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Lo abbraccio sempre più stretto mentre le lacrime mi rigano il volto, e questa volta lui non mi allontana, al contrario. Nonostante il battito caldo del suo<br />
corpo, vengo percorsa da un brivido.<br />
Dopo un bel po’ mi stacco, chiedendomi come sia mai possibile volere altro. E posso quasi credere nell’amore, perché è qui davanti a me, sul suo<br />
volto.<br />
Mi asciuga le lacrime con il pollice.<br />
«Scusami», dico senza sapere esattamente per cosa sto chiedendo scusa. Per tutto, immagino.<br />
Mi mette un dito sulle labbra. «No, non scusarti». Mi attira a sé e quando affonda il viso nei miei capelli mi accorgo di non essere l’unica che sta<br />
tremando.<br />
Alzo la testa dalla sua spalla e lo guardo: «È tutto a posto fra noi?».<br />
Annuisce, ma il suo sorriso è un po’ forzato e i suoi occhi pieni d’incertezza.<br />
Dentro di me si forma un nodo doloroso, perché mi sto comportando proprio male con lui. Sono una merda. <strong>Il</strong> mento mi crolla sul petto. «Sono così<br />
incasinata».<br />
«Non puoi cancellare i tuoi sentimenti, Frannie».<br />
«Sì che posso. O almeno finora ha sempre funzionato».<br />
«No, non puoi, ma devi stare attenta a cosa desideri».<br />
<strong>Il</strong> profumo di neve d’estate non basta più a mitigare la frustrazione che ho accumulato e che esplode. «Continui a ripeterlo. Cosa significa?».<br />
«Significa che hai molto più controllo sul tuo mondo di quanto tu non sappia». I suoi occhi sono troppo seri e io comincio a spaventarmi.<br />
Lo spingo via e mi alzo dal divano. «Temo tu stia perdendo il lume della ragione, Gabe. Non ho il controllo di un bel niente».<br />
«Quando sarà il momento te ne accorgerai».<br />
«Accorgermi di cosa?»<br />
«Di tutto». Un brivido mi attraversa.<br />
Si alza e mi prende fra le braccia. «Andrà tutto bene, Frannie».<br />
Ma non sembra esserne convinto nemmeno lui.<br />
Luc<br />
Arrgghhhh!<br />
<strong>Il</strong> giorno più frustrante della mia esistenza sta ufficialmente diventando quello più infernale. E nel mio caso è tutto dire.<br />
Faccio il giro del vicinato cercando di calmarmi e di schiarirmi le idee. Ho sempre avuto un’unica priorità: il mio lavoro, che è stato lo stesso per gli<br />
ultimi cinquemila anni. Non si tratta né di fisica quantistica, né di ingegneria spaziale, che mi darebbero entrambe meno da pensare di Frannie. Si tratta<br />
solo di legare all’Inferno una piccola anima indifesa. Un gioco da ragazzi. Allora perché non ci riesco?<br />
Domanda retorica. Chi se ne frega del perché, ciò che importa è l’evidenza: non ne sono in grado.<br />
Frannie è con Gabriel, al sicuro da Belias e da me.<br />
Accendo lo stereo e passo davanti alla casa di Gabriel un’ultima volta, poi una seconda ultima volta, poi una terza… Ogni volta rallento, nel disperato<br />
tentativo di vedere Frannie dalla finestra. Faccio il giro del quartiere ancora e ancora. Passo davanti alla casa di Frannie e a quella di Taylor, cercando di<br />
capire cosa mi è successo e rivivendo le ultime tre settimane.<br />
Brucio più io dell’Abisso di fuoco, ma contemporaneamente annego in un torrente di emozioni sconosciute a noi demoni.<br />
Come faccio a fermarle?<br />
Non riesco a respirare. Mi viene in mente che non ne ho bisogno, ma il buco che mi si sta formando nel petto continua a straziarmi.<br />
Concentrati. E adesso?<br />
Al decimo giro del quartiere ho capito cosa devo fare. Per quanto mi sembri inaccettabile, devo andarmene e permettere a Belias di portare a termine<br />
il lavoro. Io sono troppo coinvolto.<br />
Passo davanti a casa di Gabriel e questa volta è davvero l’ultima. Quando svolto per tornare verso casa sento il dolore profondo che mi attanaglia il<br />
petto acuirsi. Arrivato al mio appartamento torno dritto all’Inferno, ed esco dalla vita di Frannie.<br />
Intendevo tornare dentro all’Inferno, cioè al di là delle alte mura infernali, bypassando i cancelli (un vezzo dei demoni di primo livello), perché non sono<br />
dell’umore di avere a che fare col guardiano. Ma quando i miei piedi toccano terra, mi trovo innegabilmente fuori dalle enormi mura di pietra. Non è un<br />
buon segno: i miei privilegi sono stati revocati. Mi avvicino ai cancelli, dove Minosse, il guardiano, mi osserva col suo unico occhio iniettato di sangue, al<br />
centro della lunga faccia di serpente. La sua figura alta e coperta di squame si piega su di me, per guardarmi meglio.<br />
«Qualcuno ha perso il favore del Re, eh?». Le sue parole sono accompagnate dallo scintillio delle zanne che spuntano dal ghigno soddisfatto. La voce<br />
acuta mi punge i timpani e peggiora le fitte alla testa, che sono in aumento.<br />
Troppo depresso per rispondere a tono, mi appoggio ai cancelli di ferro. «Così pare».<br />
Forse si rifiuterà di farmi entrare, sai che dispiacere. Invece si fa da parte, e l’impazienza che gli leggo sulla faccia non mi fa presagire niente di<br />
buono. «Ti aspettavamo. Sarò in prima fila a vederti calare nell’Abisso».<br />
«Già che ci siamo, facciamo una festa. Tu porta i palloncini», gli dico quando ho superato i cancelli, senza neppure voltarmi.<br />
Una volta dentro, la prima cosa che noto è che l’Inferno sembra più caldo del solito. <strong>Il</strong> che non ha senso, perché sono stato via solo tre settimane. E in<br />
ogni caso, qualsiasi variazione nell’ordine delle centinaia sopra o sotto i circa duemila gradi a cui siamo abituati non farebbe questa gran differenza.<br />
Forse tutto lo strombazzamento mediatico sul riscaldamento globale ha qualche fondamento, e ne subiamo le conseguenze anche qui.<br />
La seconda peculiarità è che ho mantenuto le mie sembianze umane… che al momento stanno sudando copiosamente. Non è certo un problema,<br />
questo corpo può essere smembrato e buttato nell’Abisso di fuoco esattamente come l’altro.<br />
La terza cosa che noto è il vero responsabile della sicurezza. Minosse sta lì per bellezza. Salvo qualche intruso occasionale, non è difficile convincere<br />
la gente a star fuori dall’Inferno. Cosa c’è di più stravagante di qualcuno che vuole intrufolarsi all’Inferno? No, la vera sicurezza sono Rhenorian e i suoi, e<br />
servono a tenere la gente dentro. Rhenorian mi guarda dall’alto dei suoi due metri, una figura robusta sormontata da un viso coriaceo color bronzo, in cui<br />
spiccano due occhi che mi fissano divampando. Quando ricambio il suo sguardo una smorfia minacciosa gli deforma la faccia e sembra sfidarmi a<br />
tentare la fuga. Si passa la lingua biforcuta sulla fila impressionante di zanne di cui è dotato e fa girare su se stesso il tridente che stringe fra le mani.<br />
Trattasi della versione infernale della mitragliatrice, in grado di concentrare una quantità spropositata di fuoco infernale in un unico getto… più e più volte.<br />
Non può uccidere una creatura infernale, quasi nulla può farlo, ma può far sembrare la morte un’opzione gradevole.<br />
Mi addentro nell’Inferno, circondato da spiriti informi che si contorcono nelle fiamme eterne lanciando grida strazianti e suppliche che invocano pietà.<br />
Sono le anime dei dannati. I demoni incaricati di sorvegliarli chiacchierano come se niente fosse e spingono dentro alle fiamme azzurrine eventuali arti o<br />
teste che fuoriescono. Questa visione idilliaca mi mette finalmente a mio agio. Sorrido fra me e me mentre inalo il bouquet pungente di carne bruciata,