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2009 - Gustolocale

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carota, portandole a un livello più scientifico. Negli scritti di Ippocrate,<br />

infatti, troviamo una minuziosa descrizione della Daucus carota, in particolare<br />

nel Corpus Hippocraticum o Collectio Hippocratica: si tratta<br />

di una raccolta di 72 libri, divisi a seconda del contenuto, fra i quali<br />

uno interamente dedicato alle proprietà delle piante ed ai loro poteri<br />

come rimedio delle malattie. Catone “il vecchio”, nel suo trattato De<br />

re rustica, cita 120 piante medicinali che egli stesso coltivava nel suo<br />

giardino, fra cui la carota selvatica impiegata come sfiammante. Plinio<br />

il Vecchio e il greco Galeno ne parlano nelle loro opere e l’influenza di<br />

questi ultimi due autori sarà duratura quanto quella di Ippocrate. La<br />

sua diffusione dall’area mediterranea all’Europa Occidentale avviene<br />

tuttavia solamente a partire dal 1300, come afferma il noto botanico H.<br />

Banga nei suoi scritti. La produzione penetra lentamente in Francia e in<br />

Germania, dove la carota veniva utilizzata come dolcificante per cibi e<br />

bevande, giungendo nel 1600 in Olanda. Qui, come evidenziano alcuni<br />

dipinti conservati nei musei olandesi, si seleziona, con grande anticipo<br />

rispetto al resto d’Europa, la cultivar dal colore arancio in onore della<br />

dinastia regnante, gli Orange. Una trasformazione che non è avvenuta<br />

in laboratori, come per le moderne “modificazioni genetiche”, ma nei<br />

verdi campi olandesi, per selezione successiva, partendo da un seme<br />

di carota proveniente dall’Africa del nord. Solo dopo un paziente lavoro<br />

di selezione nel corso dei secoli si è giunti a ottenere le varietà dolci<br />

e arancioni più in uso oggi, che soltanto a partire dal XIX secolo hanno<br />

acquistato quella percentuale di betacarotene che le rende di un<br />

bell’arancione vivo che oggi le identifica.<br />

Francesca Filippi

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