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Lisa-Desrochers-Il-Bacio-Maledetto

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e improvvisamente sto male.<br />

Oh, Dio!<br />

Conosco questa sensazione, significa che succederà qualcosa di brutto. Mi ritrovo carponi, con le mani davanti alla bocca. Meno male che non ho<br />

mangiato.<br />

«Frannie!», Luc si china su di me. «Stai bene?».<br />

Cerco di scacciare dalla mia mente l’immagine di Ghalib, inerte e sanguinante, avvolto dalla polvere di una strada sterrata. È morto. «No», dico con un<br />

filo di voce, e mi sento soffocare.<br />

«Cosa c’è? Cos’hai?».<br />

Come posso spiegargli la situazione senza che mi prenda per pazza? Ma quando lo guardo qualcosa di profondo mi suggerisce che lui capirebbe. È<br />

l’unico che non penserebbe che sono uscita di testa. «Credo che Ghalib…». Ma non riesco a dirlo. «Niente. Adesso mi riprendo», dico, sperando che il<br />

dolore che ho nel petto non si trasformi in lacrime.<br />

Lui prende la lettera e la esamina. Poi alza le sopracciglia e dice: «Sta bene, Frannie. Sta andando in Afghanistan a trovare dei parenti e a cercarsi un<br />

nuovo lavoro. Non c’è niente di brutto».<br />

Non ho la forza di chiedergli come ha fatto a leggerla senza traduzione. «È morto».<br />

«Come fai a saperlo?»<br />

«L’ho visto».<br />

Di primo acchito sembra scioccato, ma è solo un istante, e capisco di essermi sbagliata. Non mi crede, e pensa che io sia fuori di me. Si piega e mi<br />

mette un braccio intorno alla vita. «Lascia che ti porti in infermeria».<br />

«No!», esclamo spingendolo via. «Dammi un minuto». Mi sdraio sull’erba, mentre continuo a sentirmi da schifo. L’immagine di Ghalib – come quelle<br />

degli altri – non se ne va. Matt è stato il primo, ma dopo di lui ne sono venuti tanti. Sono sempre la prima a sapere quando un amico di famiglia o un<br />

vecchio professore – insomma, chiunque abbia un legame con me – ci lascia. I loro volti seguono il lampo che mi squarcia la testa. E sono sempre morti.<br />

Mi alzo in piedi con uno sforzo immane, e Luc mi accompagna all’aula del professor Snyder, dove scrivo una lettera a Ghalib. Se avessi il numero<br />

proverei a chiamarlo, ma so già che è tutto inutile. La sua lettera porta la data di una settimana fa. <strong>Il</strong> professor Snyder sembra perplesso, ma promette di<br />

tradurla e spedirla entro sera.<br />

Per il resto delle lezioni Luc rimane al mio fianco. In un altro momento il suo atteggiamento protettivo mi darebbe fastidio, ma averlo intorno sembra<br />

essere d’aiuto, e quando usciamo da scuola e monto sulla sua macchina mi sento meglio.

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