ROSETTA_MAGAZINE_201303

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problem. In literary terms, I greatly value
Cormac McCarthy’s “The road” however I
do believe the scenario will be less tragic.
However, it must be said that present
day problems such as the rising smog
levels in Chinese cities do not enhance my
optimism.
Potete considerarmi un incurabile
ottimista, ma mi rifiuto di accettare l’idea
che alla fin fine il progresso tecnologico ci
porterà al disastro.
D’altronde, la mia formazione classica
era disegnata con l’intento di convincere
me ed i miei contemporanei che “historia
magistra vitae”, mentre ho avuto modo di
scoprire di persona nella mia non breve
vita che la storia non ci insegna un bel
niente.
Di conseguenza la mia Weltanschauung
è piuttosto cinica: vedo la globalizzazione
come una qualsiasi fase della nostra
storia, che lascerà il passo ad un’altra
(proviamo solo a pensare come la gente
in Gran Bretagna può aver guardato alla
Rivoluzione Industriale nel periodo dal
1760 al 1840…).
Come tutti, ho dei timori per i miei figli
e per i miei nipoti, ma credo che essi
saranno parte della soluzione e non del
problema.
In termini letterari, apprezzo moltissimo
“La strada” di Cormac McCarthy ma credo
che lo scenario non sarà tragico come da
lui immaginato.
È pur vero - ad esempio - che la situazione
attuale dello smog nelle città della Cina
non contribuisce ad aumentare il mio
ottimismo.
How do you view the evolution of world
literature considering its past and future?
Come vede l’evoluzione della letteratura
mondiale considerando il suo passato ed il
suo futuro ?
I’m quite worried when considering the
evolution of world literature. There are
many reasons for this, two of which I shall
focus on here.
First of all I would affirm the influence of
what we might call the “industrialisation of
the book business”. With this term I’m not
referring to the influence of technological
advances or wondering whether the future
lies with the e-books or the old good
paperbacks.
Industrialisation in this context means that
books are nowadays becoming more and
more a merchandise product which either
sells or doesn’t , with all the associated
economic and logistic implications, not
to mention the influence – in marketing
terms - of the media coverage accrued by
the author.
All of the above reasons are generally
speaking, with many interesting exceptions
– prejudicial to the literary quality of the
“product” in favour of its saleability.
I would however like to highlight that there
has always been a “book industry” and I
personally feel that there is nothing wrong
in selling success but financial gain should
not be the sole benchmark in order to judge
the quality of a novel or of a book of poems.
Another major problem is that the absolute
majority of books undeniably need to be
translated into English in order to “exist”.
Minority languages may possess a richness
of historic literature with remarkable
authors and poets in their thousands,
but their books will never attain the huge
attention of novels such as “Fifty shades
of grey” and the ensuing sequels (such
mass success would never happen had the
book originally been written in for example
Punjabi or Kazhak).
PEN International advocates the
translation of minority languages
literature, and the Trieste PEN Centre
– despite its limited financial resources
– has published two InterPENbooks
in cooperation with the Slovenian and
Croatian PEN Centres.
But the fact itself that we are discussing
these issues in English is very clear proof
of the predominant role of this language.
Sono molto preoccupato se considero
l’evoluzione della letteratura mondiale.
Ci sono parecchie ragioni per esserlo, ma
mi limiterò a parlare di due di esse.
Al primo posto metto quella che potremmo
chiamare l’industrializzazione del business
dei libri. Non mi riferisco all’influenza della
tecnologia né mi chiedo se il futuro sia
degli e-books o della buona vecchia carta
stampata.
Industrializzazione significa che i libri
sono sempre più una merce che si vende
o non si vende, con tutte le implicazioni
economiche e logistiche, per non parlare
dell’influenza – in termini di marketing –
della copertura mediatica che un autore
può avere o non avere.
Tutto ciò – in termini generali, con
parecchie interessanti eccezioni – nuoce
alla qualità letteraria del “prodotto” a tutto
vantaggio della vendibilità.
Ci tengo a precisare: una “industria del
libro” è sempre esistita e personalmente
ritengo che non ci sia nulla di male nel
fatto di vendere molte copie, punto e a
capo. Ma il fatturato non può essere il solo
benchmark per giudicare la qualità di un
romanzo o di una silloge di poesie.
L’altro grande problema consiste nel fatto
che la assoluta maggioranza dei libri ha
un bisogno disperato di essere tradotta –
intendo tradotta in inglese – per “esistere”.
Le lingue minoritarie hanno storie secolari
e grandissimi scrittori e poeti, a migliaia,
ma i loro libri non avrebbero mai raggiunto
la visibilità di un “Cinquanta sfumature
di grigio” e dei sequels (né ci sarebbe
riuscito questo libro se fosse stato scritto
originariamente in Punjabi o in Kazako).
Il PEN International favorisce le traduzioni
delle lingue minoritarie, e il PEN Trieste –
con le proprie limitate risorse finanziarie
– ha pubblicato due InterPENbooks in
collaborazione con il PEN Slovenia ed il
PEN Croazia.
Ma il fatto stesso che si stia discutendo
qui di questi argomenti in inglese è una
chiarissima prova della predominanza di
questo idioma.
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