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L'oro di Fraus - Sardegna Cultura

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– Ma perché badate a queste scemenze? – protesta il<br />

padre.<br />

– Tutto serve – replica Carletto.<br />

– Le astronavi io le ho viste sul Muso dei Gatti. C’è un<br />

posto. Bisogna entrare dal filo spinato, in zona proibita, nel<br />

posto dell’albero delle mandorle amare, quello antico e solo.<br />

Il padre gli molla un ceffone. Io me lo prendo in <strong>di</strong>sparte,<br />

il padre. Gli <strong>di</strong>co che questa, sì, certo, questa storia<br />

è pericolosa e che dunque suo figlio deve stare zitto.<br />

– Non c’era bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmelo questo – protesta lui…<br />

– E secondo te – gli ho chiesto – sono stati gli altri<br />

due a trattare così Benvenuto?<br />

– Eh, questo, signor sindaco... Cosa conta il secondo<br />

me e il secondo te? Quello che uno vede, conta. Prima<br />

erano tre e poi dopo solo due. Tutt’e due pareva che li portassero<br />

tutti i <strong>di</strong>avoli. Questo ho visto, questo so. Voi ne<br />

sapete <strong>di</strong> più?<br />

– Sì – <strong>di</strong>ce Carletto: – Sì e no... Forse – aggiunge più<br />

piano.<br />

– Fate voi, allora. Be’, io adesso raccolgo il gregge per<br />

la mungitura. Se volete, restate, se le bestie non s’innervosiscono.<br />

Il padre ha lanciato il vincastro con maestria speciale.<br />

Figlio e cane sono corsi attorno fischiando ed abbaiando.<br />

Il sole riappariva andandosene <strong>di</strong>etro la Casa dell’Orco. E<br />

il calpestio <strong>di</strong> mille zoccoli ha avvolto il gregge in un polverio<br />

dorato, mentre io e Carletto tornavamo giù verso la<br />

Mandorla Amara: sotto i soliti mandorli ci aspettava la<br />

mia vecchia e infangata Centoventisette.<br />

Ripresa <strong>di</strong> settembre. Al liceo, esami <strong>di</strong> riparazione e<br />

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prime sedute del corpo insegnante. Una è de<strong>di</strong>cata al problema<br />

della droga. Tre relazioni: <strong>di</strong> un ufficiale <strong>di</strong> polizia,<br />

<strong>di</strong> un me<strong>di</strong>co e <strong>di</strong> un frate impegnato nel recupero. Poi <strong>di</strong>scussione.<br />

Un rito, come l’obbligo pasquale, ormai. Tutti<br />

ci sentiamo meglio, dopo, a parte la paura <strong>di</strong> un figlio nostro<br />

preso nella pania.<br />

– Noi si lavora come l’archeologo che incolla cocci per<br />

ricostruire un vaso, ma ne mancano sempre <strong>di</strong> quei grossi.<br />

Così esor<strong>di</strong>sce il poliziotto. Gli altri due riprendono<br />

l’immagine. Il frate concilia il suo ottimismo obbligato<br />

con quest’ultima prova, fornita dal drogato, che il mondo<br />

è vanità e corre rapido alla fine. Nella <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a inconciliabile<br />

delle cose l’entusiasmo morale fa loro immaginare<br />

consensi alla pietà. La carità fa da supporto ai sacrifici che<br />

la battaglia comanda.<br />

Carità morbida, mi pare. Però mi fa guardare dentro:<br />

anch’io voglio giustizia, mi vesto <strong>di</strong> carità <strong>di</strong> patria. E invece<br />

il problema è liberarmi da questa trappola, uscire<br />

dalle grinfie dell’Orco. E ho un’offesa da ven<strong>di</strong>care. Da<br />

raccogliere una sfida alla nostra intelligenza. Il resto è<br />

fronzolo, buono per una conferenza, ma non per farti andare<br />

incontro all’Orco.<br />

Ascoltandoli io ricordo il nostro eroe Brincu, così lo<br />

chiamano, pluridecorato, catturatore solitario del comando<br />

intero d’una brigata austriaca, illustrato a suo tempo da<br />

Beltrame sulla Domenica del Corriere. A tanta audacia Brincu<br />

s’è deciso dopo aver letto una lettera da casa: lo informavano<br />

che un ufficiale austriaco prigioniero a <strong>Fraus</strong> gl’insi<strong>di</strong>ava<br />

la fidanzata. L’eroismo è venuto dopo, da altra fonte,<br />

anche se Brincu l’ha fatto suo sinceramente. Adesso ha una<br />

targa in municipio e una strada a suo nome. Io, retorica<br />

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