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Fiabe bergamasche - Vittorio Volpi

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oppose la promessa di farla ricca quanto prima e uscì dal ( 46 ) / suo<br />

paese co' fedeli compagni. Avea fatto lunghissimo viaggio ed era presso<br />

a cader morto di fame; i cani però si allontanarono per pochi istanti e<br />

ritornarono con abbondanza di cibi. Ristorate le forze si pose nuovamente<br />

in cammino ed infine giunse in una città tutta parata di nero.<br />

Avendo chiesto la cagione di tanto lutto, gli fu risposto che quella città<br />

era funestata da un mostro di sette teste, al quale giornalmente si dovea<br />

sacrificare una donzella, e che in quel dì la sorte crudele avea colpito<br />

la figlia del re, la quale stava sul luogo del sacrificio ( 47 ). Il nostro viaggiatore<br />

vi si recò e le dichiarò ch'egli si accingeva a ( 48 ) salvarla. Appostò<br />

i cani alla bocca dell'antro da cui soleva uscire il mostro, e quando<br />

l'avvicinarsi di esso fu avvertito da spaventevole / rumore, glieli eccitò<br />

contro; furono tanto forti che in breve ora lo tolsero intieramente di<br />

vita. Il salvatore levò dalle teste le sette lingue, che portò per prova<br />

alla figlia del re, la quale disse: « Se a te piacesse, in guiderdone vorrei<br />

darti la mia mano di sposa allo scadere di un anno e tre giorni ». Accolse<br />

di buon grado e intanto volle andare pel mondo. Un servitore del<br />

re incontrò la figlia prima di ogni altro, e udito come fosse avvenuta<br />

la liberazione, le intimò con minaccia di morte di riferire al re, lui essere<br />

stato il liberatore, e si fece promettere la mano. La povera figliuola<br />

cedette alla minaccia, ma alle sollecitazioni di matrimonio oppose che<br />

nel momento del suo grande pericolo avea fatto un voto che dovea durare<br />

un anno. L'anno si compì e la corte diede principio ai preparativi<br />

di nozze. Nel terzo giorno dopo l'anno entrò in città il vero liberatore,<br />

il quale, informato / della cagione dei preparativi, mandò i suoi cani<br />

fedeli al palazzo reale perché ponessero tutto sossopra. Fu grandissimo<br />

lo scompiglio e durò tanto che il re seppe da chi muovea; fece<br />

chiamare il padrone dei cani che si diede a conoscere pel vero liberatore<br />

smascherando il perfido servitore. Costui subì l'estremo supplizio<br />

e l'altro si ebbe il guiderdone meritato. Ai conjugi si unì presto<br />

( 46 ) Nel testo « uscì dal / dal suo paese ».<br />

( 47 ) La nota del Tiraboschi è scritta sulla seconda metà della pagina 10 bis; seguendo<br />

qui pagina a pagina il testo manoscritto, si è ritenuto non spostarla ed è qui riportata<br />

nella nota n. 49.<br />

( 48 ) « Si accingeva a » in interlinea, corregge « l'avrebbe salvata. La vittima designata<br />

gli giurò di farsi sua sposa per un anno e tre mesi, quando egli volesse accettare »,<br />

seguono altre due parole illeggibili; le tre righe sono cancellate, le parole qui<br />

riportate sono perciò di incerta lettura.<br />

( 49 ) Fra Jacopo da Voragine, morto arcivescovo di Genova nel 1295, tra le pie leggende<br />

racconta la seguente, che si riferisce a S. Giorgio: « Appresso quella città<br />

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