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Lisa-Desrochers-Il-Bacio-Maledetto

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Giro a destra, di colpo e troppo velocemente. Le gomme stridono e nascondo a stento il sorriso soddisfatto che mi si stampa in volto quando lei si<br />

aggrappa al sedile per non finirmi addosso.<br />

«E quindi com’è che conosci Gabe?», mi chiede attraverso il velo di vapore che si leva dalla tazza di caffè.<br />

«È una lunga storia». Settemila anni.<br />

«Ma siete… tipo… amici?»<br />

«Direi di no. Siamo in squadre rivali».<br />

«Squadre di football?». Mi guarda perplessa, immagino che fatichi a vedermi nei panni dell’atleta.<br />

Mi avvicino e la guardo negli occhi, mentre passo con le dita sul dorso della mano che ha posato sul tavolo. La guardo fremere, e una scossa elettrica<br />

attraversa anche me – è eccitazione? Sto pregustando quello che succederà? – quando sento sotto alle mie dita il battito accelerato del suo polso. Uso<br />

il mio potere per dare una piccola spinta agli eventi. «Sai una cosa? Preferirei parlare di te. Dimmi qualcosa che non so di Mary Francis Cavanaugh».<br />

Ora è in uno stato estatico, e mi fissa per un lungo attimo prima di dire, ancora un po’ imbambolata: «Odio il mio nome».<br />

«Allora perché non ti fai chiamare Mary?»<br />

«È il nome di mia sorella». La nebbia inizia ad alzarsi e Frannie si appoggia sui gomiti, accentuando certe curve che mi distraggono dal mio lavoro.<br />

Mi sforzo di respirare a fondo e torno a concentrarmi sui suoi occhi. «Anche tua sorella si chiama Mary?»<br />

«Tutte le mie sorelle. Ma solo la maggiore si fa chiamare così».<br />

«Quante sorelle hai?»<br />

«Quattro».<br />

«E vi chiamate tutte Mary? Non vi confondete?»<br />

«Hai capito perché non ci facciamo chiamare tutte così».<br />

«E come si chiamano le altre?»<br />

«Be’, c’è Mary Theresa, Mary. E Mary Katherine, Kate. Poi ci sono io, Mary Francis. Mary Grace, che chiamiamo Grace. E infine Mary Margaret,<br />

Maggie».<br />

Mi mordo la lingua per non ridere. Questo è davvero troppo. «Una buona famiglia cattolica», dico, cercando di sembrare sincero.<br />

«Immagino di sì». Mmm… aceto. Senso di colpa? Dovrò approfondire.<br />

Finito il suo caffè Frannie tira indietro la testa, arcuando il suo bel collo chiaro e tendendo la maglietta sul petto. Mi travolge un’ondata di desiderio così<br />

forte da rendermi quasi incapace di intendere e di volere. Chiudo gli occhi per combatterla e cerco di schiarirmi le idee. Concentrazione. Quando li<br />

riapro, lei mi sta fissando.<br />

«Credo sia ora che io torni a casa».<br />

«Come preferisci», rispondo, ma in realtà vorrei portarla dovunque tranne che a casa.<br />

Frannie<br />

Parcheggiamo davanti a casa e Luc spegne il motore. La luce del salotto proietta una striscia dorata sul nostro prato. Papà mi aspetta alzato, come al<br />

solito.<br />

Lo stereo di Luc suona a tutto volume Addicted, dei Saving Abel, che racconta di cose che succedono fra le lenzuola e manda il mio cuore su di giri<br />

facendomi viaggiare con l’immaginazione. Non sono una santa, sono stata con altri ragazzi prima di lui. Non stata in quel senso, ma quasi. Insomma, ho<br />

fatto tutto il resto. Ma sono sempre stata io a decidere fin dove arrivare, e nessuno ha mai gettato un tale scompiglio nella mia fantasia. È come se Luc,<br />

senza neanche toccarmi, entrasse nella mia testa per scoprire i miei più reconditi sogni erotici e, una volta trovati, desse loro vita. Sto parlando di effetti<br />

speciali molto vividi. Ma quello che più mi irrita è che ne sono succube. Nessun altro ragazzo, prima di lui, mi aveva mai fatto sentire così fuori controllo.<br />

È qualcosa di solleticante, vertiginoso, selvaggio. Mi fa una paura infernale e, allo stesso tempo, una parte di me lo trova confortevole.<br />

Mi giro, e lui è sempre lì che mi fissa. Improvvisamente nella macchina non c’è più ossigeno. Respiro a fatica. «Be’, grazie del caffè», dico, combattuta<br />

fra il desiderio di catapultarmi fuori dalla macchina e quello di restare lì per tutta la notte.<br />

«Era abbastanza bollente? Perché se vuoi la prossima volta possiamo provare qualcosa di più caldo». Mmm… quel sorriso allusivo… Ma si capisce<br />

che gli viene da ridere. Mi sta prendendo in giro?<br />

«Era…», ma non so come finire la frase, perché quello che mi sta succedendo dentro produce un calore infernale, molto più del caffè. L’unica cosa<br />

che posso fare è resistere all’urgenza di toccarlo. «Allora, ci vediamo lunedì». Allungo un braccio tremante per aprire lo sportello, e all’improvviso la sua<br />

mano è lì, sopra la mia.<br />

Si china su di me e, con l’altra mano, mi scosta i capelli dall’orecchio e sussurra: «Non vedo l’ora».<br />

<strong>Il</strong> suo respiro caldo sull’orecchio mi fa rabbrividire, e sono mortificata quando mi accorgo che il gemito sottile che ho appena sentito è uscito davvero<br />

dalla mia bocca. Al colmo dell’imbarazzo, tento di aprire lo sportello, ma la sua mano calda è ancora lì e mi impedisce di farlo.<br />

«Ma… niente bacio della buonanotte?», dice, e quando mi volto i nostri nasi si sfiorano.<br />

Rifiuto di abbandonarmi al panico che mi fa ribollire la pancia, o alla parte di me che lo vuole baciare. Lo guardo negli occhi e mi sforzo di parlare con<br />

disinvoltura, mentre gli pianto una mano sul petto e alzo le spalle. «Non al primo appuntamento».<br />

Sembra sconcertato, o forse divertito, ma dura solo un istante. «Come preferisci».<br />

Traccia col dito una linea bruciante intorno alla mia mascella e torna a sprofondare nel sedile, sorridendo. «Sogni d’oro».<br />

Lo fisso ancora un attimo, poi apro lo sportello e barcollo fuori dall’auto. La portiera si chiude alle mie spalle e lui avvia il motore, ma ancora non parte.<br />

Sento il peso del suo sguardo mentre incespico sul vialetto verso la porta di casa. E prima di chiuderla dietro di me, mi volto indietro e vedo il bagliore<br />

rosso dei suoi occhi confondersi con le luci del cruscotto.<br />

Salgo di corsa le scale, entro nella mia stanza e mi precipito alla finestra giusto in tempo per veder scomparire i fanalini di coda della sua macchina.<br />

Rimango a guardare fuori per un bel po’, fissando il punto dove mi ha fatta scendere. Ascolto il mio cuore che batte e il solletico dentro alla pancia che<br />

ricomincia, mentre immagino cosa sarebbe accaduto se gli avessi permesso di baciarmi. Protestando sottovoce con me stessa mi dirigo verso la<br />

cassettiera e prendo la foto di mio fratello. «Sto diventando pazza, Matt», gli sussurro.<br />

Porto la foto con me, tiro fuori da sotto al materasso quello che chiamo “il diario di Matt” e lo apro sulla scrivania. Mi metto comoda sulla sedia e leggo<br />

le ultime frasi che ho scritto. Sono di mercoledì, il giorno in cui ho conosciuto Luc.<br />

Allora, Matt, oggi ti saresti spanciato dalle risate se mi avessi vista impegnata a sbavare dietro a un tizio appena conosciuto. Ma c’è qualcosa di<br />

speciale in lui. Lo so, è una cosa stupida, e non è nel mio stile. Ti prego, fulminami da lassù se dovessi mai diventare una di quelle ragazzine<br />

patetiche e deboli. Non credo a tutte quelle stronzate sull’amore a prima vista. In generale, non credo nell’amore. Ma alla lussuria… a quella ci credo.<br />

Faccio un bel respiro, prendo una penna e volto pagina.<br />

Non so bene cosa scrivere, il groviglio delle mie emozioni è davvero intricato e quasi impossibile da verbalizzare. Ma se c’è qualcuno a cui posso

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