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Perché adesso ci sto dentro fino al collo come padre...<br />
stavo per <strong>di</strong>rgli, ma mi son bloccato: del pericolo che corre<br />
il mio figliolo non riesco a parlare con nessuno forse perché<br />
mi si può solo prendere in parola, o forse per scaramanzia,<br />
comunque perché mi ci confondo, non ce la faccio a <strong>di</strong>rlo.<br />
– La paura è cattiva consigliera, professore. Lei ci<br />
scherza.<br />
– No, io non ci scherzo. Anzi, la sa una cosa? La paura<br />
e la speranza adesso per me vanno a braccetto. E sa perché?<br />
Me lo lasci <strong>di</strong>re, così mi sfogo almeno un poco: perché<br />
il giorno che vedrò una mano assassina levarsi su <strong>di</strong><br />
me, saprò d’aver assolto a tutti i miei doveri, e saprò che<br />
avevamo ragione noi fin dall’inizio.<br />
– Noi chi?<br />
– Be’, noi <strong>di</strong> <strong>Fraus</strong>. E voi allora dovrete vedervela con<br />
l’Orco.<br />
M’ha guardato severo, il magistrato:<br />
– Ricordo a me stesso, signor sindaco, che la sua memoria<br />
non pare più quella d’una volta...<br />
– La mia memoria? Ma allora è questo. È bene informato<br />
lei.<br />
– Sì, e so anche <strong>di</strong> sua moglie, che l’ha lasciata. Mi scusi,<br />
non sono affari miei, ma dovrebbe darsi un po’ una regolata.<br />
– Troppo giusto, le assicuro però che la memoria a me<br />
funziona bene. Sono altre le cose che non vanno.<br />
– Qualcuno qui ne dubita: lo metta in conto.<br />
– Lo metto in conto, sì, ma il conto non mi torna. E<br />
lei a farlo non m’aiuta.<br />
Ho un compagno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> giornalista, in città. Via dal-<br />
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la procura, sono andato a trovarlo. Gli propongo un bel<br />
colpo giornalistico, uno scoop, pensavo, gli faccio suonare<br />
la grancassa. E gli ho detto molto, quasi tutto, anche le<br />
mie paure, a parte l’ultima minaccia. E lui:<br />
– Ma questa, scusa, non è notizia, è un pesce marcio.<br />
– Come sarebbe? Non capisco, fammi capire.<br />
– Sei sindaco, è un problema tuo, questo qui, o d’un<br />
pretore, non del giornalista. Comunque, non esageriamo.<br />
– Anche tu mi pren<strong>di</strong> per matto?<br />
– No. Ma queste non sono cose che interessano il cronista.<br />
– Però scusa, se c’è chi ci usa per esperimenti illeciti...<br />
– È un problema <strong>di</strong> polizia, appunto. Non <strong>di</strong> giornalismo.<br />
– Ma perché Cristo santo tutti quanti vedete solo ciò<br />
che siete abituati a vedere? Così le prevenzioni <strong>di</strong>ventano<br />
omertà.<br />
– Cosa vuoi <strong>di</strong>re?<br />
– Che sei uno stronzo, ecco cosa voglio <strong>di</strong>re. Ma sei in<br />
buona compagnia. Comunque sto preparando un memoriale.<br />
Se mi succede qualcosa, quello salta fuori, stanne<br />
certo. Disporrò che ne abbia copia. E già vedo la tua faccia.<br />
– Come un’ape me n’andrei, dopo aver lasciato in voi<br />
il pungiglione – cita ridendo l’amico: – Comunque, sono<br />
cose tue, queste, signor sindaco. Dipende da te.<br />
Certo che <strong>di</strong>pende da me. Io però ho nausea <strong>di</strong> tutto questo<br />
fingere: <strong>di</strong> non sapere, <strong>di</strong> non aver visto, <strong>di</strong> non aver paura.<br />
Ma come faccio a convincere chi <strong>di</strong> dovere che bisogna<br />
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