il suo team, il Bordone-Ferrari, tutto <strong>it</strong>aliano. La Squadra milanese è nata e cresciuta nello stesso, brevissimo tempo, ed ha centrato un obiettivo che, all’inizio, era qualcosa di più che ambizioso. Alla resa dei conti il team ha “piazzato” tre piloti nei primi dieci, quattro nei venti, e portato al traguardo il 100% dei suoi Piloti. nell’ordine Jordi Viladoms, Gerard Farres, Alessandro Botturi e Paolo Ceci. insieme al rispetto sacro della promessa, proprio nei giorni della Dakar sono usc<strong>it</strong>e clamorosamente allo scoperto le altre ambizioni, non meno grandi, nate dalla stessa costola dell’appassionato progetto: la costruzione di una moto da Rally, una moto intera, con la quale riuscire a competere ad armi pari con i “mostri” che dettano legge da dodici anni, e quella di una moto da enduro da mettere nella mani di thomas oldrati, Edoardo D’Ambrosio e Jonathan Manzi. Ma non basta, il Progetto contempla anche la realizzazione, questa volta su scala industriale, di una moto <strong>it</strong>aliana, una “originale” che rappresenti l’ered<strong>it</strong>à di passione di nicolò Bordone, 126 Spedizione su abbonamento gratu<strong>it</strong>o Ricevi <strong>Moto</strong>.<strong>it</strong> Magazine » Periodico elettronico di informazione motociclistica PRoVE nEWS <strong>Moto</strong>GP DAKAR SPoRt industriale milanese che costruì una gran bella moto prima della seconda guerra mondiale, rianimata nel sogno della nipote nicoletta Altieri Bordone e di Renato Ferrari, ormai ex-arch<strong>it</strong>etto con un grande, non più contenibile amore per le moto. La moto Bordone-Ferrari sarà una moto con soluzioni costruttive e di design allo stato dell’arte, con interpretazioni tecniche ultra moderne ed una estetica evocativamente “vintage”, imprezios<strong>it</strong>a da particolari degni di una religiosa vocazione artigianale nell’uso dei materiali. d’un tratto è fin<strong>it</strong>a... non è vero, non pare possibile. il r<strong>it</strong>mo sostenuto per 14 giorni è “contagioso”, “autoreggente”. La Dakar è così, si parte stanchi, perchè le ultime settimane, gli ultimi giorni, fino alle ultimissime ore, sono senza tregua. Le cose da fare, invece di diminuire, sembrano aumentare, pare quasi che non ci sarà più il tempo di completarle tutte. Ma poi arriva il giorno, e si parte. La nave, l’aereo, le verifiche, il podio, la partenza. Part<strong>it</strong>i. Già stanchi morti. non sembra possibile poter reggere al r<strong>it</strong>mo delle cose che succedono ogni giorno durante la gara. La sveglia antelucana, chiudere il sacco a pelo e gli occhi, spesso, pochi quarti d’ora prima. Dormire vigilanti, con il generatore a pochi passi dalle orecchie. Per molti, la Dakar vuol dire dormire un’ora per notte, anche meno, e tutti i cinque, dieci minuti della giornata che passano a tiro. Dipende dalle mansioni, dai ruoli. i Piloti ufficiali hanno le loro ore di sonno prescr<strong>it</strong>te, sono ab<strong>it</strong>uati ad infilarsi nel sacco quando è il momento, ed a risvegliarsi quando è stato stabil<strong>it</strong>o. Per tutti gli altri quelle ore di sonno sacro tendono ad assottigilarsi inesorabilmente. E la fatica ad accumularsi. Quelli destinati al maggior sacrificio di sonno sono i meccanici, ancor più se lavorano ai mezzi da gara e poi, prima dell’alba del giorno dopo, ripartono guidando il camion, il furgone, il pickup. Per loro la fortuna è arrivare al bivacco successivo ad un’ora decente, piantare l’accampamento e fiondarsi all’ombra di un differenziale, chiudere gli occhi e aspettare i propri assist<strong>it</strong>i. La Dakar è interessante, curiosa, affascinante, e cap<strong>it</strong>a di rinunciare al proprio sonno per mille motivi. Perchè è una bella notte piena di stelle, perchè c’è da fare quattro chiacchiere, per dare una mano al meccanico amico sfortunatamente con più lavoro del normale (ma qual’è il carico di lavoro “normale”, alla Dakar?), per un bicchierino quando tutto è fin<strong>it</strong>o ed il telo è andato sulla moto, per aspettare un concorrente che tarda, per sapere da lui come sta andando all’altro Pilota che è ancora più indietro, per andare a scoprire le Storie della Dakar che fioriscono di notte, quando solo apparentemente, per quel giorno, tutto è fin<strong>it</strong>o. Man mano che i giorni passano, ci si fa l’ab<strong>it</strong>udine, ed è sorprendente scoprire come energie insospettabili vengono richiamate all’ordine. La mancanza di sonno diventa un’ab<strong>it</strong>udine alla quale si sopperisce approf<strong>it</strong>tamdo delle occasioni, anche quelle meno, normalmente, indicate. Una volta mi sono addormentato fuori dal portellone dell’elicottero, legato all’imbracatura mentre ci si accivinava in volo al concorrente da fotografare. Pochi attimi, un minuto, forse, ma è così. Un minuto, e via avanti per altre ore. Solo alla fine della Dakar, quando tutto è davvero fin<strong>it</strong>o, il sonno prende la sua rivinc<strong>it</strong>a, e può cap<strong>it</strong>are di dormire 24 ore di fila, alzarsi per fare colazione e tornare in branda, per altre dodici ore. Quando tutto finisce, dopo il podio, lì ci si accorge che ci mancherà qualcosa, che le giornate sono lunghe e, in rapporto con quelle, vuote. Anche per questo si resta attaccati alla Dakar per una v<strong>it</strong>a. 23 Gennaio 2012 »» » Anno 02 numero 45 <strong>Sport</strong> aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb 127
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