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17 Sulla barca del Concilio. Un un vescovo - Parrocchia di santa ...

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<strong>Un</strong>a pastorale, <strong>un</strong>'azione evangelizzatrice che non tenesse conto <strong>di</strong><br />

questa realtà, o fingesse <strong>di</strong> ignorare la critica che, in nome dei nuovi<br />

umanesimi, si è fatta alla religione e alla fede, rischierebbe <strong>di</strong> venir<br />

meno ai propri compiti. Il problema non è <strong>di</strong> contrapporre alle molte<br />

antropologie <strong>un</strong>a antropologia nuova, ma, piuttosto, <strong>di</strong> offrire elementi e<br />

dati <strong>di</strong> confronto per far esplodere alc<strong>un</strong>e contrad<strong>di</strong>zioni che in esse sono<br />

implicite, farne emergere i limiti, raccoglierne le istanze, in <strong>un</strong>a concezione<br />

integrale <strong>del</strong>l'esistenza storica <strong>del</strong>l'uomo e <strong>del</strong>la sua destinazione alla<br />

trascendenza e al Dio <strong>di</strong> Gesù Cristo, in cui è la salvezza. Questo è il<br />

più grave compito <strong>del</strong>la pastorale: aiutare l'uomo a ritrovare le tracce e i<br />

segni <strong>del</strong> suo essere «immagine <strong>di</strong> Dio».<br />

L'impulsione profetica<br />

Ho chiamato «profetico» il terzo carattere <strong>del</strong>la pastorale, ma mi rendo<br />

conto che la parola non è chiara. La correggerei con l'espressione: «aperta al<br />

nuovo», nel senso non solo che essa deve ann<strong>un</strong>ciare «la novità», ma anche<br />

che deve essere <strong>di</strong>sponibile «alle novità».<br />

Male ci si sottrae, oggi, all'impressione — parlo <strong>di</strong> impressione, non <strong>di</strong><br />

convincimento — che la Chiesa, più che esitante, sia timorosa <strong>di</strong> fronte al<br />

nuovo che emerge, non compreso anticipatamente nei suoi possibili sviluppi:<br />

<strong>un</strong>a esitazione ed <strong>un</strong>a incertezza, quella <strong>del</strong>la Chiesa, che, se da <strong>un</strong> lato non<br />

le consentono <strong>di</strong> affrontare con coraggio il «nuovo», dall'altro lato sembra<br />

la rendano impacciata nell'ann<strong>un</strong>ciare la «novità» <strong>di</strong> cui dovrebbe essere<br />

presenza, prima che testimone.<br />

Tanto più grave è questo, in quanto viviamo in <strong>un</strong> tempo che nel futuro<br />

ripone tutte le sue speranze; in <strong>un</strong> tempo nel quale l'uomo si presenta come<br />

«uomo <strong>del</strong> futuro»; che <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> essere quello che egli stesso si farà nel domani<br />

<strong>del</strong>la storia. Il rischio <strong>del</strong>la Chiesa è <strong>di</strong> ritrovarsi, se non emarginata dal fl usso<br />

storico, in posizione arretrata o collaterale al cammino <strong>del</strong>l'umanità: e, quin<strong>di</strong>,<br />

<strong>di</strong> non porsi nelle con<strong>di</strong>zioni richieste per <strong>un</strong>'opera <strong>di</strong> evangelizzazione.<br />

Permane, anzi, nella Chiesa, la tendenza a sostituire alla categoria<br />

«nuovo» quella <strong>del</strong>la «rinnovazione», nel senso <strong>di</strong> riproporre, in forma più<br />

adeguata e moderna, mo<strong>del</strong>li <strong>di</strong> vita o <strong>di</strong> esperienza passata: il nuovo sarebbe<br />

rinnovamento <strong>del</strong> già vissuto e sperimentato: <strong>un</strong> modo, questo, <strong>di</strong> conservare<br />

p<strong>un</strong>ti <strong>di</strong> riferimento sicuri, e d<strong>un</strong>que <strong>di</strong> esorcizzare il futuro.<br />

Che la Chiesa debba restare fe<strong>del</strong>e alla sua origine, a Cristo il Signore, <strong>del</strong><br />

quale è sacramento e memoria; che essa debba conservarsi nella sua struttura<br />

essenziale quale il Signore l'ha voluta, e per questo docile e obbe<strong>di</strong>ente allo<br />

Spirito, è doveroso; che essa debba, in <strong>un</strong> processo <strong>di</strong> continuata e sempre<br />

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