Le poesie di Ossian

CANTO QUANTO 65
Nelle sale paterne; ivi serpeggia,
che striscia
Quasi rampa terribile ,
Per lo deserto in tempestosa notte.
Generoso Catmorre , alla tua tomba
Vati non mancheranno : amor dei vati
Fu sempre il prode : lusinghiera aurella
È il tuo nome, o Catmor. Ma odo, o parmi
Un suon lugubre 5 nel campo del Luba
Stavvi una cupa voce. Aerei spettri ,
Inforzate il lamento: erran gli estinti
Carchi di fama : ecco si gonfia e cresce
Jl mesto suon, l'aere se n'empie, il nembo
Ulula. Addio , Catmor ... tra poco ... addio.
Fuggì ravvoltolandosi : l'antica
Quercia senti la sua partenza, e ; 1 capo
Sibilante crollò. Dal sonno il duce
Scossesi, impugna l'asta, il guardo intorno
Desioso rivolge : altro non vede,
Che notte atro-velata. Ella è la voce,
Disse, del re! ma la sua forma è ita.
O figli della notte , i vostri passi
IVon lascian oi-ma : in arido deserto
Quasi del Sole ripercosso raggio,
Comparite talor ; ma sparite anco
All' apparir de' nostri passi: or vanne,
Debole stirpe : in te saper non regna :
Vane son le tue gioje , a par d' un sogno ,
Che lusinga e svanisce . o quale all' alma
Lieve-alato pensier s' affaccia e passa.
Catmor . . . tra poco ... e che sarà ? fia basso.
Scuro giacente in la magione angusta :
Ve' co' mal fermi ancor socchiusi lumi
Non arriva il mattin? Vattene, o ombra;
Battaglia è'1 mio pensier: tutt' altro è nulla.
Già sovra penne d' aquila m' innalzo
Ad afferrar della mia gloria il raeqio.
Fol. IL 5