su per il sentiero. «Dalla sera in cui ci siamo conosciuti, davanti a casa tua, non ho potuto smettere di pensare a te». La sua voce è di velluto e le gambe non mi reggono più. Mi viene incontro lentamente, finché è a pochi centimetri da me. Con le dita traccia un sentiero rovente sul mio zigomo. «Va tutto bene, Frannie. Sarà fantastico». Sento le sue mani brucianti attorno alla vita, che mi attirano verso un corpo ancora più caldo. Una nebbia nera si impadronisce del mio cervello e mi fondo con lui. Mi sembra di essere con Luc, non posso che perdermi nella sua stretta. Quando le sue labbra toccano le mie riesco a malapena a respirare. Le mie mani lo stringono e lo spingono contro il mio corpo. Poi un angolo della mia mente grida: “No!”. Tiro un respiro profondo e cerco di pensare. D’istinto, mentre lotto per mantenere un briciolo di lucidità, la mia mano si sposta sulla croce che mi penzola al collo. Con l’ultimo lembo di libero arbitrio mi libero dal suo bacio, lo guardo e gli sorrido. Poi, con un movimento secco, mi strappo la croce dal collo e gliela ficco in un occhio. Un ruggito bestiale fa tremare l’intero bosco e lui cade in ginocchio, con la faccia che sembra ribollire. Si illumina brevemente, come un miraggio, mentre qualcosa di terrificante inizia a trasparire sotto alla sua pelle. La puzza di zolfo mi fa tornare in me. Mi giro e corro a perdifiato, senza mai voltarmi. Non ho idea di cosa farò quando arriverò alla macchina. Ma c’era davvero una macchina? E Taylor e Riley, sono mai state davvero qui? Non so più cosa è reale. Cerco di non piangere, uno sforzo inutile visto che sto già piangendo, e tutto ciò che vedo correndo sul sentiero è una sfocatura di verde. Così non vedo Taylor finché non inciampo nel suo corpo esanime, e finisco con la faccia nella polvere. Mentre mi arrabatto per alzarmi, sento qualcuno che si muove nel bosco e avanza verso di noi. Belias. Maledizione! Afferro Taylor per le ascelle e la trascino, ma siamo troppo lente e lui ci raggiunge. La appoggio a un albero e mi paro davanti, assumendo la posizione di guardia del judo, proprio mentre Luc spunta dal bosco. «Frannie! Grazie a Dio!». Afferra Taylor e se la carica in spalla. «Andiamo!». Mi spinge davanti a sé sul sentiero, e quando arriviamo in strada getta Taylor sul sedile posteriore della Shelby, dove è sdraiata anche Riley, incosciente. Montiamo in macchina sbattendo le portiere. «Gesù, Luc! Che cosa…». Di colpo metto insieme i pezzi. Belias! Aveva una macchina identica a questa, quella sera. Questo non è Luc. Resto impietrita. «Oh, merda!». «Cosa c’è, Frannie? Ti senti bene?». Dà gas al motore e la Shelby parte sgommando, provocando una pioggia di ghiaia dietro di noi. Guardo Taylor e Riley sul sedile posteriore, poi di nuovo Belias. Cosa faccio? Respiro e cerco di pensare. Quando sollevo lo sguardo, in mezzo alla strada davanti a noi c’è una ragazza alta, dai capelli corvini. È la ragazza che ho visto nel letto di Luc. «Oh, merda!», dico di nuovo. Immagino che Belias rallenti, invece la fissa determinato attraverso il parabrezza e accelera. Alzo le braccia, aspettando lo schianto, invece scompare. Puf, non c’è più. In vista della strada principale, afferro il volante e sterzo. La macchina sbanda a destra e rischiamo di finire contro un albero. Belias recupera il controllo appena in tempo, riportando la macchina sulla strada sterrata. «Ma che diavolo stai facendo?» «Va’ all’Inferno!», grido cercando di appendermi di nuovo al volante, ma lui non me lo permette. «Frannie, smettila! Così ci ammazziamo». Lo guardo negli occhi. Dio, sembra proprio Luc. Poi mi ricordo quello che ha detto quando ci ha trovate sul sentiero: «Grazie a Dio». Immagino che Belias non lo direbbe mai. E Luc, lo direbbe? «Luc?» «Perché, chi pensavi che fosse?». La voce stridula proviene dal sedile posteriore. Faccio un salto e la puzza di uova marce mi soffoca. Mi volto e c’è il vero Belias, che ora non assomiglia per niente a Luc. Non ci sono dubbi sulla sua natura: esala vapore, ha la pelle cremisi, un volto spaventoso e senza espressione, le corna, e tiene per il collo le mie migliori amiche con le mani dotate di artigli. In effetti non potrei giurare che si tratti di Belias, non fosse per la melma nera che gli gocciola da dove una volta c’era l’occhio sinistro. Luc inchioda e per poco non finisco sul tappetino. Si volta e punta un pugno incandescente contro Belias. «Sei sicuro di volerlo fare?». Belias scuote i corpi inerti di Riley e di Taylor. «Vedo che Frannie non ha subito danni troppo gravi». Fa una smorfia orribile e le sue labbra coriacee si schiudono, scoprendo diverse file di zanne. «Avanti. Fai una prova». Luc «Luc?», dice Frannie, esortandomi con gli occhi. «Non posso». Lascio cadere il pugno. «Ha ragione. Se non le scherma morirebbero». Belias sorride soddisfatto. «Bravo bambino». «Che cosa vuoi?». Incredulo, tossisce e ride contemporaneamente. «Ma che domande fai? Pensavo che fossi più intelligente visto che sei arrivato al Primo livello». Per le fiamme dell’Inferno. Guardo Riley e Taylor. Posso sacrificarle per Frannie? La mia testa dice di sì, ma l’eco fastidioso della mia nuova coscienza mi avverte che sarebbe sbagliato. Tanto più che, se anche ne uscissimo vivi, Frannie non mi perdonerebbe mai. «Cosa dobbiamo fare?», chiedo con un groppo in gola. «Frannie esce dalla macchina», dice Belias indicando il lato destro, dove Avaira aspetta con espressione corrucciata, «e ci andiamo a divertire nel bosco», termina con una smorfia brutale. Vedo Frannie allungare la mano verso lo sportello, mentre l’aroma penetrante d’agrumi si trasforma in chiodi di garofano e uvetta, l’odore dolce e speziato della sua anima, pronta per essere portata via. La mia mano schizza ad afferrarle il polso. Lei cerca di divincolarsi, ma io scuoto la testa supplicandola con gli occhi. «Non abbiamo altra scelta, Luc», dice rassegnata. Si libera con uno strattone e la lascio andare, mentre con la mente cerco freneticamente una soluzione. Apre la porta e mi guarda un’ultima volta, prima di uscire e restare lì in piedi, vicino ad Avaira. Con una vampata di zolfo Belias appare al loro fianco e sbatte la portiera di Frannie. Avanzo lentamente e nello specchietto vedo Belias che trascina Frannie attraverso la strada, verso il bosco. Dal modo in cui cammina capisco che è debole, il crocifisso deve aver fatto più danno di quanto non dia a vedere. Non dovrebbe aver bisogno di Avaira, che invece lo segue con il pugno rovente alzato, puntato sulla Shelby. Di botto ingrano la retromarcia e parto a tavoletta, chinandomi per schivare il colpo di Avaira, che manda in frantumi il vetro posteriore. Belias lascia la mano di Frannie, e mentre solleva il pugno per colpirmi gli piombo addosso a tutta velocità. Lui vola sopra alla macchina e finisce sulla strada, davanti a me, ma non aspetto di vedere se si rialza. Inserisco la prima e apro la portiera del passeggero, rallentando quando raggiungo Frannie. Lei salta in
macchina, e ancora prima che chiuda la portiera io accelero e investo Belias, lanciandomi verso la strada principale. Frannie tira dentro i piedi e sbatte la portiera, poi si volta a guardare indietro, attraverso il vetro posteriore infranto, e vede la figura inerte di Belias nella polvere. Avaira è scomparsa. «È… morto?» «Purtroppo ci vuole ben altro che una Shelby Cobra per ucciderlo, ma sentirà la botta per un po’». Mi trema la voce. «In realtà è il crocifisso nell’occhio ad averlo danneggiato, spero a lungo termine». Le prendo la mano. «Tu stai bene?» «Credo di sì», dice tastandosi mentre raggiungiamo la strada principale. Le cingo le spalle con il braccio e mi accorgo che sta tremando. La stringo e decido che questa è la distanza massima a cui si troverà da me d’ora in poi.