma <strong>Bologna</strong> continuò ad essere una città<br />

proibita. Vi tornò alla caduta del fascismo, ma dovette tornare nel mantovano subito dopo<br />

1'occupazione tedesca. Dopo la Liberazione, quando aveva 72 anni, tornò definitivamente a<br />

<strong>Bologna</strong>. Fu nominato commissario della Cooperativa bolognese <strong>di</strong> consumo, che un tempo si<br />

chiamava Ente autonomo dei consumi. Accettò 1'incarico, ma rifiutò il compenso <strong>di</strong> 5.000 lire<br />

mensili perché, come scrisse in una lettera, fedele alla sua «lunga consuetu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> non accettare mai<br />

alcun compenso per quel poco che ho fatto quando, chiamato a qualche posto <strong>di</strong> responsabilità, mi<br />

sono messo volontariamente al servizio degli interessi della classe lavoratrice». Il suo nome è stato<br />

<strong>da</strong>to a una stra<strong>da</strong> <strong>di</strong> <strong>Bologna</strong> e a una <strong>di</strong> Malalbergo.[O]<br />

Zanar<strong>di</strong> Franco, «Leandro», <strong>da</strong> Guido e Eva Bal<strong>di</strong>ni; n. il 14/12/1920 a Bentivoglio. Nel 1943<br />

residente a S. Giorgio <strong>di</strong> Piano. 4ª elementare. Meccanico. In seguito a rappresaglie alla famiglia fu<br />

costretto al giuramento alla RSI. Militò nel btg Tampellini della 2ª brg Paolo Garibal<strong>di</strong> e operò a S.<br />

Istituto per la storia <strong>di</strong> <strong>Bologna</strong>; <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Bologna</strong>;<br />

Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nella provincia <strong>di</strong> <strong>Bologna</strong> “Luciano Bergonzini”; Regione Emilia-Romagna.

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