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Bufanda

Considerate Bufanda come una sciarpa metaforica. Quindici illustrazioni per quindici racconti o, specularmente, quindici racconti per quindici illustrazioni: un intreccio variegato di trama e ordito, inorganico, forse sbilenco e inelegante, ma di certo non casuale. Una sorta di sciarpa della nonna sferruzzata. Una sciarpa da portarsi sempre appresso, valido rimedio contro il fastidioso vento gelido che sferzerà il vostro umore. E, proprio come una sciarpa, assorbirà odori, profumi, pensieri. Ogni volta che la prenderete in mano sarà, sì, tanto familiare, ma sempre diversa, sfumata, ricca di sensazioni e particolari che magari non avevate notato prima.

Considerate Bufanda come una sciarpa metaforica. Quindici illustrazioni per quindici racconti o, specularmente, quindici racconti per quindici illustrazioni: un intreccio variegato di trama e ordito, inorganico, forse sbilenco e inelegante, ma di certo non casuale. Una sorta di sciarpa della nonna sferruzzata. Una sciarpa da portarsi sempre appresso, valido rimedio contro il fastidioso vento gelido che sferzerà il vostro umore. E, proprio come una sciarpa, assorbirà odori, profumi, pensieri. Ogni volta che la prenderete in mano sarà, sì, tanto familiare, ma sempre diversa, sfumata, ricca di sensazioni e particolari che magari non avevate notato prima.

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tato il telefono lo ha fatto per chiamare la sua amata.

Io ho la passione per il cuore delle donne.

Una donna prova sensazioni che non potrò nemmeno sognarmi.

Io non sarò mai triste se la mia ragazza non mi chiama (anche

perché la chiamo sempre e solo io). Io non verserò mai lacrime per

un film. Io non ballerò mai a un concerto. Io non bacerò mai mio figlio

in pubblico. E non mangerò mai una banana in pubblico.

Io non manifesterò mai la mia sensibilità.

Invece, le donne hanno un cuore grande. Tanto grande che ci

affogano sempre,come un biscottino nello yogurt,e hanno bisogno

dell’affetto maschile per salvarsi nel mare dello sconforto. Lo sconforto

di non essere adeguate alla loro natura di dee generatrici della

vita. Ma le invidio. Se fossi una donna sarei migliore della migliore

delle donne.

Io ho la passione per il corpo delle ragazze.

Quei capelli, quegli occhietti da cerbiatta, quelle orecchiette,

quella boccuccia, quel nasino un po’ così...

Mi ci perdo, dentro la bellezza del corpo delle ragazze. Una volta,

quando ero giovane, andai in discoteca nel giorno di massima affluenza

e – scivolando come una vipera in una nidiata di sorci – penetrai

nella massa danzante. Ma io non ballai. Scorrevo accanto alle

ragazze strusciandomi rapido contro i loro corpi sudati per la fatica

e la calura. Avanzavo a mani basse per saggiare il grado di turgore

delle loro cosce e dei loro glutei.

Che sommo gesto d’amore. Che inno alla loro immatura beltade.

Che corsa per sfuggire alle più inviperite.

Amo il volto delle ragazze. Amo gli zigomi alti. Amo i peli nelle

narici. Amo i baffetti. Amo l’attaccatura dei capelli e le uova di pidocchio.Vado

matto per le mani. Per le carezze. Per le unghie che

affondano nella carne e che strappano via lembi della mia pelle viva.

Per i polpastrelli. Forse vado più matto per i piedi. Perché li vedo

poco. Quasi mai. Ma quando li vedo non posso che sgranocchiare

quelle ditina tenere e succulente. Specialmente dopo che le ragazze

hanno fatto la maratonina. L’aroma ne guadagna decisamente.

Lo devo dire che mi piace quello che hanno in mezzo alle gambe?

No? Non lo dico.

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