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Bufanda

Considerate Bufanda come una sciarpa metaforica. Quindici illustrazioni per quindici racconti o, specularmente, quindici racconti per quindici illustrazioni: un intreccio variegato di trama e ordito, inorganico, forse sbilenco e inelegante, ma di certo non casuale. Una sorta di sciarpa della nonna sferruzzata. Una sciarpa da portarsi sempre appresso, valido rimedio contro il fastidioso vento gelido che sferzerà il vostro umore. E, proprio come una sciarpa, assorbirà odori, profumi, pensieri. Ogni volta che la prenderete in mano sarà, sì, tanto familiare, ma sempre diversa, sfumata, ricca di sensazioni e particolari che magari non avevate notato prima.

Considerate Bufanda come una sciarpa metaforica. Quindici illustrazioni per quindici racconti o, specularmente, quindici racconti per quindici illustrazioni: un intreccio variegato di trama e ordito, inorganico, forse sbilenco e inelegante, ma di certo non casuale. Una sorta di sciarpa della nonna sferruzzata. Una sciarpa da portarsi sempre appresso, valido rimedio contro il fastidioso vento gelido che sferzerà il vostro umore. E, proprio come una sciarpa, assorbirà odori, profumi, pensieri. Ogni volta che la prenderete in mano sarà, sì, tanto familiare, ma sempre diversa, sfumata, ricca di sensazioni e particolari che magari non avevate notato prima.

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quel tuo abbraccio così insistente, così prolungato, è proprio quella

risposta che Chiara attendeva.

«No... non qui...» ti sussurra con malizia all’orecchio, prima di liberarsi

dalla tua stretta e prenderti per mano, diretta probabilmente

verso quella verandina di cui ti ha sovente parlato e all’interno

della quale hai dato sfogo alle tue fantasie più lubriche.

Potresti dire qualcosa. Dovresti dire qualcosa. Una cosa qualunque,

anche la verità: «Davvero non ce la faccio... meglio che vada a

dormire... è stata una giornata pesantissima...»

Non ho sonno! Non ho sonno!

Invece resisti e non dici niente, la guardi e basta, cercando di ricambiare

la sua crescente eccitazione con uno sguardo altrettanto

carico di passione ma che ora, irrimediabilmente ispessito dal sonno,

assomiglia sempre più a quello del branzino al sale con cui avete

cenato una manciata di ore prima.

Non ho sonno! Non ho sonno!

Te lo dici all’infinito.

Non ho sonno! Non ho sonno!

E poi l’epifania:l’ultimo pensiero di senso compiuto che ti attraversa

il cervello prima di venire inghiottito dal vuoto, prima di perdere

i sensi proprio davanti alla verandina.

Lexotan. Ecco cos’era quel sapore strano nel caffè.

Maledetto stronzo d’un cameriere!

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