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interpretazioni mitologiche di fenomeni naturali - Centro ...

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Questi in sintesi sono i concetti che possono fornire la chiave d’accesso all’universo<br />

semantico pavesiano, espressione <strong>di</strong> quel vivere selvatico, che compare ed irrompe<br />

nella quasi totalità delle sue opere.<br />

Il motivo estivo, ossia del sole che brucia e che compare spesso anche durante la<br />

notte o l’inverno, è vissuto come ricordo oppure come attesa, ve<strong>di</strong> al proposito<br />

Esterno all’interno della raccolta poetica Lavorare stanca: 4 «....era un’alba bruciata /<br />

<strong>di</strong> febbraio, ogni tronco colore del sangue / aggrumato. Nessuno sentiva nell’aria / il<br />

tepore futuro». La poesia ha tra i suoi versi iniziali la descrizione <strong>di</strong> un alba bruciata<br />

dal freddo; in questo contesto il termine bruciata ha valenza opposta rispetto all’uso<br />

che solitamente viene fatto in riferimento a contesti estivi. Qui tutto è raggelato e c’è<br />

una sorta <strong>di</strong> immobilità nella natura come lascia intuire il sintagma «ogni tronco<br />

colore del sangue aggrumato» che parrebbe non lasciare presagire il tepore futuro. La<br />

natura è vista come un grande animale la cui linfa presente nei tronchi viene<br />

paragonata al sangue aggrumato. Esiste tuttavia una forza sotterranea, che si avverte<br />

nella natura, che tende ad uscire grazie ad un seppur debole sole. E’ interessante<br />

notare come in questo meriggio <strong>di</strong> fine inverno compaiono locuzioni ricorrenti nelle<br />

descrizione come in Esterno, vv. 18-26: «...varrebbe la pena/<strong>di</strong> restarsene lunghi per<br />

terra nel sole....son le bestie che sentono il tempo e il ragazzo/ l’ha sentito dall’alba e<br />

ci sono dei cani che finiscono marci in un fosso: la terra / prende tutto». Lo stare<br />

<strong>di</strong>stesi è una tipica posizione a metà tra il dormire ed il me<strong>di</strong>tare, attraverso la quale<br />

l’uomo tenta <strong>di</strong> stabilire un contatto <strong>di</strong> tutto il suo essere con la natura. In Esterno<br />

emerge in maniera esplicita il motivo del selvaggio connesso a quello della fuga in<br />

campagna. Al pari <strong>di</strong> quanto succede in alcune civiltà ad interesse etnologico nelle<br />

quali il ragazzo per <strong>di</strong>ventare uomo deve abbandonare il proprio villaggio per<br />

trascorrere un determinato periodo <strong>di</strong> tempo a contatto con la natura dove avrà una<br />

esperienza con la natura, che lo trasformerà interamente, così il ragazzo-Pavese,<br />

spesso con l’aiuto dell’amico Nuto, abbandona la casa per rispondere al richiamo<br />

della natura, la quale lo trasformerà assimilandolo a sé. Il tema della fuga dalla<br />

cultura è prelu<strong>di</strong>o all’esperienza mitica che può verificarsi solo in campagna. L’uomo<br />

si confronta con il binomio <strong>di</strong> sole e campagna assumendo connotazioni tipicamente<br />

bestiali.<br />

I conta<strong>di</strong>ni come ve<strong>di</strong>amo, sono anneriti dal sole come i tronchi e le foglie dei<br />

boschi; essi sono come escrescenza della natura consci e partecipi solamente delle<br />

mutazioni cicliche presenti in campagna. Ciò è evidente soprattutto nell’ora<br />

meri<strong>di</strong>ana in cui il tempo in campagna subisce una <strong>di</strong>latazione.<br />

I conta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Pavese sembrano vivere in una <strong>di</strong>mensione in cui le norme morali<br />

non sembrano avere fatto comparsa (in Pavese solitamente la morale è associata alla<br />

idea <strong>di</strong> cultura e <strong>di</strong> civiltà) come nel caso <strong>di</strong> Talino in Paesi Tuoi e <strong>di</strong> Valino ne La<br />

luna e i falò. Entrambi accecati da una oscura follia sotto il sole consumeranno i loro<br />

atroci delitti quasi vi fossero spinti da una legge necessaria. Il sole tuttavia non è<br />

unicamente foriero <strong>di</strong> morte, ma anche <strong>di</strong> vita; è attraverso l’esperienza del suo calore<br />

che si ha una sorta <strong>di</strong> battesimo con la natura come nella poesia Atavismo ai versi 4-<br />

4 Pavese 1963, p. 99<br />

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