Bufanda
Considerate Bufanda come una sciarpa metaforica. Quindici illustrazioni per quindici racconti o, specularmente, quindici racconti per quindici illustrazioni: un intreccio variegato di trama e ordito, inorganico, forse sbilenco e inelegante, ma di certo non casuale. Una sorta di sciarpa della nonna sferruzzata. Una sciarpa da portarsi sempre appresso, valido rimedio contro il fastidioso vento gelido che sferzerà il vostro umore. E, proprio come una sciarpa, assorbirà odori, profumi, pensieri. Ogni volta che la prenderete in mano sarà, sì, tanto familiare, ma sempre diversa, sfumata, ricca di sensazioni e particolari che magari non avevate notato prima.
Considerate Bufanda come una sciarpa metaforica. Quindici illustrazioni per quindici racconti o, specularmente, quindici racconti per quindici illustrazioni: un intreccio variegato di trama e ordito, inorganico, forse sbilenco e inelegante, ma di certo non casuale. Una sorta di sciarpa della nonna sferruzzata. Una sciarpa da portarsi sempre appresso, valido rimedio contro il fastidioso vento gelido che sferzerà il vostro umore. E, proprio come una sciarpa, assorbirà odori, profumi, pensieri. Ogni volta che la prenderete in mano sarà, sì, tanto familiare, ma sempre diversa, sfumata, ricca di sensazioni e particolari che magari non avevate notato prima.
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scorrevano verso l’alto simili a scontrini della spesa.Le conversazioni
si intrecciavano superficiali come volute di fumo: la sceneggiatura
virtuale di una nuova perniciosissima forma di idiozia umana.
«Beh?» domandai perplesso.
«Non si possono scrivere insulti qui dentro» spiegò.
«Perché?»
«Mai sentito parlare di netiquette?»
In effetti, no. Ma la parola mi suonò autoesplicativa.
«Ma che ti frega? Lì sei soltanto un soprannome, no? Chi ti conosce?
Sei indistinguibile. Sarebbe come se ti proibissero di scoreggiare
in ascensore.Voglio dire: è il suo bello, non trovi?»
«Sì ma...mi conoscono in molti,lì dentro,con quel nickname,e...»
Non terminò la frase. Gli chiesi se per caso stava scherzando.
Guardò in basso. Mi rispose che no, non stava affatto scherzando.
«Comunque possiamo crearne un altro» aggiunse «ci vuole un
istante.»
Trafficò qualche secondo. S’aprì un’impertinente finestrella che
non la smetteva di farsi i fatti miei: nome, cognome, titolo di studio,
occupazione, età e sesso. Eccoli, dunque: Milena Bertolini, diploma
superiore, studentessa, 21 anni, femmina. Finito? Macché: domande
sui miei hobby,letture,viaggi,amicizie,film canzoni libri e sport preferiti,
perfino gusti sessuali. Infine mi chiese di inserire il nickname.
Scrissi la prima cosa che mi passò per la testa: UosdwiS ’f JewoH.
«Ma che accidente di nick ti sei...»
«Taci, va’, drago72.»
C’erano centinaia di stanze di conversazione divise per argomenti.
Scelsi la più popolosa: 346 utenti. Argomento: sesso. Lo schermo
si sovraffollò di soprannomi che spaziavano dai banali sperminator,
ingooooooio e il quarto porcellino per arrivare a veri e propri
colpi di genio, come cappuccetto rotto e mary pompins. C’era persino
un tizio o il cui nick era qualcosa come 8=====D~.Mi domandai
quanto dovesse esserci stato su a pensare.
Dopo pochi minuti ne avevo già a sufficienza: decisi di cambiare
stanza. Scelsi amici tra amici: 19 utenti soltanto. Entrai. Per qualche
minuto rimasi silenzioso ad ascoltare le ciance degli altri. Esiste
anche un termine apposta: lurkare. Si parlava di amicizia, sentimenti,amore,dolore,morte...
il tutto corredato da una folta coltre di micragnosa
pedanteria: parole pesanti come macigni, concetti solenni
come piramidi. Neanche un briciolo di ironia. C’era un tizio, un certo
Amico Fragile, che starnazzava della sua insopportabile solitudine.
Sosteneva di essere talmente solo da non trovare nessuno con
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