Il segreto di Maria Maddalena

Sei mesi erano già passati da quando Gesù mi aveva voluto al suo
fianco. Di quei sei mesi ricordo due episodi che non esito a definire
“miracolosi”.
Eravamo appena arrivati a Cafarnao, quando un uomo alto, magro
e stempiato si precipitò dal Maestro in preda a una disperazione che
è impossibile descrivere. «Mia figlia è morta proprio ora – gli disse
prostrandosi – ma vieni, imponi le tue mani su di lei ed essa vivrà». 12
Arrivammo alla casa di quest’uomo. Gesù allontanò dalla stanza (in
cui giaceva la fanciulla) i flautisti e disse: «Non è morta, ma dorme
serenamente». Mi colpì il suo sorriso. Era un sorriso che veniva da
molto lontano. Si sedette, quindi, vicino alla fanciulla e, dopo alcuni
minuti di interminabile silenzio, iniziò a parlarle con un tono di voce
bassissimo, quasi un sussurro. Poi, le posò una mano sul petto e, premendola
con forza, le ordinò di respirare. La fanciulla rinvenne. Il
Maestro l’abbracciò accarezzandole i capelli, adagio, quasi temesse di
farle male. Lei gli sfiorò il viso con tutte e due le mani e, quando vide
il padre, scoppiò a piangere di gioia.
Ricordo che Gesù decise di lasciarla riposare. Prima di uscire, la
guardai ancora. Si era rannicchiata in posizione fetale e sorrideva. Il
padre, ai piedi del letto, la guardava, ancora incredulo, come se fosse
in trance. Gesù mi appariva stanco e indebolito. Aveva gli occhi di
chi ha visto la faccia della morte.
La meraviglia della folla lo disturbava, perché lo distraeva dai suoi
pensieri. Essere ringraziato gli dava quasi fastidio,
«Resta sveglia piccina» le disse, sorridendo, prima di allontanarsi.
Pochi giorni dopo, eravamo a Nain, una località poco distante da
Nazaret.
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Capitolo IV