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interpretazioni mitologiche di fenomeni naturali - Centro ...

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folgore] a poca <strong>di</strong>stanza; lungi dall’aver paura, ero rapita. Mi pareva che il buon Dio mi fosse tanto<br />

vicino!.<br />

(Storia <strong>di</strong> un’anima). 40<br />

Ancora l’interiorità che viene dalle cose esterne, in una luce <strong>di</strong> intensa adesione<br />

serena: «Com’erano dolci le conversazioni che avevamo ogni sera nel belvedere! Lo<br />

sguardo abbandonato alle lontananze, contemplavamo la luna bianca che si alzava<br />

lenta dai gran<strong>di</strong> alberi… i riflessi argentei che <strong>di</strong>ffondeva sulla natura<br />

addormentata… le stelle che scintillavano nell’azzurro profondo, il soffio lieve della<br />

brezza nella tarda sera faceva fluttuare le nuvole nevose, tutto elevava le anime nostre<br />

verso il Cielo, il Cielo bello del quale ancora non vedevamo se non il “rovescio<br />

limpido”», 41 frase rimodulata dal componimento L’envers du Ciel <strong>di</strong> Alfred Besse de<br />

Larze, qui davvero singolare.<br />

Sicché per lei avremo quale riscontro e obiettivo non il Giove tonante, bensì Dio in<br />

forma <strong>di</strong> fuoco nel roveto ardente o <strong>di</strong> Spirito che appunto spira a tratti fragoroso, nel<br />

vento e nel suono del vento (quasi Leopar<strong>di</strong>, da lei non troppo amato). Non meno<br />

rilevante per questo suo appassionamento mirato la <strong>di</strong>stesa del mare dalla costa della<br />

sua Norman<strong>di</strong>a, in un gioco intenso <strong>di</strong> emozioni. Sentiamola: «Mai <strong>di</strong>menticherò<br />

l’impressione che mi fece il mare, non potevo fare a meno <strong>di</strong> guardarlo<br />

continuamente; la sua maestà, il fragore dei flutti, tutto parlava all’anima mia della<br />

grandezza e della potenza <strong>di</strong> Dio» (detto sottovoce, non Nettuno, ma Dio nella sua<br />

realtà incorporea). 42<br />

E dal canto suo proprio Pavese si sofferma sottilmente a rilevare la consistenza <strong>di</strong><br />

evento importante, para<strong>di</strong>gmatico, che si situa in un ‘lontano’ (Leopar<strong>di</strong>, oggettivo da<br />

ricuperare) della nostra esperienza da far riemergere, a esaminare una determinata<br />

cosa, l’emozione provata per una specifica esperienza esemplare, ricca <strong>di</strong> messaggi.<br />

Ma quale è l’evento, e quando c’è, quando sussiste, nel suo essere importante o in<br />

altro?<br />

Nelle radure, feste fiori sacrifici sull’orlo del mistero che accenna e minaccia <strong>di</strong> tra le ombre<br />

silvestri. Là, sul confine tra cielo e tronco, poteva sbucare il <strong>di</strong>o. Ora, […] la consacrazione dei<br />

luoghi unici, legati a un fatto a una gesta a un evento. […] Così a ciascuno i luoghi dell’infanzia<br />

ritornano alla memoria; in essi accaddero cose che li han fatti unici e li trascelgono sul resto del<br />

mondo con questo suggello mitico. Ma il parallelo dell’infanzia chiarisce subito come il luogo<br />

mitico non sia tanto singolo, il santuario, quanto quello <strong>di</strong> nome comune, universale, il prato, la<br />

selva, la grotta, la spiaggia, la casa, che nella sua indeterminatezza evoca tutti i prati, le selve ecc., e<br />

tutti li anima del suo brivido simbolico<br />

(Del mito, del simbolo e d’altro, nella sez. La vigna, in Feria d’agosto, 43 poi nella<br />

Parte terza Il mito, de La letteratura americana e altri saggi). 44<br />

40 Martin (Santa) 1997, pp. 45-6.<br />

41 Martin (Santa) 1997, p. 111.<br />

42 Martin (Santa) 1997, p. 57.<br />

43 Pavese 1979 [1946], p. 139.<br />

44 Pavese 1962, p. 299.<br />

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