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– Non ho bisogno che me lo ricor<strong>di</strong> tu, questo. Perché<br />
minacci, canaglia? Chi sei? Pronto!<br />
– Niente presentazioni. Si ricor<strong>di</strong> solo che ha un figlio<br />
da campare. E lasci perdere le cave e le miniere.<br />
– Che cosa vuoi da me? Pronto, canaglia. Pronto!<br />
Ma la canaglia ha già finito. E l’impiegata mi guarda<br />
con <strong>di</strong>sgusto.<br />
Sono fuggito dai telefoni, dal funzionario del prefetto,<br />
dalla voce vellutata d’aeroporto. Via in auto verso <strong>Fraus</strong>,<br />
verso casa nostra colpita da quest’altro fulmine. Divoravo<br />
la strada, a tratti. Poi mi fermavo a pensare, anche se non<br />
riuscivo. Eppure una cosa era chiara già da subito: ho in<br />
mano la vita <strong>di</strong> mio figlio: non ha una malattia incurabile,<br />
mio figlio, non sta morendo del gran male come il figlio<br />
del geometra comunale. Dipende soltanto da me.<br />
Gli ultimi chilometri me li sono bevuti, fino a <strong>Fraus</strong>.<br />
Sono corso dentro casa. Ho resistito a una voglia <strong>di</strong> sbarrare<br />
le porte e le finestre, e barricarmi dentro con mio figlio<br />
e con sua madre. li ho chiamati a gran voce, entrando,<br />
e dopo invece, appena li ho rivisti, ho finto noncuranza,<br />
la noncuranza solita <strong>di</strong> quando torno a casa, stanco e<br />
burbero.<br />
Occhi fissi sul piatto, ho cenato con la fretta che fa<br />
mugugnare mia moglie. Temevo <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>rmi, se li guardavo,<br />
lei o mio figlio. Loro sì, mi guardavano, e mi sentivo<br />
addosso il loro rimprovero.<br />
Mia moglie poi ha messo su il suo viso marmoreo da<br />
bisticcio. E bisticcio sia: ecco una buona idea, tanto per<br />
cominciare: l’ho accontentata, appena messo a letto nostro<br />
figlio. Che cos’hai? Che cos’hai tu, piuttosto! ... E giù pa-<br />
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role grosse. Lite dappoco però: lei sbatte subito la porta,<br />
e se ne va a frignare altrove. Un esor<strong>di</strong>o soltanto della recita<br />
a soggetto, che ho deciso così, senza pensarci, improvvisando.<br />
E sempre in pro <strong>di</strong> Miroglio e dei suoi soci. Perché<br />
quello è stato l’inizio del maneggio per riuscire a far<br />
partire i miei da <strong>Fraus</strong> senza sospetto.<br />
Poi, dopo, anch’io mi sono chiuso qui nel mio stambugio.<br />
Sul tavolo c’era il registratorino <strong>di</strong> mio figlio, che<br />
lui usa coi giochi sul computer. Volevo scrivere. Invece ho<br />
cominciato a registrare.<br />
Ecco, è giusto a questo punto che ho avviato il memoriale<br />
e ho scelto l’ira. Ne tenga conto, se qualcuno poi dovrà<br />
ascoltarmi, anche se non pretendo che si mette nei<br />
miei panni.<br />
È stato facile parlare. Poco prima, in auto, già parlavo<br />
quasi a voce alta, tutto il tempo, per una sessantina <strong>di</strong> chilometri,<br />
cambiando ogni momento il mio bersaglio: prefetto,<br />
magistrato, polizia, Miroglio, Miroglio specialmente,<br />
il gran bastardo, e il capo gabinetto del prefetto, e tutti<br />
quelli che la sanno lunga su questi fatti nostri, o così<br />
credono: e poi tutti coloro che dànno filo al ricamo fittizio<br />
che trasforma in elezione il nostro supposto romitaggio,<br />
e ne fanno materia d’indulgenti vaniloqui, come il<br />
britannico ufficiale alle nozze del sergente, tanto tempo<br />
fa, quando Benvenuto era ancora un ragazzo sequestrato:<br />
tutta gente che rinuncia a immaginare il mondo bello<br />
tondo quando pensa a luoghi come <strong>Fraus</strong>: cuore, testa o<br />
ano può esserne ogni punto, no? Gridavo che la nostra<br />
terra non confina più col mare, se mai ci ha separato l’ac-<br />
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