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17 Sulla barca del Concilio. Un un vescovo - Parrocchia di santa ...

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che piace a Dio», «quello che è secondo la sua volontà». La sua pre<strong>di</strong>cazione<br />

mira a «rendere perfetto nel Cristo ogni uomo» (Col 1, 28), ma non<strong>di</strong>meno<br />

egli insiste perché «ciasc<strong>un</strong>o continui a vivere nello stato in cui Dio lo ha<br />

chiamato (1 Cor 7, <strong>17</strong>); «ciasc<strong>un</strong>o resti nella con<strong>di</strong>zione in cui l’ha trovato la<br />

chiamata <strong>di</strong> Dio» (ibid. 20-24).<br />

Divenire cristiani, tendere alla propria perfezione, non comporta quin<strong>di</strong><br />

l’abbandono <strong>del</strong> mondo e <strong>del</strong>la propria attività in esso. Comporta, questo sì,<br />

che si viva nel mondo con <strong>un</strong>o spirito nuovo e <strong>del</strong> mondo si rifi uti quello che<br />

è contrario alla legge <strong>del</strong> Signore.<br />

San Paolo esorta i cristiani a «cercare le cose <strong>del</strong>l’alto dove sta il Cristo,<br />

seduto alla destra <strong>di</strong> Dio»; a «tendere alle cose <strong>del</strong>l’altro, non a quelle <strong>del</strong>la<br />

terra» (Col 3, 1 e ss.) Non però nel senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzare le realtà terrene o<br />

profane, come qualc<strong>un</strong>o può aver inteso, ma nel senso <strong>di</strong> rifi utare, com’egli<br />

precisa, ciò che è contrario alla volontà <strong>di</strong> Dio: «Impurità, passione<br />

colpevole, cattivi desideri, idolatria». Insomma si tratta <strong>di</strong> rifi utare, per <strong>di</strong>rla<br />

con le sue parole, «tutto quello che appartiene all’uomo vecchio col suo<br />

comportamento», dal momento che il cristiano è nel Cristo <strong>di</strong>venuto uomo<br />

nuovo.<br />

In proposito si può rileggere <strong>un</strong> documento <strong>del</strong> III secolo: la lettera a<br />

Diogneto. «I cristiani non si <strong>di</strong>stinguono — vi si <strong>di</strong>ce — dagli altri uomini<br />

né per il paese, né per il linguaggio, né per il vestito. Non abitano in città<br />

proprie, né parlano <strong>un</strong>a lingua straor<strong>di</strong>naria, il loro modo <strong>di</strong> vita non ha nulla<br />

<strong>di</strong> singolare. Sono <strong>di</strong>sseminati nelle città greche e barbare secondo la sorte<br />

loro toccata; si conformano agli usi locali per le vesti, il nutrimento, il modo<br />

<strong>di</strong> vivere, manifestando tuttavia le leggi straor<strong>di</strong>narie e veramente paradossali<br />

<strong>del</strong>la loro repubblica spirituale. Risiedono ciasc<strong>un</strong>o nella loro patria, ma<br />

come stranieri che vi hanno domicilio. Compiono i loro doveri <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni:<br />

ogni terra straniera è per loro <strong>un</strong>a patria e ogni patria <strong>un</strong>a terra straniera. Sono<br />

nella carne, ma non vivono secondo la carne. Passano la loro vita sulla terra,<br />

ma sono citta<strong>di</strong>ni <strong>del</strong> cielo».<br />

Diogneto conclude ricordando che i cristiani debbono essere nel mondo<br />

ciò che l’anima è nel corpo. Non d<strong>un</strong>que abbandono <strong>del</strong> mondo, ma presenza<br />

dei cristiani in esso, seguendo nel comportamento le leggi straor<strong>di</strong>narie, come<br />

le chiama l’autore <strong>del</strong> testo, <strong>del</strong>la loro spirituale repubblica. La legge, cioè,<br />

<strong>del</strong> Signore e, più chiaramente, <strong>del</strong>la carità verso tutti.<br />

Non meno chiaro in questo senso è l’insegnamento <strong>del</strong> <strong>Concilio</strong> Vaticano<br />

II. Dopo aver ricordato che la santità è vocazione com<strong>un</strong>e a tutti i cristiani,<br />

esso ripete che verso tale traguardo ogn<strong>un</strong>o cammina seguendo il proprio<br />

itinerario, nelle con<strong>di</strong>zioni che gli sono proprie.<br />

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