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sol<strong>di</strong>, non correva così dal maresciallo: per cercare aiuto a<br />
non pagare, come ha detto subito la Vergine <strong>di</strong> Ferro (così<br />
la chiamo, ma in privato, l’assessore alla cultura e al<br />
tempo libero). D’altro non s’è parlato in giunta quella sera.<br />
Una decisione però l’abbiamo presa: che il sindaco doveva<br />
una visita alla famiglia <strong>di</strong> Benvenuto, famiglia <strong>di</strong> nostri<br />
buoni elettori. E il vicesindaco, capo degli alleati, doveva<br />
accompagnarmi.<br />
Quelli del bar Centrale ci hanno visti passare, me e il<br />
mio vice, andando a casa <strong>di</strong> Carnera. E una volta tanto il<br />
barista non ha fatto la solita pernacchia con la macchina<br />
del caffè sbuffando a tutta forza. Lo fa ogni volta che vede<br />
me passare, sindaco eletto dalla parte avversa a quelli<br />
del suo bar, la crema del comune che amministro indegnamente.<br />
Quasi fosse in lutto, la casa <strong>di</strong> Benvenuto era aperta ad<br />
ogni visita. Una donna con qualcosa sotto il davantale s’è<br />
infilata dentro avanti a noi: cibo pronto, come col morto<br />
in casa.<br />
– Oggi ne arriva in casa nostra <strong>di</strong> gente <strong>di</strong> riguardo,<br />
meschinetto figlio mio – comincia Barbarina appena entrati<br />
noi.<br />
– Ba’, come sarebbe – fa il mio vice: – Non siamo a<br />
questo punto. Eh, ne avrà d’occasioni sua madre <strong>di</strong> fargli<br />
ricordare a botte questa scappatella a Benvenuto.<br />
– No no, non ha quest’odore la faccenda – insiste<br />
Barbarina.<br />
– Ma guardate un po’ che donna, che per forza lo vuole<br />
malandato questo figlio – brontolava Carnera, suo marito.<br />
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E tutti intorno gli davano ragione, sgridando Barbarina.<br />
Ci hanno fatto sedere. In fondo alla stanza l’occhio colorato<br />
d’un televisore, e davanti bambini sopra se<strong>di</strong>e alte,<br />
dondolando le gambette nude. La madre dondolava il busto<br />
e con la testa <strong>di</strong>ceva sempre no, aveva ragione lei:<br />
– Ma la giustizia deve farlo pagare, Anacleto Cadraus,<br />
la giustizia.<br />
Io m’intrattenevo col padre. Le relazioni pubbliche<br />
però non le amo molto. Volentieri le delego al mio vice.<br />
Lui parlava a tutti, seminava ottimismo: eravamo lì per<br />
questo. E prometteva asfalto per la strada <strong>di</strong> Carnera, l’ultima<br />
bianca del paese, testimone delle piogge mancate a<br />
primavera e <strong>di</strong> tutti gli acquitrini <strong>di</strong> gennaio.<br />
Carnera, il padre, ci ha accompagnati fuori, andando<br />
via. E là, così, tra uomini:<br />
– Com’è che lo vedete voi, veramente, questo guaio? –<br />
<strong>di</strong>ce, e non ci guarda in faccia.<br />
Come la ve<strong>di</strong>amo noi gliel’abbiamo già detto in casa.<br />
Lui piuttosto, che conosce bene quel suo figlio, che ne<br />
<strong>di</strong>ce?<br />
– Benvenuto angelo non è. E questa è una delle sue –<br />
sospira Carnera guardandosi le scarpe. Poi però si lascia<br />
andare, non ce la fa più Carnera a fingere ottimismo sgridando<br />
le paure <strong>di</strong> sua moglie:<br />
– È cosa brutta, ve lo garantisco. Cosa non sopportabile.<br />
È come se... Ve li ricordate i pali da carro al tempo<br />
della messe?<br />
– Non siamo nati a Londra – ride il vice.<br />
– Allora immaginate d’averne uno piantato bene bene<br />
nel <strong>di</strong><strong>di</strong>etro... – E aspettava il nostro assenso, che tardava<br />
a venire:<br />
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