"l'impegno" in formato pdf - Istituto per la storia della Resistenza e ...
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28 aprile 1920: ancora vigevano le disposizioni<br />
di guerra. I soldati-contad<strong>in</strong>i del<strong>la</strong> Bassa<br />
vissero <strong>per</strong> mesi nelle tr<strong>in</strong>cee scavate nelle<br />
rocce e nel ghiaccio; scrissero a casa o<br />
fecero scrivere dai loro ufficiali <strong>per</strong> mantenere<br />
un legame con <strong>la</strong> vita di sempre 14 . Poche<br />
le licenze e i rientri. I raccolti restarono<br />
nei campi, mentre dim<strong>in</strong>uivano i consumi<br />
generali.<br />
Al term<strong>in</strong>e del 1917, dopo le offensive sull’Isonzo,<br />
l’esercito italiano aveva <strong>per</strong>so ben<br />
680.000 uom<strong>in</strong>i tra morti, feriti e prigionieri.<br />
Una ma<strong>la</strong>ttia diffusasi fu <strong>la</strong> tubercolosi, di<br />
cui Fabrizio Maffi era considerato uno dei<br />
massimi es<strong>per</strong>ti <strong>in</strong> Italia; <strong>la</strong> denunciò con<br />
forza, a partire dal 1916, quando l’esercito<br />
era passato da 300.000 a un milione e mezzo<br />
di effettivi reclutati con visite sommarie. Era<br />
costituito da uom<strong>in</strong>i appartenenti alle fasce<br />
d’età a più alto rischio, sottoposti al<strong>la</strong> promiscuità<br />
e al logoramento del<strong>la</strong> vita di tr<strong>in</strong>cea.<br />
La tisi non era una fatalità, come dicevano<br />
le autorità. «La vera causa del<strong>la</strong> sua<br />
recrudescenza era <strong>la</strong> guerra, i militari tubercolosi<br />
erano “muti<strong>la</strong>ti del polmone” e <strong>per</strong><br />
tutto ciò un responsabile c’era: lo Stato» 15 .<br />
Maffi si batté <strong>per</strong>ché i tisici fossero allontanati<br />
dall’esercito (ben 23.000 e non 465<br />
come sosteneva <strong>la</strong> sanità militare) e curati<br />
<strong>in</strong> sanatori militari, <strong>per</strong>ché ricevessero pen-<br />
Marilena Vittone<br />
sioni. Nel 1917 il deputato di Crescent<strong>in</strong>o<br />
partecipò a numerosi dibattiti par<strong>la</strong>mentari,<br />
scrisse articoli <strong>per</strong> l’“Avanti!” e <strong>per</strong> “La Risaia”<br />
e un opuscolo “Pei tubercolosi militari.<br />
Per gl’<strong>in</strong>validi di guerra”.<br />
Nel gennaio del 1918, <strong>per</strong> su<strong>per</strong>are le resistenze<br />
dell’amm<strong>in</strong>istrazione militare e <strong>per</strong><br />
accelerare le pratiche dei sussidi, nel<strong>la</strong> sua<br />
casa di Roma mise <strong>in</strong> piedi un dispensario<br />
medico-legale. Pochi mesi dopo, a Vercelli,<br />
il dottor Nico<strong>la</strong> Vacc<strong>in</strong>o costituì una sede<br />
corrispondente.<br />
La sua battaglia si chiuse nel gennaio del<br />
1919 con un primo riconoscimento ufficiale:<br />
nom<strong>in</strong>a a membro del Consiglio su<strong>per</strong>iore<br />
del<strong>la</strong> sanità e a rappresentante dello stesso<br />
nel Comitato centrale antituberco<strong>la</strong>re,<br />
nato il 17 ottobre 1918 <strong>per</strong> coord<strong>in</strong>are le <strong>in</strong>iziative<br />
pubbliche. Il decreto del 26 luglio del<br />
1917, frutto del<strong>la</strong> sua azione istituzionale, fu<br />
convertito <strong>in</strong> legge dopo due anni, anche<br />
se con modifiche. Il testo fu approvato con<br />
il consenso di tutto il par<strong>la</strong>mento e fece<br />
sorgere una rete di sanatori, dispensari, comitati<br />
prov<strong>in</strong>ciali.<br />
Maffi scrisse: «La re<strong>la</strong>zione che accompagna<br />
il disegno di legge è documento par<strong>la</strong>mentare<br />
degno di nota pel fatto che uom<strong>in</strong>i<br />
politici di diverse frazioni, cultori del<strong>la</strong> medic<strong>in</strong>a<br />
e del diritto, hanno considerato con<br />
14 «Nel<strong>la</strong> memorialistica di guerra e con parole diverse anche nei resoconti ufficiali, le<br />
tr<strong>in</strong>cee sono descritte come un <strong>la</strong>bir<strong>in</strong>to di cunicoli che si <strong>in</strong>tersecano, gelidi o soffocanti,<br />
puzzolenti e brutalmente squallidi, con il terreno sempre <strong>in</strong>triso d’acqua e una popo<strong>la</strong>zione<br />
di ratti e pidocchi. In questo ambiente da topi, da talpe o da “trogloditi”, come loro stessi<br />
si def<strong>in</strong>iscono, i soldati vivono <strong>per</strong> giorni o anche <strong>per</strong> settimane <strong>in</strong> attesa del cambio, assordati<br />
dal frastuono delle artiglierie, esposti ai colpi dei tiratori scelti, i cecch<strong>in</strong>i, senza<br />
vedere altro che due pareti di terra e <strong>in</strong> alto il cielo. Per milioni di uom<strong>in</strong>i è l’es<strong>per</strong>ienza di un<br />
iso<strong>la</strong>mento e di una chiusura totali e irreali», <strong>in</strong> A. BRAVO, op. cit., p. 83.<br />
A proposito del rapporto tra ufficiali e soldati, spesso analfabeti, ricordiamo i fratelli<br />
Giuseppe ed Eugenio Garrone, dal cui episto<strong>la</strong>rio trasparivano comprensione e affetto <strong>per</strong><br />
i commilitoni. Cfr. G. GARRONE - E. GARRONE, op. cit.<br />
15 T. DETTI, op. cit., p. 231.<br />
32 l’impegno