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Bufanda

Considerate Bufanda come una sciarpa metaforica. Quindici illustrazioni per quindici racconti o, specularmente, quindici racconti per quindici illustrazioni: un intreccio variegato di trama e ordito, inorganico, forse sbilenco e inelegante, ma di certo non casuale. Una sorta di sciarpa della nonna sferruzzata. Una sciarpa da portarsi sempre appresso, valido rimedio contro il fastidioso vento gelido che sferzerà il vostro umore. E, proprio come una sciarpa, assorbirà odori, profumi, pensieri. Ogni volta che la prenderete in mano sarà, sì, tanto familiare, ma sempre diversa, sfumata, ricca di sensazioni e particolari che magari non avevate notato prima.

Considerate Bufanda come una sciarpa metaforica. Quindici illustrazioni per quindici racconti o, specularmente, quindici racconti per quindici illustrazioni: un intreccio variegato di trama e ordito, inorganico, forse sbilenco e inelegante, ma di certo non casuale. Una sorta di sciarpa della nonna sferruzzata. Una sciarpa da portarsi sempre appresso, valido rimedio contro il fastidioso vento gelido che sferzerà il vostro umore. E, proprio come una sciarpa, assorbirà odori, profumi, pensieri. Ogni volta che la prenderete in mano sarà, sì, tanto familiare, ma sempre diversa, sfumata, ricca di sensazioni e particolari che magari non avevate notato prima.

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tale qualche parola, la più ottimistica possibile, per dissuaderlo da

quel gesto sconsiderato. Sicuramente, pensai, sarà frustrato per l’ennesima

dieta fallita o per il rifiuto di una donna.

Quando arrivai da lui trasse di tasca una brioche,la scartò e l’addentò

avidamente.Vedendomi, chiese se ne volevo un boccone. Rifiutai.

Pareva sereno, ma sul volto erano evidenti le tracce di un recente

pianto.

«Mangiare» disse «è uno dei piaceri più grandi che siano concessi

all’uomo! Spero che lei, al pari di tutte le persone che possiedono

papille gustative funzionanti, ne convenga...»

«Direi che sono perfettamente d’accordo. Se non sono indiscreto,

posso rispettosamente domandare le ragioni che la inducono a

una sosta quanto mai sconveniente sul ciglio del ponte?»

«Non è forse abbastanza evidente il mio intento di lanciarmi?»

«Direi di sì...ma perché? Qualche dottore le ha forse negato l’eccelso

piacere della tavola? Per questo vuole gettarsi dal ponte?»

L’uomo trasse di tasca un’altra brioche, identica sostituta di

quella che aveva già ingurgitato.

«Un boccone?»

«No grazie.»

«Guardi che è di quelle buone, l’ho comperata dal pasticcere

quest’oggi, mica di quella roba confezionata... Come non detto. Il

problema è un altro» continuò «nessuno mi ha proibito di mangiare,

e se anche fosse sarebbero proibizioni inutili, continuerei tranquillamente

a farlo senza curarmi di loro... è una storia lunga e per

lei sarebbe noiosa. Non vorrà certamente ascoltare le mie lamentazioni.»

«Sono tutt’orecchi...» dissi.Un’affermazione che,anche anatomicamente,

non è del tutto falsa.

«Allora, dal momento che le interessa, le racconterò la mia infelice

situazione,forse servirà anche da sfogo per i miei patimenti.Fin

dalla puerizia, niente mi rendeva felice e appagato al pari di farmi

una bella mangiata in compagnia, stare a tavola per ore chiacchierando

tra una portata e l’altra, fare considerazioni su ciò che si era

degustato e bevuto. Essendo di famiglia molto ricca, non ho mai

avuto problemi a soddisfare questa inclinazione. Ho trascorso la

mia vita banchettando e bevendo senza avere altri pensieri per la

testa che le gozzoviglie.»

«Ho capito: ha raschiato il fondo della cassa e non può più permettersi

di banchettare come vorrebbe.»

«No di certo! Le mie disponibilità sono tuttora ingenti, nono-

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