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Un sorriso storto appare sul suo volto. «Eravamo felici. Ero un casinista allora, e suo padre era convinto che fossi il diavolo in persona. Una volta ha<br />
provato a mandarmi via col fucile». Ride. «Come se bastasse a mettere in fuga il Diavolo».<br />
«Come hai fatto a fargli cambiare idea?»<br />
«Non so se sia mai successo. Ma non gli ci è voluto molto a capire che amavo davvero sua figlia. E ho sempre cercato di essere buono con lei, quindi<br />
dopo un po’ immagino si sia arreso. Sapeva di non avere alternative».<br />
Do un’ultima occhiata alla foto e la rimetto sul comò. Indico la macchina e dico: «Ho… un amico che guida una Shelby Cobra del ’68».<br />
<strong>Il</strong> nonno diventa serio e aggrotta le sopracciglia. «Che genere di amico?».<br />
Per quanto mi impegni, non riesco a evitare che mi si stampi sulla faccia un sorriso beota. «Non lo so ancora».<br />
Sembra aver capito tutto, perché mi avverte: «Frannie… Lo sai che i ragazzi della tua età sono in cerca di un’unica cosa, vero?»<br />
«Nonno!».<br />
«È così che vanno le cose. Non lasciare che nessuno ti spinga a fare… lo sai…».<br />
«So come badare a me stessa».<br />
<strong>Il</strong> suo volto rimane contratto, ma i suoi occhi si addolciscono un po’. «Ne sono certo. I tuoi genitori l’hanno già conosciuto?»<br />
«Sì», dico esitando. «E li ha mandati fuori di testa».<br />
<strong>Il</strong> volto rimane severo, ma gli occhi si addolciscono e al nonno scappa un sorriso. «Se no a cosa servono i genitori?». Poi alza un sopracciglio e<br />
aggiunge: «Chiunque guidi una Shelby del ’68 non può essere del tutto cattivo».<br />
Gli butto le braccia al collo. «Grazie, nonno. Ti voglio bene».<br />
«Anch’io te ne voglio, Frannie».<br />
Quando il nonno mi riporta a casa, trovo qualcuno ad aspettarmi. Apro la porta e davanti mi vedo Grace, a braccia conserte. Ha la bocca contratta e<br />
mi fissa coi suoi intensi occhi azzurri. «Vieni con me, dobbiamo parlare».<br />
«Cosa c’è adesso?».<br />
Mi afferra per il braccio e tira. «Andiamo di sopra».<br />
Mi lascio trascinare su per le scale, fino alla mia camera. Mi avvicino alla finestra e lei chiude la porta.<br />
«So che trascuri le Letture», attacca col suo tono pratico, «ma nella Prima Lettera di Pietro, capitolo 5 versetto 8, è scritto: “Siate sobri, vigilanti! <strong>Il</strong><br />
vostro nemico, il Diavolo, va in giro come un leone ruggente, cercando qualcuno da divorare”. Satana mette in pericolo i deboli, Frannie».<br />
Abbandono la finestra e mi giro verso di lei: «Ma di cosa diavolo stai parlando?».<br />
Mi inchioda col suo sguardo severo: «Sai perfettamente di chi sto parlando».<br />
Accuso il colpo e mi si annoda lo stomaco.<br />
«C’è qualcosa di… oscuro in lui», aggiunge.<br />
Le lancio un’occhiata feroce: «Tu sei malata di mente, Grace. Esci dalla mia stanza».<br />
Uscendo mi guarda arcigna: «Pregherò per te».<br />
«Fuori!», le abbaio dietro.<br />
Chiude la porta e io mi butto sul letto. Atterro su qualcosa di duro, che si rivela essere una Bibbia, aperta alla Prima Lettera di Pietro. La lancio con<br />
tutte le mie forze contro alla porta e mi siedo prendendomi il volto fra le mani.<br />
Grace è pazza. Vero? O lo sono io? Non sono più sicura di niente. Era da tanto che non provavo sentimenti così forti e così fuori dal mio controllo. Non<br />
mi piace. Non so da dove vengano tutte queste emozioni, ma devo trovare il modo di farle smettere.<br />
Mi butto giù dal letto, rifugiandomi nella confortevole routine del judo. Ho scoperto questa disciplina quando avevo nove anni. Non sapevo perché mi<br />
attirasse tanto, ma già allora ero sicura che fosse ciò di cui avevo bisogno. Guardandomi indietro, mi rendo conto di essere stata fortunata, perché dopo<br />
la morte di Matt avevo silenziosamente imboccato il sentiero dell’autodistruzione. <strong>Il</strong> judo si è rivelato una panacea per la gestione della mia rabbia di<br />
bambina, l’unico canale utile per comunicare con quella rabbia. È una strana mescolanza fra lasciarsi andare del tutto ed essere pienamente padroni di<br />
sé, il massimo per tenere sotto controllo corpo e mente. Mi ha insegnato a mantenere la centralità su me stessa lasciando il resto fuori, in superficie. Se<br />
non lasci entrare niente, niente può farti del male. Non soffrirò mai più come quando Matt mi ha lasciato. Non sopravviverei.<br />
Quando finisco mi siedo sul letto, tiro fuori il diario di Matt e inizio a scrivere. Gli racconto tutto ciò che ho il coraggio di ammettere a me stessa,<br />
iniziando dal fatto che Luc sta in qualche modo aggirando le mie barriere difensive.