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Epistola di Paolo ai Filippesi Introduzione - CRISTIANI EVANGELICI

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Questo ha come scopo un’unica cosa: cioè quello <strong>di</strong> crescere nella santità davanti a Dio, il<br />

nostro Padre Celeste. Con queste premesse si potrà sempre sperimentare la gioia della comunione<br />

con il Signore.<br />

Da precisare, infine, che le parole conclusive “alla venuta del nostro Signore Gesù con<br />

tutti i Suoi santi”, si riferiscono non al rapimento della Chiesa, ma alla venuta in gloria<br />

del Signore per stabilire il Suo Regno il Quale sarà effettivamente accompagnato d<strong>ai</strong> Suoi<br />

santi (Za 14:5). Una descrizione più particolareggiata <strong>di</strong> questo evento si ha nel libro<br />

dell’Apocalisse 19:11-16.<br />

♦ b. La coscienza deve essere irreprensibile (At 24:16). Questa è la naturale conseguenza.<br />

Da notare che per coscienza si intende in senso morale il sentimento del bene e del male<br />

che ciascuno <strong>di</strong> noi ha. Ora, nei Vangeli possiamo verificare che la coscienza, da sola, agisce<br />

nell’uomo convincendolo (Gv 8:9), ma non dà la vittoria (Ro 2:15, 1Co 8:7). Ricor<strong>di</strong>amo<br />

che la seconda <strong>di</strong>spensazione biblica inserita nella Scrittura è definita “la <strong>di</strong>spensazione<br />

della coscienza”, cioè della consapevolezza e determinazione umana. Questa <strong>di</strong>spensazione<br />

è iniziata con la cacciata dell’Eden (Ge 3:24) ed è terminata con il <strong>di</strong>luvio (Ge 8).<br />

In quel periodo venne praticamente chiesto all’uomo <strong>di</strong> comportarsi sulla base che aveva<br />

della conoscenza <strong>di</strong> Dio. Ora, risulta logico che la consapevolezza umana ed il <strong>di</strong>scernimento<br />

<strong>di</strong> scelta che ognuno <strong>di</strong> noi ha è imperfetto e limitato, se non è guidato dallo Spirito.<br />

Il credente della <strong>di</strong>spensazione della grazia è caratterizzato dallo Spirito Santo, per<br />

questo è necessario che anche la coscienza sia irreprensibile, per risplendere come astri in<br />

questo mondo.<br />

c. Il linguaggio deve essere irreprensibile (Tt 2:8). Non possiamo esimerci alla volontà <strong>di</strong><br />

Dio. Purtroppo <strong>di</strong>versi credenti, nonostante abbiano sperimentato la nuova nascita, si lasciano<br />

andare talvolta a dei linguaggi scurrili, del tutto uguali a quelli del mondo. Non dobbiamo ingannarci;<br />

l’apostolo <strong>Paolo</strong> afferma chiaramente che dobbiamo evitare qualsiasi conformazione<br />

al mondo (Ro 12:2). Questo comportamento deve caratterizzare la vita del credente per un<br />

motivo molto semplice: affinchè “l’avversario resti confuso, non avendo nulla <strong>di</strong> male da<br />

<strong>di</strong>re contro <strong>di</strong> noi”. Dalla Scrittura si può affermare che questa è una caratteristica drammatica<br />

del Diavolo: ad esempio in Za 3:1-2, ci viene detto che il sommo sacerdote Giosuè stava<br />

davanti all’angelo dell’Eterno e Satana stava alla sua destra per accusarlo. Egli è l’accusatore<br />

(Ap 12:10), ma grazie a Dio noi abbiamo un Avvocato presso il Padre identificato nel Signore<br />

Gesù Cristo (1Gi 2:1). E’ chiaro, però, che questo non deve essere per noi né una giustificazione,<br />

né una scusante: bisogna impegnarsi ad essere irreprensibili in tutto e per tutto, anche<br />

nel linguaggio. Non <strong>di</strong>mentichiamoci che il linguaggio molte volte rappresenta lo specchio<br />

<strong>di</strong> quello che si cela nel nostro cuore. Per cui è necessario che le nostre labbra siano pure.<br />

• 2. Bisogna essere senza biasimo e risplendere come astri (v.15b).<br />

Quello che l’apostolo afferma nella conclusione del v.15 non è altro che la conseguenza <strong>di</strong> un<br />

atteggiamento irreprensibile. In primo luogo, infatti, il figlio <strong>di</strong> Dio che abita nell’integrità sarà<br />

senza biasimo, cioè nessuno potrà m<strong>ai</strong> criticare il suo comportamento. D’altronde non vi è<br />

alternativa: per rendere una proficua testimonianza è necessario essere conformi agli insegnamenti<br />

della Scrittura. Infatti, il credente non può essere “uno che pre<strong>di</strong>ca bene, ma razzola<br />

male” se succedesse questo, inevitabilmente la propria testimonianza andrebbe perduta. Invece,<br />

è necessario acquistare quella sicurezza che caratterizzava l’apostolo <strong>Paolo</strong>, che con franchezza<br />

ed onestà ha affermato queste parole <strong>ai</strong> cari membri della chiesa <strong>di</strong> Tessalonica “Voi<br />

siete testimoni, e Dio ancora, come ci siamo comportati santamente e giustamente, e senza<br />

biasimo, verso voi che credete” (1Te 2:10 - traduzione Diodati). <strong>Paolo</strong> non esterna orgoglio o<br />

vanto personale, ma vuole semplicemente sottolineare quella che era la realtà dei fatti: lui e i<br />

suoi collaboratori (che vengono citati all’inizio della lettera cioè Silvano e Timoteo 1Te 1:1)<br />

si erano comportati secondo i principi della volontà <strong>di</strong> Dio. Ad<strong>di</strong>rittura, chiama come testimoni<br />

i Tessalonicesi stessi a <strong>di</strong>mostrazione che quanto stava <strong>di</strong>cendo <strong>Paolo</strong> era vero. Abbiamo<br />

noi questa certezza? Possiamo affermare che coloro che ci ascoltano non possono <strong>di</strong>re<br />

nulla contro <strong>di</strong> noi? Il fatto <strong>di</strong> essere senza biasimo è necessario per risplendere come astri in<br />

questo mondo. Il Signore Gesù, rivolgendosi <strong>ai</strong> <strong>di</strong>scepoli ha affermato “Voi siete la luce del<br />

mondo” (Mt 5:14). Questo versetto, che viene molte volte preso in causa per sottolineare<br />

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