Lisa-Desrochers-Il-Bacio-Maledetto

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Frannie la ignora e ricomincia a tubare con Gabriel. Volevo Taylor da sola… ma può funzionare anche così. «Be’, peccato», dico con fare noncurante a Taylor e Riley. «Vorrà dire che andremo noi». Taylor guarda Riley in cagnesco. Se Frannie non s’infuria con questo, non so cosa potrebbe funzionare. Più la sua ira è profonda, meglio è. E cosa c’è di peggio di una cara amica, se non due, che ti fanno un torto? L’approccio indiretto funzionerà. La prenderò per sfinimento. E, come ciliegina sulla torta, potrei finire per portarmi a casa anche le anime di Riley e Taylor. Bonus. Ma a un tratto vacillo, perché la gravità della mia situazione mi si para davanti. Gabriel e Frannie saranno insieme stasera. Soli. Sto correndo un rischio enorme scommettendo che non sia in grado di legarla. E la puntata di questa scommessa è la mia sopravvivenza. L’ondata di zenzero che accompagna Cassidy mentre appoggia il vassoio del pranzo sul tavolo e avvicina la sua sedia alla mia rischia di soffocarmi. «Ti va un po’ della mia torta al cioccolato, Luc?» «No, grazie», rispondo cercando di tenere il panico sotto controllo. Potrebbe essere la volta buona. L’intera posta è in gioco. Perché se Gabriel riesce a legare l’anima di Frannie al Paradiso, sono fottuto. Invertire un legame è praticamente impossibile. Il mio piano deve funzionare.
Capitolo 9 Il Diavolo si riconosce dai dettagli Frannie Sapevo che a mamma e papà Gabe sarebbe piaciuto – e presentarsi con un mazzo di fiori per mia madre è stata una mossa azzeccata… ma quello che sta succedendo è imbarazzante. Certo, era ovvio che dopo Luc avrebbero accolto a braccia aperte chiunque. Dopo una prima occhiata a Gabe, mia madre ha deciso che avremmo mangiato in sala da pranzo, invece che in cucina, e con i piatti buoni. «Vuoi una seconda porzione di qualcosa, Gabe? Polpettone, patate…», dice ora, guardandolo adorante. «No, grazie, signora Cavanaugh. È tutto delizioso». «Be’, grazie. Siamo così contenti quando Frannie invita i suoi amici». Solo alcuni. Guardo Kate e sono certa sia vittima di un qualche genere di possessione. Ed è un miracolo che Maggie non stia sbavando apertamente. Mary, grazie al cielo, sta chiacchierando con Gabe come farebbe un essere con più di un neurone funzionante. Almeno ho una sorella normale. Ma è Grace quella che mi inquieta maggiormente. Sta fissando Gabe con un’espressione che non le si addice per niente. È sopraffatta, e invece di mangiare credo stia pregando, o qualcosa di simile. Arriverei a dire che sta facendo pensieri sconci, ma in una qualche perversa declinazione religiosa su cui non voglio indagare. Guardo mio padre, implorandolo con gli occhi di fare qualcosa. È ancora in camicia e cravatta, convinto che una cena di famiglia sia un evento mondano, come un matrimonio o un funerale, dove ci si deve presentare ben vestiti. «Grace, tesoro, perché non mangi?», dice incoraggiandola con un colpetto sul gomito. Lei ritorna fra noi per un attimo, giusto il tempo di dire: «Sì, papà». Poi ricomincia a fissare Gabe. Com’è possibile che non mi sia mai accorta di vivere con dei pazzi furiosi? Quando arriva la fine della cena sono del tutto mortificata. «Andiamo, Gabe. Dobbiamo finire la relazione». Lo afferro per un braccio e lo trascino fuori dalla sala da pranzo. Lui fa giusto in tempo a sorridere a mia madre e dire: «Grazie per la cena, signora Cavanaugh. Era tutto squisito». Squisito? Chi dice squisito? Per il resto della serata, mentre studiamo nella mia stanza, sento le risatine di Kate e Maggie, che continuano imperterrite a passare davanti alla mia porta. Argh! «Scusami un attimo», dico a Gabe quando non ne posso più, ed esco dalla camera chiudendomi dietro la porta. Kate esordisce: «Che sorpresa, hai ancora addosso i vestiti. Ci era sembrato di sentire un letto cigolare». Maggie la guarda con un sorriso allusivo, visto che è risaputo che l’unica fra noi a far cigolare qualcosa è proprio Kate. Lei e Chase vanno a letto insieme da quando hanno finito le superiori, l’anno scorso. «Ragazze, per favore. Vi state rendendo ridicole. Smettetela». «Ok. Allora origlieremo dalla stanza di Maggie e Grace», dice Kate facendo dietro front. Resto lì un attimo, e mi rendo conto che non sono l’unica le cui emozioni sono diventate incontrollabili dall’arrivo di Luc e Gabe. L’intero universo ha perso il suo equilibrio. Le mie sorelle sono tutte impazzite contemporaneamente e Kate, che non fa mai ciò che le viene chiesto per il semplice gusto di fare il bastian contrario, mi ha appena obbedito. Esito, prima di rientrare nella mia stanza, perché il pensiero di Luc mi provoca un piccolo moto di disperazione. In questo momento è fuori con Taylor. E se conosco Taylor – e la conosco – non si stanno guardando nelle palle degli occhi. Non la vuoi. Mi sento colpevole per averlo pensato, e non so bene da dove mi sia uscito, ma ora che è venuto fuori so che è vero. Non voglio che la baci. Non baciarla. Ti prego, non baciarla. Sgattaiolo dentro e, tornando da Gabe, faccio partire l’iPod. Mi tolgo le scarpe e mi sdraio vicino a lui sul tappeto, ascoltando You found me dei The Fray, che ne canta quattro a Dio per non essere lì quando tutto va a rotoli. Gabe alza gli occhi dal libro e, per la prima volta, lo vedo aggrottare le sopracciglia. «Questa canzone fa schifo». Lo guardo negli occhi. «È una delle mie preferite». «Perché?» «Perché pone domande utili». «Tipo?» «Tipo perché Dio se ne sta lì a cazzeggiare e lascia che alla brava gente succedano cose brutte». La postura di Gabe si fa rigida. «Io credo che si dia piuttosto da fare». «E tu come fai a saperlo?» «Lo so e basta. Ci sono miracoli tutti i giorni». «Certo. Il Paradiso, Dio… Sono tutte stupidaggini inventate dalle grandi religioni per tenerci sotto controllo». Il suo cipiglio aumenta. «Potresti avere ragione per quanto riguarda le religioni, ma su Dio ti sbagli». «Ti facevo più furbo. Non puoi davvero credere in Dio, non con tutto lo schifo che succede in giro per il mondo». Mi guarda con severità. «Dio esiste, Frannie». «Stiamo parlando di uno che ogni tanto arriva e porta via i bambini dalle loro famiglie». La frase mi esce di bocca di getto. Mi fissa a lungo, e io non posso sostenere il suo sguardo. Vedo la sua mano avvicinarsi alla mia e d’istinto la stringo. «Le persone muoiono. Fa parte della vita». Guardo la foto di mio fratello sul cassettone e improvvisamente mi sento esausta. Troppo stanca per lottare, lascio andare un singhiozzo e una lacrima mi riga il volto. «Pensi che non lo sappia?». Vorrei urlare. Mandarlo via. Ma non ho la forza di fare niente, tranne appoggiare la fronte alla sua spalla e chiudere gli occhi.
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