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greti <strong>di</strong> Fatima, le punizioni promesse al mal del secolo<br />
da Papa Pio.<br />
– Macché papi e madonne – s’arrabbia ziu Antoni, e argomenta<br />
a lungo, con rispetto per la mia istruzione, che la<br />
nostra stupi<strong>di</strong>tà normale basta e avanza per spiegare ogni<br />
male fatto da mano d’uomo:<br />
– È vero ch’è così? – mi fa severo, ma io nicchio: – Solo<br />
del male che non ci succede c’è da meravigliarsi – aggiunge<br />
poi.<br />
– E del bene? – gli chiedo.<br />
– Quale bene? – si meraviglia ziu Antoni.<br />
E mi fa ricordare mia madre, da bambino, la volta che<br />
<strong>di</strong> colpo è passata dalla gioia al pianto, perché una gran<br />
covata s’era aperta in una ni<strong>di</strong>ata perfetta <strong>di</strong> pulcini, senza<br />
un fallimento: ma era un bene malfido, da poter esser<br />
presi d’occhio per invi<strong>di</strong>a.<br />
E poi un giorno la madre <strong>di</strong> Benvenuto viene in comune<br />
ancora tutta mesta, per un certificato <strong>di</strong> famiglia. Ma la<br />
scheda non è aggiornata, dopo la morte <strong>di</strong> Benvenuto.<br />
Bisogna farlo al modo vecchio, su un lenzuolo <strong>di</strong> modulo.<br />
Sorgono problemi <strong>di</strong> mansionario tra gl’impiegati, e <strong>di</strong>scussioni<br />
sindacali. La cosa arriva fino a me. E appena mi<br />
vede, Barbarina scoppia a piangere:<br />
– Chi è stato, chi è stato? – ripete tra i lamenti.<br />
– La giustizia ha dato il suo parere – azzarda il segretario.<br />
Ma Barbarina s’indurisce:<br />
– Ecco un altro che me ne viene con la giustizia. Quale<br />
giustizia? Ma il tempo sarà maestro, per chi ha mio figlio<br />
sulla sua coscienza, e anche suo padrino.<br />
– Chi è questo padrino <strong>di</strong> Benvenuto? – ho chiesto,<br />
dopo, al signor Melis, il decano che stava preparando il<br />
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certificato a Barbarina, con la sua scrittura d’altri tempi.<br />
È impiegato non sindacalizzato, il signor Melis. Certe cose<br />
deve pur farle qualcuno, e tocca sempre a lui: per questo<br />
<strong>di</strong>ce che ormai da vecchio è <strong>di</strong>ventato qualcuno, finalmente.<br />
La mia domanda l’ha sorpreso:<br />
– Mariano Pistis era il padrino <strong>di</strong> Benvenuto, no? Non<br />
lo sapeva? Dicono anche ch’è per questo che s’è ucciso.<br />
Ecco qua: l’incesto. Ci mancava solo quello, povero Mariano<br />
Pistis.<br />
Ma il tempo era già stato maestro. Del caso Cadraus<br />
ormai solo l’emigrante che ritorna per la festa e chiede<br />
nuove ne riparlava. Ma io no. E la cosa cresceva. Come per<br />
un figlio o per un albero, che certe cose maturano t’accorgi<br />
ai passaggi dell’età e delle stagioni.<br />
«Nulla gli scivola <strong>di</strong> dosso a questo figlio tuo: se piove,<br />
tutta l’acqua se la prende lui.»<br />
Così a mia madre <strong>di</strong>ceva una vicina, e io ascoltavo dal<br />
mio nascon<strong>di</strong>glio preferito, il posto delle galline ovaiole.<br />
«Meglio così, sorella mia – rispondeva mia madre: –<br />
suo padre era tutto l’opposto, e ve<strong>di</strong> quanto bene n’è venuto,<br />
a lui e a quelli che ha lasciato.»<br />
Nel mio nascon<strong>di</strong>glio preferito ho pianto, quel giorno,<br />
e non sapevo perché: forse già allora volevo assomigliare a<br />
quel mio padre ignoto. Per sventatezze non mi sgridavano<br />
mai. Il mio puntiglio sì che infasti<strong>di</strong>va. E se <strong>di</strong>cessi quanto<br />
fasti<strong>di</strong>o dà a me il mio puntiglio? O che io invi<strong>di</strong>o molti,<br />
e perfino quelli del bar Centrale: perché sanno vivere, loro,<br />
e prendersi i piaceri concessi in questa nostra <strong>Fraus</strong>. Ma<br />
è meglio lasciar perdere. Che se volessi un po’ compianger-<br />
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