Bufanda
Considerate Bufanda come una sciarpa metaforica. Quindici illustrazioni per quindici racconti o, specularmente, quindici racconti per quindici illustrazioni: un intreccio variegato di trama e ordito, inorganico, forse sbilenco e inelegante, ma di certo non casuale. Una sorta di sciarpa della nonna sferruzzata. Una sciarpa da portarsi sempre appresso, valido rimedio contro il fastidioso vento gelido che sferzerà il vostro umore. E, proprio come una sciarpa, assorbirà odori, profumi, pensieri. Ogni volta che la prenderete in mano sarà, sì, tanto familiare, ma sempre diversa, sfumata, ricca di sensazioni e particolari che magari non avevate notato prima.
Considerate Bufanda come una sciarpa metaforica. Quindici illustrazioni per quindici racconti o, specularmente, quindici racconti per quindici illustrazioni: un intreccio variegato di trama e ordito, inorganico, forse sbilenco e inelegante, ma di certo non casuale. Una sorta di sciarpa della nonna sferruzzata. Una sciarpa da portarsi sempre appresso, valido rimedio contro il fastidioso vento gelido che sferzerà il vostro umore. E, proprio come una sciarpa, assorbirà odori, profumi, pensieri. Ogni volta che la prenderete in mano sarà, sì, tanto familiare, ma sempre diversa, sfumata, ricca di sensazioni e particolari che magari non avevate notato prima.
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Arrestate UosdwiS ’f JewoH
racconto di Alberto Calorosi
illustrazione di Claudio Arisi
Alla quinta puntata consecutiva dei Simpson spensi annoiato il
televisore. Non sapevo che cazzo fare. Chiamai il Sacco.
«Che stai facendo?» chiesi.
«Sto chattando.»
«Stai... che?»
«Chattando. Sai quella cosa...»
«Sì, sì, so cos’è. Non sapevo chattassi. Ok, allora, ci vediamo lì fra
dieci minuti.»
«Ma...»
Riattaccai. Era evidente che anche il Sacco non sapeva che cazzo
fare. Gli serviva supporto.
Poco più tardi salii da lui e mi sedetti davanti al computer. Di
fronte a me, una finestrella colorata grande quasi quanto il monitor.
E frasi che scorrazzavano dappertutto, in assoluta libertà. Quest’affare
farebbe la gioia di Marinetti, pensai. In basso, una cornice rossa
racchiudeva la scritta drago72 e un cursore lampeggiante.
«Ora li mando tutti quanti affanculo» esclamai, e digitai qualcosa
di ingiurioso.
«Aspetta!»
Il Sacco mi strappò il mouse di mano e cliccò su un rettangolone
rosso anch’esso,con la parola logout.La finestrella piccola scomparve.
Quella più grande continuò a eruttare vocaboli. Le scritte
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