You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
La sento che tira su col naso e mi giro ad affrontarla. Mi trovo davanti due occhi enormi, pieni di paura. Odio l’idea di essere io a spaventarla, vorrei<br />
riavvicinarmi per consolarla.<br />
Ma non posso tornare indietro.<br />
Non potrò mai più starle vicino ora che sa cosa sono. L’ho persa.<br />
Vengo sopraffatto dall’avversione per me stesso e spero solo che la morsa invisibile che mi attanaglia il cuore stringa fino a farne cessare il battito.<br />
Ma invece di prendermela con me stesso, sento la mia voce soffocata sibilare: «Che diavolo stai facendo? Dovresti essere terrorizzata! Corri!».<br />
Per un attimo prende in considerazione il mio consiglio. Voglio davvero che lo faccia, che corra via più veloce che può, senza voltarsi indietro.<br />
Ma, che Satana mi salvi, voglio anche che resti.<br />
Meno male che non ho bisogno di respirare, perché non credo che ci riuscirei. Mi appoggio al muro, scivolo a sedere in terra fissando il soffitto e resto<br />
lì ad aspettare che faccia qualcosa. Qualsiasi cosa.<br />
Quando non ne posso più, riabbasso lo sguardo su di lei.<br />
Ci sta ancora pensando. Stringe il cuscino e con voce grave dice: «Non può essere vero». Si sfrega gli occhi e mi guarda di nuovo.<br />
Darei qualunque cosa per poterle dare ragione. Chino il capo. «È così».<br />
Resta in silenzio per un altro minuto e posso quasi sentirla pensare. «Ho sempre saputo che c’era qualcosa di… oscuro… e un po’ pericoloso in te»,<br />
dice finalmente.<br />
Mi rialzo in piedi. «Mi senti, Frannie? Sono più che “un po’” pericoloso!».<br />
La vedo trasalire, ma non si muove dal letto. Di nuovo, da un momento all’altro mi aspetto di vedere il terrore nascerle in volto, invece si infuria e una<br />
zaffata di pepe nero si sparge per la stanza. «Perché non me l’hai detto?»<br />
«Te lo sto dicendo ora».<br />
«Dovevi dirmelo prima. Ormai…», si alza dal letto lanciandomi uno sguardo feroce e stringendo il cuscino così forte che rischia di farlo a pezzi. «Ti<br />
amo», dice come se fosse un accusa.<br />
L’ha detto.<br />
Ed ecco che una sventagliata calda di cioccolata arriva insieme al pepe alle mie narici. Le mie viscere si tramutano in pura energia e il mio cuore di<br />
zolfo esplode.<br />
Ma non è importante, perché adesso viene la parte in cui lei se ne va.<br />
La vedo sgranare di nuovo gli occhi, mentre si rende conto di quello che ha appena detto. Si rimette a sedere sul letto e resta lì come in agonia,<br />
fissandomi a bocca aperta e con un’espressione incredula sul viso. «Io… non…». Abbassa lo sguardo.<br />
Non c’è niente che io possa dirle. Non posso abbracciarla e dirle che l’amo anch’io. Così chino di nuovo la testa aspettando che si decida ad<br />
andarsene sbattendo la porta.<br />
Ma la porta non sbatte e la sento chiedere: «Allora, come funziona? Devi tornare indietro?».<br />
Alzo lo sguardo e una brevissima risata sardonica mi risale la gola. Di tutte le cose che mi poteva chiedere… «Prima o poi».<br />
Afferra la maglietta dal pavimento, infilandosela con uno strattone, e mi incenerisce con lo sguardo. «Lo sapevo che te ne saresti andato».<br />
Stringo le labbra in una smorfia e scuoto la testa. «È questo che ti preoccupa? Per le colpe di Satana, Frannie, sono un demone, dovresti pregare il<br />
cielo che io me ne vada».<br />
«Bene», dice gettando il quaderno nello zaino. Mi accorgo che le tremano le mani. «Ti evito il disturbo», ringhia.<br />
Si butta lo zaino sulle spalle e cerca qualcosa in terra. Io mi sento sempre peggio.<br />
«Dannazione!», urla al limite della frustrazione. «Dove sono le mie dannate infradito?».<br />
Mi piego e le raccolgo dal pavimento per passargliele.<br />
Lei me le strappa di mano, poi esita un momento, fissando le mie corna. Fa per allungare una mano, e la curiosità sta per prendere il sopravvento.<br />
«Posso…». Ma poi lascia cadere il braccio e scuote la testa, come se cercasse di tornare in sé.<br />
«Cosa?». Riconosco un filo di speranza nella mia voce, che va ad alimentare il disprezzo per me stesso.<br />
«Niente». Si gira bruscamente e raggiunge la porta. Ma invece di aprirla si volta indietro. Mi guarda dritto negli occhi, a lungo, e alla fine fa un respiro<br />
profondo. «Be’, adesso che so cosa sei andrò all’Inferno perché mi sono innamorata di te?». Si asciuga una lacrima con il dorso della mano e accenna<br />
un sorriso tremante.<br />
Improvvisamente, il pepe viene soppiantato dalla cioccolata. Per un attimo, il cuore che mi sobbalza in petto non mi sembra più di zolfo. Non riesco a<br />
credere che sappia cosa sono – quello che sono veramente – e che mi ami lo stesso. A breve, però, mi rendo conto di quanto questo sia grave.<br />
«Frannie, no… non va bene così», dico gemendo. Lascio che le mie ginocchia si pieghino e scivolo di nuovo in terra, con la testa tra le mani. Non<br />
dovrebbe continuare ad amarmi. Non può che finire male.<br />
Lei torna indietro, butta lo zaino in terra e va ad appollaiarsi sull’angolo del letto. «Ci tieni a me almeno un po’?».<br />
Alzo la testa dalle mani e la guardo. So cosa devo dire, la mia bocca si apre per formare la parola no, ma invece ne esce un: «Sì». Mi fa l’effetto di<br />
una doccia fredda: balzo in piedi e chiamo a raccolta tutta l’ostilità del mio ormai perso cuore di zolfo. «Volevo dire, no. Stavo solo facendo il mio lavoro»<br />
.<br />
«Non ti credo». Ed è vero, sa che che mento.<br />
Dovrebbe urlare, correre, qualsiasi cosa tranne questo. Faccio un giro per la stanza e lancio un grugnito diretto al mondo in generale. È allora che<br />
intravedo il mio riflesso nel grande specchio sulla porta del bagno.<br />
Ma che diavolo…?<br />
Mi avvicino allo specchio e continuo a fissare la mia immagine spingendo più forte per liberarmi della mia forma umana. Nessun cambiamento.<br />
«Frannie. Guardami bene», dico voltandomi verso di lei, «e dimmi esattamente cosa vedi di diverso».<br />
«Be’… le corna sono nuove, i tuoi occhi sono più fosforescenti del solito… e mi dispiace dirtelo, ma puzzi». Fa una faccia buffa e si tappa il naso con<br />
le dita. «Puoi sbarazzarti delle uova marce? Preferisco l’odore di cannella».<br />
«Tutto qui?»<br />
«Dovrebbe esserci dell’altro?»<br />
Coda… zoccoli… zanne. «Be’… sì».<br />
«Tipo?»<br />
«Niente». Recupero la maglietta dal pavimento e me la infilo. «Andiamo a fare un giro».