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Capitolo 18<br />
Angeli e demoni<br />
Frannie<br />
Quei due sono una comica. Sono così impegnati a guardarsi in cagnesco che non si accorgono di quanto si somigliano. Uno è un bel tenebroso e<br />
l’altro mi acceca col suo splendore, ma tolto questo…<br />
Sto iniziando a capirci qualcosa, finalmente. Durante quest’ultima settimana, dopo avermi spiegato come stanno le cose, sia Luc che Gabe hanno<br />
smesso di starmi addosso, lasciandomi il tempo per pensare. E Gabe si è fatto da parte. Non restiamo praticamente mai da soli, e a mala pena mi<br />
tocca, cosa di cui potrei non essere così contenta. Non gli ho chiesto perché, ma immagino che il commento di Luc sul perdere le ali abbia sortito il suo<br />
effetto.<br />
Siamo nella cucina di Gabe, e sospetto che il chiarore eccessivo sia una sua aggiunta. Lui e Luc si guardano con aria di sfida.<br />
«Dopo tutto quello che hai visto, non capisco come tu possa avere ancora questo atteggiamento. L’unico motivo per cui l’Onnipotente non manda un<br />
altro diluvio è che il primo è stato inutile».<br />
Gabe scuote la testa. «Ogni giorno vengono compiuti atti che smentiscono quello che dici, gesti di grande umanità, che scaturiscono dal più puro<br />
altruismo».<br />
«Non sono d’accordo. Non esiste l’altruismo. Dietro ogni atto di cortesia c’è sempre un tornaconto».<br />
«Dovresti prenderti meno sul serio».<br />
Alzo gli occhi al cielo. «Lascialo perdere, Gabe, è senza speranza».<br />
Apro il libro di matematica sul tavolo, spingendo da parte la vaschetta di gelato vuota. «So che per voi due sono inezie, ma i test di fine anno iniziano<br />
domani, e io devo studiare se voglio superarli e andare alla UCLA».<br />
Luc mi guarda e sorride. «Ma perché proprio alla UCLA?»<br />
«Cosa vorresti dire?»<br />
«Sono solo curioso di sapere cosa ti spinge ad andare a cinquemila chilometri di distanza».<br />
«Be’, in parte la distanza. Ma la ragione principale è che hanno la miglior facoltà di Relazioni Internazionali del Paese, e che in seguito mi potrei<br />
specializzare in scienze politiche, o studi mediorientali».<br />
Luc alza un sopracciglio. «Sì, ma per fare cosa?».<br />
Mi sento avvampare. «Penso che la maggior parte dei casini al mondo siano causati dalle incomprensioni. La gente non riesce a comunicare. Sai, a<br />
causa delle differenze culturali e religiose. Insomma, roba così. È per questo che ho iniziato il progetto di corrispondenza col Pakistan. Volevo capire.<br />
Quindi… ora vorrei fare qualcosa di più grande, non so ancora bene come…».<br />
Gabe sorride, e la sua luce mi abbaglia di nuovo. «Obiettivi elevati».<br />
«Smettila», dico sempre più imbarazzata. So che suona stupido, ma è quello che ho sempre sognato di fare. Sono sempre stata brava a parlare con<br />
le persone e ad aiutarle a trovare dei punti in comune. Persino con Luc e Gabe, anche se in questo caso non conta, visto che il loro punto in comune<br />
sono io.<br />
«E pensi davvero di fare la differenza?». L’espressione di Luc ora è seria.<br />
«Magari no. Ma tentare non nuoce», rispondo giocherellando con la penna.<br />
«Tu farai la differenza, Frannie». Di colpo Gabe è serio quanto Luc.<br />
«Ah davvero? Non so se ne avrò l’opportunità».<br />
Luc e Gabe si guardano con diffidenza. Sanno che ho ragione. Poi gli occhi di Luc si fanno duri, anche se sotto la superficie sono pieni d’ansia. «Lega<br />
la sua anima».<br />
«Sei ancora più stupido di quanto non sembri», dice Gabe con un sorriso beffardo.<br />
«Cosa te lo impedisce?».<br />
L’espressione di Gabe si fa cupa, e i suoi occhi si posano su di me. «È Frannie che me lo impedisce».<br />
Lo stomaco mi schizza in gola. «Scusate un attimo. Come posso avere una vita se sono legata al Paradiso? In che modo sarebbe meglio dell’Inferno?<br />
».<br />
Luc si sforza di trovare le parole giuste. «L’Onnipotente…». Esita e in cerca di conferma guarda Gabe, che annuisce. «Non ti userebbe in modo<br />
così… meschino».<br />
«Sì, ma ha comunque intenzione di usarmi. Non sarò più padrona della mia vita». Rabbia e risentimento stanno per prendere il sopravvento, così le<br />
ficco nel mio vaso di Pandora. «Non voglio essere né Mosè, né Hitler. Voglio essere Frannie».<br />
Gabe interviene. «Se sei legata al Paradiso, io ti posso proteggere. Sarebbe estremamente difficile invertire il legame, e prima o poi smetterebbero<br />
di provarci. Ma se resti così continueranno a venire a cercarti».<br />
«Così come faranno i tuoi». <strong>Il</strong> mio cuore diventa pesante: non c’è via d’uscita. Improvvisamente mi sento in trappola, e vengo presa dal terrore. Torno<br />
al libro di matematica, che sfoglio con mano tremante. «Allora, voi la capite questa roba?», dico cercando di cambiare discorso.<br />
Luc si sofferma a pensare un istante poi raccoglie l’invito. «Su quale stai lavorando?», dice girando il libro verso di sé.<br />
Volto la pagina sotto alle sue dita, e lui tira via la mano di scatto.<br />
«Ahi!».<br />
«Ahi? Stai scherzando, vero?», dice Gabe quasi ridendo.<br />
Luc ci mostra la mano e vedo una piccola goccia di sangue cremisi che esce dalla punta del suo dito medio. Si è tagliato con la carta.<br />
«Be’, vale come risposta», dice Gabe.<br />
Luc continua a fissare la goccia che cresce, inebetito. Si gira verso di me con un sorriso timido e avvolgendomi la nuca con l’altra mano, mi bacia.<br />
Quando mi lascia andare, guardo nei suoi occhi sorridenti. «Che cosa mi sono persa?», dico quasi senza fiato e molto confusa.<br />
«I demoni non sanguinano», dice trionfante.<br />
Gabe è cupo e quando Luc mi lascia andare cerco di non sentirmi in colpa. «Neppure gli angeli», dice.