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giche dalle quali, secondo Giovanna, dovevo stare lontana. Conobbi,<br />
casualmente, un uomo molto anziano, alto e magro, dal sorriso appena<br />
accennato. Ricordo che le forze lo reggevano a stento anche se<br />
non aveva perso autorevolezza e luci<strong>di</strong>tà. Gli chiesi se, un giorno, il<br />
Maestro sarebbe stato mio come io sarei stata sua. La reazione del vecchio<br />
a questa mia domanda mi apparve incerta, forse un po’ timorosa.<br />
Mi fissò a lungo negli occhi, poi: «Sì – mi <strong>di</strong>sse dopo <strong>di</strong>versi minuti –<br />
ma non come pensi tu...». Da parte mia, mi mancò il coraggio <strong>di</strong> saperne<br />
<strong>di</strong> più. Temevo <strong>di</strong> sentirmi <strong>di</strong>re qualcosa <strong>di</strong> triste. Ringraziai il<br />
vecchio e mi lasciai andare a una stanchezza sempre più profonda.<br />
Non parlai mai a Gesù dell’incontro che avevo avuto e delle parole<br />
che aveva pronunciato quel vecchio così misterioso. Notai, però, che<br />
mi guardava in modo insolito, come se si aspettasse una spiegazione<br />
che, da me, non arrivò mai. Intanto, mi tornava spesso alla mente la<br />
frase <strong>di</strong> quell’indovino che avevo conosciuto quando, da ragazzina, gestivo<br />
la taverna <strong>di</strong> mio padre. «Sei destinata ad avere più dolori che<br />
gioie perché conoscerai un <strong>segreto</strong> che nessuno può ancora conoscere».<br />
Come sempre, il ricordo <strong>di</strong> quella frase riusciva a turbarmi e ad aumentare<br />
quella maledetta ansia che era <strong>di</strong>ventata la sgradevole compagna<br />
della mia vita. Mi chiedevo spesso se Dio volesse punirmi per<br />
qualche mancanza che avevo commesso senza accorgermene. Ma non<br />
riuscivo a trovarla. <strong>Il</strong> Maestro mi aveva insegnato che non esistono<br />
uomini senza colpe e che non è lecito farsi troppe domande. «<strong>Il</strong><br />
mondo è sopra l’uomo e Dio è sopra il mondo» <strong>di</strong>ceva per ricordarci<br />
che dovevamo accettare le incognite della vita come il povero Giobbe.<br />
Ma ne era, poi, così convinto?<br />
Sistemati a Cafarnao, stavamo per andare in sinagoga quando un<br />
uomo, posseduto da uno spirito immondo, gridò all’in<strong>di</strong>rizzo del Maestro:<br />
«Cosa c’entri tu con noi? Io so chi sei e cosa sei venuto a fare. Hai<br />
portato qui la tua prostituta per impestarci tutti. Tu vuoi rovinarci!».<br />
<strong>Il</strong> maestro restò impassibile, abituato com’era a espressioni <strong>di</strong> questo<br />
tipo. Sapeva perfettamente che uno spirito estraneo aveva preso possesso<br />
<strong>di</strong> quell’uomo parlando per suo tramite e determinandone il comportamento.<br />
Ma la sua parola fu più forte dello spirito immondo: «Taci<br />
– gli or<strong>di</strong>nò – esci da quest’uomo!». E lo spirito immondo, gridando<br />
forte, uscì dall’ossesso fra la meraviglia <strong>di</strong> tutti i presenti che furono<br />
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Capitolo IV