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parato nuove solidarietà. Perché alla prima esperienza uno<br />
non trova neppure la strada per il cesso, e gli dànno fritture<br />
se soffre <strong>di</strong> gastrite. Ci dev’essere un compagno <strong>di</strong> sventura<br />
a insegnarti che un inserviente non è meno importante<br />
del primario, e che la caposala è più <strong>di</strong> Dio, ubiqua ed<br />
onnisciente. E chi se ne sta così un po’ sulle sue, in corsia,<br />
e si considera provvisorio, estraneo ai guai che lo circondano,<br />
quello allora si punisce, lo si priva <strong>di</strong> solidarietà.<br />
Ma siccome io ero tocco, m’hanno concesso <strong>di</strong>lazioni.<br />
E poi anche chi viene in visita deve imparare la creanza.<br />
Guai a chi <strong>di</strong>ssimula i doni al suo malato, non sistema i<br />
fiori ad ornare tutto il luogo, non s’informa delle analisi<br />
cliniche del vicino, della costipazione del <strong>di</strong>rimpettaio.<br />
Miroglio, è chiaro, non veniva da me con cartocci d’arance<br />
e mandarini, con acque minerali o fiori freschi. Però<br />
anche in questo Miroglio è <strong>di</strong>ventato un guastafeste. E sono<br />
dovuto correre ai ripari: avevo troppo bisogno <strong>di</strong> solidarietà,<br />
io. E ci sono riuscito. Ho ottenuto la complicità<br />
<strong>di</strong> molti per far intendere a Miroglio che il mio stato era<br />
sempre grave, anzi peggiorava. Io volevo evitarlo, quando<br />
veniva, e i compagni <strong>di</strong> corsia coprivano le mie fughe zoppicanti.<br />
Allarmi elaborati lo preannunciavano, io sparivo<br />
e poi gli <strong>di</strong>cevano ch’ero dovuto andare per analisi, per<br />
ginnastiche, per esercizi <strong>di</strong> memoria: inutili esercizi <strong>di</strong><br />
memoria, pover uomo. Infermieri e caposala erano complici<br />
alleati loro pure.<br />
Una mummia con dentro un muratore, caduto da un<br />
ponteggio ma contento del riposo in malattia, <strong>di</strong>ceva al<br />
neurologo che secondo lui io a Miroglio gli dovevo sol<strong>di</strong>:<br />
– Lei, signor sindaco, fa bene a <strong>di</strong>menticare tutto<br />
quanto – <strong>di</strong>ceva: – Capitasse a me, farei lo stesso.<br />
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Anche il neurologo s’è convinto che le visite <strong>di</strong> Miroglio<br />
erano <strong>di</strong>sastrose per i suoi sforzi terapeutici. E poi<br />
non c’era bisogno <strong>di</strong> fingerla, l’agitazione, quando<br />
Miroglio compariva. E così il me<strong>di</strong>co un giorno l’ha preso<br />
a parte e gli ha detto che sulla mia memoria bisognava<br />
farci una croce sopra: per<strong>di</strong>ta irreversibile, cancellazione<br />
definitiva dei ricor<strong>di</strong> a ridosso dell’incidente. E la caposala<br />
ha sentenziato che ormai io ero un sindaco portatore <strong>di</strong><br />
en<strong>di</strong>cap, poveretto: sempre in pro <strong>di</strong> Miroglio. Gli ha detto<br />
anche che come paziente ero esemplare e che li meritavo<br />
tutti i suoi succhi <strong>di</strong> frutta extratiepi<strong>di</strong>ni in quell’agosto<br />
torrido.<br />
E Miroglio non s’è fatto più vedere. Un paio <strong>di</strong> volte<br />
ancora ha ritelefonato: per ascoltare i sospiri della caposala<br />
sul povero sindaco <strong>di</strong> <strong>Fraus</strong> portatore <strong>di</strong> en<strong>di</strong>cap. Così Miroglio<br />
si permetteva solo più <strong>di</strong> rincorrermi in sogno nei locali<br />
del collegio finché riuscivo a sparire dentro l’organo.<br />
E poi un giorno arriva in reparto un traumatizzato<br />
della strada. Mi pare <strong>di</strong> conoscerlo. Della mia memoria<br />
appena rinata non osavo fidarmi ancora interamente, ma<br />
poi ho ricordato tutto su quest’ultimo venuto. Perché c’era<br />
un tale, lì con noi, uno <strong>di</strong> quelli che non sanno vivere:<br />
il suo ultimo fasti<strong>di</strong>o erano i pigolii notturni d’uccelli che<br />
dormono su un albero vicino a una finestra: come se poi<br />
in corsia <strong>di</strong> notte qualcuno ci riuscisse veramente a prender<br />
sonno: si teme, si spera, si pensa a casa. Questo tale<br />
comunque lamentava i bisbigli degli uccelli.<br />
– Impossibile – se n’esce il nuovo arrivato: – A meno<br />
che... Certo, per caso c’è un lampione nuovo fuori là vicino?<br />
Perché allora si spiega: gli uccelli in città devono abituarsi<br />
ai lampioni.<br />
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