Il progetto della 2^ IGEA A - Romagnosi.it

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segnali di crisi, nonostante l’aumento dell’azione repressiva, ed abbiamo assistito in questi ultimi trent’anni, ad una sempre più spinta industrializzazione del narcotraffico che ha contribuito a renderlo più efficiente e dinamico. Si è trattato di un circuito virtuoso criminale che ha favorito il perseguimento d’ingenti profitti illeciti, soprattutto in quelle aree del mondo maggiormente interessate alla coltivazione e alla raffinazione di droga. Il mercato proibito dei narcotici è un mercato mondiale di grandi dimensioni, sia quanto a numero di paesi coinvolti, sia quanto a fatturato globale, in tutti i continenti è aumentato il numero dei consumatori. La politica antidroga degli ultimi trent’anni, nelle intenzioni delle amministra- zioni americane succedutesi dalla presidenza di Richard Nixon ad oggi non avrebbe dovuto assumere l’aspetto e l’articolazione di un piano globale, capace di coinvolgere tutto l’Occidente. La stessa denomi- nazione di War on Drugs evocava toni e scenari da crociata, di lotta senza quartiere contro un Nemico da combattere con la massima mobilitazione d’uomini e mezzi. Questo modello di contrasto, retto dal binomio proibizione-repressione, ha cosÏ portato a uno stretto collegamento tra le politiche di riduzione della domanda (proibizione del consumo di droghe) e le politiche di riduzione dell’offerta (repressione dei produttori e dei distributori). Ma come mai, viene allora da chiedersi, questo supposto circolo virtuoso repressivo non ha prodotto risultati apprezzabili? E’ evidente che, l’ormai trentennale politica di guerra alle droghe mostra dei limiti di carattere strutturale. Il primo riguarda a nostro avviso la questione organizzativa. Finora si è sottovalutato il fatto che i grandi criminali che si sono impadroniti del mercato delle droghe godono di un ampio vantaggio rispetto al livello di repressione messo in campo. Mentre la rete criminale del narcotraffico opera su scala globale, la maggior parte delle attività di contrasto avviene quasi esclusivamente su scala locale. La rete mafiosa dei narcotrafficanti non ha quindi mol- to da temere dalle attività di repressione: qualche arresto di boss e qualche sequestro di merce durante il trasporto sono ormai conteggiati come normali rischi d’impresa e vengono dati per scontati. L’altro punto debole dell’attuale politica antidroga riguarda la corruzione. Potrebbe esistere un narcotraffico co- sÏ esteso senza un alto livello di corruzione? Evidentemente no. Ma il gioco degli equilibri politici interna- zionali rende spesso miopi le potenze mondiali rispetto ai problemi di corruzione endemica presenti nei paesi in cui viene prodotta la droga. Un terzo punto scottante riguarda il riciclaggio degli ingenti profitti prodotti dal mercato delle droghe. E’ evidente che una massa cosÏ consistente di capitali illeciti come quella derivante dal narcotraffico, le stime della Banca Mondiale parlano di un fatturato di 1000 miliardi di dollari all’anno, ha bisogno di sbocchi che la facciano rientrare nei circuiti legali, ma su questo punto spesso gli interessi della finanza si scontrano con le esigenze della politica antidroga. Del resto, il fatto che dei paradisi fiscali si sia ripreso a parlare solo dopo l’attentato alle Torri Gemelle di New York la dice lunga sull’efficacia delle politiche antiriciclaggio messe in atto sino ad oggi. C’è poi un ulteriore aspetto che risulta ampiamente sottovalutato dagli strateghi della guerra alle droghe ed è il meccanismo di stabi- lizzazione che, attraverso l’economia sommersa prodotta dal narcotraffico, si manifesta nell’economia le- gale di molti paesi. In molte aree depresse dell’America Latina e dell’Asia il ciclo produttivo della droga 76
contribuisce a sostenere un alto numero di persone. Si tratta, di un indotto interminabile che coinvolge contadini produttori, trasformatori, trasportatori, autisti e piloti di navi, corrieri, guardie del corpo dei narcotrafficanti, avvocati difensori, contabili, consulenti finanziari e altre categorie ancora. Senza i profitti provenienti dell’economia sommersa connessa al narcotraffico, la condizione di molte fasce della popola- zione di quei paesi cadrebbe sotto la soglia di sopravvivenza, con imprevedibili conseguenze politiche e sociali. Ma c’è di più. Nell’ultimo decennio Ë emerso un inedito e inquietante aspetto connesso al traffico di droghe. Con l’esplodere di numerosi conflitti locali in seguito alla fine dell’equilibrio dei blocchi, in molte zone calde del mondo il controllo sulle rotte del narcotraffico si è definitivamente imposto come risor- sa strategica necessaria per ricavare denaro. Nei Balcani, nell’America Latina, nell’Asia e nell’Africa, i proventi del narcotraffico sono stati utilizzati per condurre i conflitti. Il narcotraffico ha giocato in questi ultimi dodici anni un ruolo importante nella ridefinizione degli equilibri geopolitici mondiali. Nel discutere di questi conflitti si ricorre spesso al concetto di narco-Stato. Che si tratti o meno di Stati totalmente go- vernati dai signori della droga, è innegabile che in molti paesi in conflitto (Albania, Kosovo, Serbia, Ma- cedonia, Turchia, Colombia, Bolivia, Perù, Birmania, Afghanistan, Pakistan, solo per citare i più importan- ti) sono emerse in questi ultimi anni prove inconfutabili delle connessioni tra capi politici e capi del narcotraffico. I signori della droga tendono a diventare anche signori della politica. E questo getta una luce ancor più sinistra sugli effetti di una guerra alla droga che sembra non aver tenuto conto delle conseguenze della fine dei blocchi e dei cambiamenti geopolitici che la disgregazione dell’Unione Sovietica ha provocato in molte aree del pianeta. Da IL MANIFESTO del 19/01/2004 E' unanime l'allarme dai distretti giudiziari meridionali: la malavita organizzata domina incontrastata, riu- scendosi ad infiltrare senza problemi nel tessuto economico e istituzionale in quasi tutto il Mezzogiorno. Lo affermano le procure di Palermo, Caltanissetta, Reggio Calabria, Catanzaro, Bari. A Palermo la lotta alla mafia è afflitta da tensioni tra le varie magistrature e procure specializzate. Il pg Salvatore Celesti ammette che Cosa nostra continua a controllare il territorio attraverso complicità e connivenze capillari. La politica dell'«immersione», elaborata nel dopo Riina, ha portato ad una riorganizzazione che non rende la mafia meno innocua, anzi. Droga, racket e appalti restano un monopolio della criminalità, mentre il dissidio tra boss detenuti e latitanti e il conflitto con le stidde agrigentine potrebbe portare a una nuova guerra di mafia. In Calabria la `ndrangheta è diventata un'impresa mafiosa vera e propria ed è ormai diffusa ovunque, padrona incontrastata. Daniele Ardizzi, Valerio Castignoli, Danilo Contardi 77
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Presentazione Le droghe nell’anti
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