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che tutto succede per <strong>di</strong>segno consapevole, per trama intelligente<br />
<strong>di</strong> qualcuno che manipola nell’ombra le cose e<br />
le persone... Insomma, signor sindaco, gliela potrei proporre<br />
io, da giu<strong>di</strong>ce, una morale giusta, e <strong>di</strong>mostrarle un<br />
po’ che non è solo dagli altri che ci viene il male, ma anche<br />
dalle nostre impazienze, carenze e incomprensioni.<br />
– E perché non anche da errori ed omissioni? Se per<br />
me fosse facile farmi una ragione, avrei smesso da un pezzo<br />
d’elemosinare a rate un po’ d’ascolto.<br />
– Semmai c’è stato un <strong>di</strong>alogo tra sor<strong>di</strong>, no? Ma <strong>di</strong>ca<br />
un po’: cos’è tanto <strong>di</strong>fficile, per lei?<br />
– Io, vede, sono padre, e sindaco, e filosofo, e testardo:<br />
non mollo, io, ma l’Orco non vuole che si frughi in casa sua.<br />
– Ancora sempre coi complotti, e con gli scavi, e con<br />
quest’Orco...<br />
– Ancora lì, a pendolo tra le baldanze e le paure.<br />
– Sarebbe a <strong>di</strong>re?<br />
– Sarebbe a <strong>di</strong>re che se proprio ne devo cavare una morale,<br />
bisogna almeno che la soma s’aggiusti camminando:<br />
se no qui pesa troppo.<br />
– Io l’ascolto, professore, però continuo a non capirla.<br />
– Mi capisco io, signor giu<strong>di</strong>ce, mi capisco io.<br />
Non ci capisco niente, invece. E chi ci capirebbe? Non<br />
io, che pure sono figlio del mistero, non so se m’è scappato<br />
detto prima d’ora. E proprio lì, al giu<strong>di</strong>ce impassibile,<br />
non soltanto per colpa del cognac, mi viene voglia <strong>di</strong> parlare<br />
<strong>di</strong> questa mia rivolta antica al non poter capire, perché<br />
sono così ra<strong>di</strong>calmente orfano d’un padre che m’ha solo<br />
concepito e poi s’è perso in Russia, sul fronte del Don,<br />
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dalle parti d’un luogo chiamato Millerovo. Da Millerovo a<br />
mia madre è arrivata l’ultima cartolina <strong>di</strong> mio padre, alpino,<br />
ma non per questo meno <strong>di</strong>sperso nelle nevi della steppa.<br />
Millerovo: da bambino, complice mia madre, credevo<br />
che arrivassero da quella Millerovo le uova che covavano le<br />
galline a casa nostra: sapevo ch’era mio padre a mandarle<br />
giù da Millerovo, a mille a mille, a mia madre che <strong>di</strong> uova<br />
e <strong>di</strong> pulcini riforniva molti a <strong>Fraus</strong>. Ma poi hanno dovuto<br />
raccontarmi l’incre<strong>di</strong>bile. Tutto, e anche questo vorrei <strong>di</strong>re<br />
al giu<strong>di</strong>ce, se non fosse che ho imparato presto a leggere la<br />
noia <strong>di</strong> chi ascolta gli sfoghi come questo, e a vergognarmi<br />
più d’un ladro, da bambino, aggrappato alle gonne <strong>di</strong> mia<br />
madre che <strong>di</strong>ceva sempre a tutti quanti dei suoi guai <strong>di</strong> vedova,<br />
e implicitamente dei miei guai <strong>di</strong> orfano.<br />
Ma scappo via. Ritorno a <strong>Fraus</strong>. Io me ne torno a casa.<br />
M’accorgo a poco a poco che <strong>di</strong>voro lo stradone: come<br />
se a casa qualcuno m’aspettasse, in attesa delle nuove.<br />
Quali nuove? Non ci sono nuove. Non è successo niente,<br />
non è successo niente a <strong>Fraus</strong>: è solo l’Orco che ha patito<br />
un po’ alle viscere finché non s’è sgravato. Niente è successo:<br />
e chi lo <strong>di</strong>ce ha una voce importante nel capitolo:<br />
bisogna credergli per farsi una ragione.<br />
Fermo, esco dall’auto, in cerca d’aria e luoghi aperti.<br />
Fuori nella campagna buia lo vorrei gridare al vento a<br />
squarciagola che non è successo niente: non succede mai<br />
niente in posti come <strong>Fraus</strong>. Forse lo grido veramente, perché<br />
un cane lontano mi risponde, e io rispondo a lui, a<br />
lungo, come un’anima dannata, finché non sento in bocca<br />
un sapore antico che dev’essere <strong>di</strong> lacrime.<br />
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