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vada, Frannie. Le cose potrebbero mettersi male se i tuoi genitori tornano a casa e mi trovano nella tua stanza. Ma sarò qui fuori, lo prometto».<br />
«Resta». La sua voce è diventata più forte e nel suo sguardo leggo l’urgenza del desiderio.<br />
Respiro profondamente, cercando di resistere al bisogno di baciarla. Sono completamente incapace di dire di no. «Come vuoi».<br />
Resto seduto sul letto a lungo, osservando il suo respiro che si fa profondo e regolare mentre scivola nel sonno. Che diavolo sto facendo qui? Ho<br />
potuto evitare l’Abisso perché sono entrato di mia iniziativa, senza essere convocato. Ma ora è solo una questione di tempo, e quando arriva la<br />
convocazione sarà tutto finito. Quanto mi resta? Giorni? Ore? Non sarà mai abbastanza. E comunque vada, che io riesca a legarla o meno, non potrò<br />
mai stare con lei. Una fitta di panico mi assale al petto all’idea di lasciarla di nuovo.<br />
Mi chino a baciarle la fronte e le lascio la mano. O almeno ci provo, perché i suoi occhi si aprono di scatto e la sua mano riagguanta la mia. «Dove<br />
pensi di andare?». È mezzo addormentata, ma la nota di panico nella sua voce è evidente.<br />
Non posso farci niente. Se ha bisogno di me non sono in grado di andarmene. Le sorrido: «Da nessuna parte, se è quello che vuoi».<br />
Subito mi risponde con un sorriso, poi la sua espressione cambia, gli occhi di zaffiro e il suo bel viso diventano confusi, finché affiora la verità, cioè<br />
che dovrebbe odiarmi.<br />
«Non posso fidarmi di te. Sei come il dottor Jekyll e Mr Hyde», dice tenendomi ancora la mano in una morsa.<br />
Chino la testa e il mio cuore di zolfo si spezza. La partita è finita ed è evidente che ho perso, da ogni punto di vista. Perché io la amo, ma non posso<br />
averla.<br />
Mi alzo, ho bisogno di allontanarmi da lei prima di fare di nuovo qualcosa che possa ferirla. Questa volta mi lascia andare. «Hai ragione», le dico.<br />
«Non puoi fidarti di me».<br />
Frannie<br />
Mi tiro su a sedere, ancora debole. Guardo Luc uscire dalla porta e so che dovrei lasciarlo andare, ma il mio ultimo briciolo di senno si fa da parte e<br />
lascia che il bisogno ancestrale che ho di lui prenda il sopravvento.<br />
«Aspetta! Non andare».<br />
Si gira, ancora sulla soglia. «Frannie, stai facendo un grosso errore. Ti conviene mandarmi via».<br />
Sto ancora tremando, quando recupero dei frammenti di memoria. Ricordo di essere uscita per urlare in faccia a Luc… ma non era lui. Dopo di che è<br />
tutto confuso. Abbasso lo sguardo e inizio a giocherellare con la trapunta. «Chi era quel ragazzo?».<br />
Lui si appoggia allo stipite della porta, di fronte a me. «Si chiama Belias. È pericoloso».<br />
«Perché era qui? Cosa voleva?».<br />
Luc mi fissa e scuote la testa.<br />
«Ti assomiglia così tanto», dico quando ormai è chiaro che non ha intenzione di rispondermi.<br />
«Sì, immagino dipenda dal fatto che veniamo dallo stesso posto».<br />
Gli pianto gli occhi in faccia. «E da dov’è che venite, esattamente? Cambi sempre discorso quando te lo chiedo».<br />
Mi guarda a lungo, cercando una risposta.<br />
Alla fine, alzo gli occhi al cielo. «Se devi pensarci così tanto, immagino che mi dirai delle stronzate. Risparmiamele».<br />
«Scusa, ma non mi crederesti se te lo dicessi». Si volta per andarsene.<br />
«Vorrei che mi mettessi alla prova».<br />
Entra piano nella mia stanza, con lo stesso sguardo sperduto di prima. Apre la bocca per dire qualcosa, ma poi la richiude. Scuote la testa e io lo fisso<br />
con insistenza, convinta che le risposte siano lì, appena sotto la superficie, e che se guardo con attenzione le potrò scovare. Apre di nuovo la bocca, poi<br />
si blocca e si guarda i piedi: «È meglio che vada».<br />
<strong>Il</strong> cuore mi martella nel petto. So che dovrei lasciar stare, ma c’è un’altra cosa che ho bisogno di sapere. «E quella ragazza? Quella nel tuo letto. È,<br />
tipo, la tua ragazza venuta da casa?».<br />
Alza lo sguardo e mi risponde serio.<br />
«No. In realtà è la ragazza di Belias, Avaira».<br />
Non riesco a controllare un guizzo di gelosia. «Mmm, gentile da parte sua condividerla con te».<br />
«Non è così, Frannie», sbotta. «Loro sono qua per…». Si ferma di botto, e i suoi occhi perforano i miei. «Lei non è niente».<br />
Scuote la testa, per l’ennesima volta. Ha una faccia così abbattuta che temo tenti di nuovo di andarsene.<br />
Tengo per me il commento acido che ho sulla punta della lingua, cioè l’ipotesi che la taglia di reggiseno della ragazza misteriosa sia superiore al suo<br />
quoziente intellettivo. «Allora, se non è così, in che modo è? Era nel tuo appartamento, anzi sul tuo letto. Ha le chiavi di casa?».<br />
Mi fissa per un’eternità, poi si lascia cadere sulla sedia della mia scrivania, con gli occhi bassi. «No, non ha le chiavi. Nessuna serratura la terrebbe<br />
fuori».<br />
«Che cosa vuol dire? Ti sta facendo stalking o qualcosa del genere?»<br />
«In un certo senso». Alza lo sguardo e ha gli occhi colmi d’ansia. «Ci sono cose di me che non sai».<br />
Schizzo a sedere sul bordo del letto. «Non ne dubito. Allora dimmele».<br />
Mi fissa ancora a lungo, poi appoggia i gomiti sulle ginocchia e si infila le mani nella folta chioma nera, tornando a fissare il pavimento. «Non sono<br />
quello che pensi».<br />
«Non penso che tu sia niente».<br />
Solleva il volto e quasi gli scappa da ridere.<br />
Incasso la testa fra le spalle. «Intendevo che non mi interessa cosa sei. Insomma, hai capito cosa volevo dire. Allora, cos’è che non so?».<br />
Si alza, mi prende la mano e mi fa alzare dal letto per prendermi fra le braccia. Vorrei respingerlo, ma non lo faccio.<br />
Lo sento sospirare tra i miei capelli, poi si schiarisce la voce.<br />
Alzo la testa per guardarlo. «A me puoi dirlo».<br />
Invece di rispondere mi bacia. E, anche se so che è una mossa stupida e che sicuramente mi ferirà di nuovo, lo bacio anch’io.<br />
Quando torno a guardarlo, i suoi occhi sono ancora agitati. «Non sono stato del tutto sincero con te», dice. Poi si allontana e guarda fuori dalla<br />
finestra. «Per le fiamme dell’Inferno, non sono stato per niente sincero con te».<br />
«Dimmi tutto», dico avvicinandomi.<br />
Fa l’ennesimo sospiro e si appoggia alla scrivania, come se facesse fatica a tenersi in piedi. Poi mi guarda dritto negli occhi e per quanto sia ancora<br />
spaventato ora sembra determinato. «Belias, Avaira e io…», dice lentamente, come se ogni parola equivalesse a una pugnalata, «veniamo tutti da…».<br />
«Frannie?». La voce di mia madre mi chiama dal fondo delle scale. Mi spaventa a morte. Come ho fatto a non sentirla rientrare?<br />
Di riflesso mi allontano da Luc. «Sì mamma?»<br />
«È la macchina di… Luc quella qui davanti?». Sembra che faccia fatica persino a pronunciare il suo nome.