Bufanda
Considerate Bufanda come una sciarpa metaforica. Quindici illustrazioni per quindici racconti o, specularmente, quindici racconti per quindici illustrazioni: un intreccio variegato di trama e ordito, inorganico, forse sbilenco e inelegante, ma di certo non casuale. Una sorta di sciarpa della nonna sferruzzata. Una sciarpa da portarsi sempre appresso, valido rimedio contro il fastidioso vento gelido che sferzerà il vostro umore. E, proprio come una sciarpa, assorbirà odori, profumi, pensieri. Ogni volta che la prenderete in mano sarà, sì, tanto familiare, ma sempre diversa, sfumata, ricca di sensazioni e particolari che magari non avevate notato prima.
Considerate Bufanda come una sciarpa metaforica. Quindici illustrazioni per quindici racconti o, specularmente, quindici racconti per quindici illustrazioni: un intreccio variegato di trama e ordito, inorganico, forse sbilenco e inelegante, ma di certo non casuale. Una sorta di sciarpa della nonna sferruzzata. Una sciarpa da portarsi sempre appresso, valido rimedio contro il fastidioso vento gelido che sferzerà il vostro umore. E, proprio come una sciarpa, assorbirà odori, profumi, pensieri. Ogni volta che la prenderete in mano sarà, sì, tanto familiare, ma sempre diversa, sfumata, ricca di sensazioni e particolari che magari non avevate notato prima.
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chia né paura. Senza dubbi né ripensamenti.
La mia dolcissima mamma, che Dio l’abbia in gloria, mi metteva
in guardia. Mi ripeteva fino alla nausea a cosa sarei andato incontro
facendo di testa mia. Appena quella santa donna girava l’angolo, io
ne approfittavo per rubare la crema di nocciole che mi piaceva tanto.
Eppoi mica mi lavavo i denti, io. Non si fanno queste porcherie!
Mi sgridavano.Tempo perso. Come questo, che fugge a cavallo dei
minuti. Passano, i minuti passano. Galoppano dal passato per accorciare
il futuro finché non diverrà presente.
Ogni tanto una fitta. Il dolore si spande alla testa.Tutto è collegato.
L’avessi capito prima. È la goccia a far tracimare il vaso.
«Mi spiace» aveva annunciato Lui con la faccia inespressiva.
Il solo ripensarci mi copre di brividi.
Nonostante le parole la sua voce non tradiva alcuna pietà. Aveva
la raucedine di chi cova un discorso dentro da troppo tempo,
senza trovare la forza di lasciarlo schiudere.
«Mi spiace, arrivati a questo punto non c’è altro rimedio. Capirà
anche lei.»
«Come no?!»
«Il male va estirpato alla radice. È la regola.»
«Ma soffrirò molto?»
«Non faccia il bambino. Doveva pensarci prima, ormai il danno
è fatto. Non sapeva che sarebbe finita così? O forse lei fa parte di
quella schiera di spavaldi che pensa di farla sempre franca, che tanto
a loro non può accadere nulla di brutto? Sarebbe comoda, vero?
Niente lacrime da coccodrillo, per favore, guardi avanti con dignità,
per Dio.» Si era alterato.«Cosa pensa,che io mi diverta? Che mi piaccia
sentire la gente che quando passa si dà di gomito e dice veh il
macellaio. La zizzania, caro mio, va bruciata subito perché non si
confonda nel grano. L’erba malata va strappata perché non contagi
quella sana.»
Estirpare, falciare, distruggere: perdinci! Non è una questione di
botanica. Che piaccia o no, io sono un uomo, con tutte le sue debolezze,
ma pur sempre un uomo, perdinci!
Un uomo condannato a scrutare nel buio quando i minuti passano
per raggiungere quelli che li hanno preceduti. Non curanti,
passano. Fuggono. Vorrei farlo anch’io. Scappare, intendo. Se soltanto
servisse a mutare gli eventi... Gli arti si irrigidiscono, bloccati da
un colpo d’aria nelle zone sudate. La bocca impastata di paura boccheggia
come un pesce fuor d’acqua.Debbo farmi coraggio,mi impongo,e
quasi mi piaccio a quel modo.Saranno pochi momenti di
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