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"Le caverne dei diamanti" di Emilio Salgari - Altervista

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<strong>di</strong> provviste. Stavamo cercando con quale altro cibo potevamosurrogarlo, quando uno stormo <strong>di</strong> uccelli volò dalla nostra parte.– Tira, baas, tira – <strong>di</strong>sse sottovoce il cafro, gettandosi perterra, esempio che fu subito imitato da tutti.Vi<strong>di</strong> che quegli uccelli dovevano passare a cinquanta metrisopra <strong>di</strong> me. Allora, aspettai che si fossero avvicinati eafferrando la mia carabina, l'armai; gli uccelli si strinsero fraloro, si raggrupparono quasi per offrirmi miglior bersaglio, ed iotirai nella massa. Ne cadde uno molto grosso che pesava forsequin<strong>di</strong>ci libbre. Era un'ottarda. Un buon fuoco <strong>di</strong> sterpi fu tostoacceso, e la nostra selvaggina, sorvegliata dai nostri avi<strong>di</strong>sguar<strong>di</strong>, ben presto cominciò ad arrostire. L'operazione seguì ameraviglia; da gran tempo i nostri stomachi non avevano presoparte a simile festino. Non lasciammo altro che le ossa, e nontemo <strong>di</strong> sbagliarmi credendo che questo pasto ci impedì <strong>di</strong>morire.Venuta la sera, ripartimmo carichi <strong>di</strong> cocomeri. L'aria sifaceva più fresca ed era per noi un refrigerio. Al levarsi delgiorno seguente trovammo altri cucurbitacei, e, siccome ciavvicinavamo alle nevi, così il timore della mancanza d'acquapiù non ci allarmò.Quella sera consumammo quanto ci restava <strong>di</strong> biltong. Nonvedevamo su quel versante alcun essere vivente, né alcunatraccia <strong>di</strong> corsi <strong>di</strong> acqua, malgrado la grande quantità <strong>di</strong> neve; equesto ultimo fatto ci parve ben strano.Ed ora, dopo <strong>di</strong> essere sfuggiti ai pericoli della sete,temevamo <strong>di</strong> morir <strong>di</strong> fame. Durante i tre giorni che seguirononon trovammo assolutamente nulla. Nessuna selvaggina abitavaquelle solitu<strong>di</strong>ni; ed il freddo si faceva sentire tanto più intenso,inquantoché uscivamo allora dalle fornaci del deserto. <strong>Le</strong>coperte che con tanta fatica avevamo trasportato sino lassù, ciarrecarono grande conforto; come pure l'acquavite, della quale87

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