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in Casa dell’Orco. Abbiamo fatto solo gran<strong>di</strong> giri in camionetta<br />
nel paesaggio sconfinato <strong>di</strong> giare e tavolati.<br />
E Carletto verde <strong>di</strong> gelosia perché gli preferivo il maresciallo.<br />
E questa storia sempre tirchia <strong>di</strong> verosimile come<br />
<strong>di</strong> latte una pecora a settembre. A casa ritornavo pieno<br />
degli odori <strong>di</strong> campagna, rosmarino selvatico, acqua<br />
della Mandorla Amara, e qualche mandorla ancor fresca per<br />
un dolce che mia moglie ha imparato in continente: tutto<br />
per ammansirla, questa moglie scocciata e sospettosa<br />
del mio vivere.<br />
– Mi fai paura – m’ha detto una volta che tornavo a<br />
notte alta.<br />
– Anch’io – le ho replicato con voglie <strong>di</strong> sfogarmi.<br />
Il telefono m’ha svegliato nel cuore della notte. La<br />
notte del Rime<strong>di</strong>o, l’ultima sagra dell’estate a <strong>Fraus</strong>. Il solito<br />
incidente d’avvinazzati alla festa? Meglio il vino che<br />
la droga, comunque, se però la notte mi lasciassero un po’<br />
in pace.<br />
– Pronto, signor sindaco, venga subito.<br />
È Carletto:<br />
– Venire dove? Che cosa c’è?<br />
– A casa mia, subito.<br />
– Si può sapere cos’è successo?<br />
– Venga subito, è una sorpresa. A casa mia.<br />
– Non fare il fesso, Carletto. Sono le tre <strong>di</strong> notte.<br />
– Venga subito, signor sindaco. Fa prima lei a venire<br />
che io a <strong>di</strong>rglielo. L’aspetto sulla porta.<br />
Mia moglie mi guarda, in pie<strong>di</strong> sul primo gra<strong>di</strong>no della<br />
scala. Allargo le braccia con gesto rassegnato. Mi preparo<br />
a uscire.<br />
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Perché Carletto aveva quel tono <strong>di</strong> vittoria? Chiaro che<br />
il tetto in testa non gli è cascato. Ma se non ha per lo meno<br />
catturato Miroglio e i quaranta ladroni tutt’insieme,<br />
questa volta Carletto me la paga per tutto quello che m’ha<br />
combinato finora.<br />
Mi conduce subito in cantina, Carletto. Ci trovo suo<br />
padre e Giuseppe Espis, il minatore sindacalista in pensione.<br />
Bevono vino, in pie<strong>di</strong>, lo spillano dalla provvista <strong>di</strong><br />
Carletto. Alzano i bicchieri per salutarmi in silenzio. Il<br />
vecchio guar<strong>di</strong>ano ne riempie un bicchiere per me. Nauseante<br />
l’idea <strong>di</strong> bere vino lì a quell’ora. Faccio cenno <strong>di</strong> no,<br />
ma prendo il bicchiere offerto con energia.<br />
Carletto tira fuori i due sacchetti da sotto il mastello.<br />
Di circa mezzo chilo l’uno, saranno stati, <strong>di</strong> plastica trasparente.<br />
Apre un coltello a serramanico, mi guarda interrogativo:<br />
io sono intontito, e lui punge rapido i sacchetti<br />
nella parte superiore, versa un po’ <strong>di</strong> polvere bianca<br />
sul palmo sinistro, c’intinge l’in<strong>di</strong>ce destro e se lo lecca,<br />
cerimoniosamente, schiocca la lingua e guarda su al<br />
soffitto. Tutti lo guar<strong>di</strong>amo. Lui fa un boh! Alla lampa<strong>di</strong>na<br />
nuda bassa e polverosa. Mi avvicino, ripeto anch’io tutta<br />
l’operazione. Sapore amaro, sconosciuto. Mi sciacquo la<br />
bocca col vino, schiocco la lingua e quasi nitrisco in un<br />
brivido lungo.<br />
Sono due campioni della merda dell’Orco – <strong>di</strong>ce<br />
Carletto.<br />
– Chi è stato? Carletto, cos’hai combinato?<br />
– Macché Carletto – fa il padre: – È stata la vecchia<br />
guar<strong>di</strong>a.<br />
– Sono stato io il primo a capire che c’è del marcio in<br />
miniera – <strong>di</strong>ce Espis alzando il bicchiere a se stesso.<br />
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