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de una lapide piccolina, come si usa per i morti della strada.<br />
I fiori sono già <strong>di</strong> plastica. Il tempo è stato maestro.<br />
Meglio ricordarlo con gli ornati <strong>di</strong> leggenda delle storie<br />
orali, un morto come questo.<br />
Entra l’estate dalla mia finestra, notturna, settembrina,<br />
con molti grilli. È tar<strong>di</strong>. Meglio smettere il racconto.<br />
Sono pure stanco.<br />
Credevo <strong>di</strong> riuscire a raccontare tutto quanto questa<br />
notte. Non saranno le Confessioni d’Agostino, queste mie,<br />
ma per me non valgono meno del racconto <strong>di</strong> più <strong>di</strong> mille<br />
notti che voleva rimandare una condanna: è più importante,<br />
in specie se dovessero ridurmi a questa storia, i farabatti.<br />
A volte è quasi comico se penso che posso avere<br />
ascoltatori solo a costo <strong>di</strong> morirne. Dunque non ne auspico.<br />
Eppure ne vorrei, <strong>di</strong> ascoltatori postumi, perché sarebbe<br />
un male assai minore che m’esponga e che m’accoppino,<br />
se così dev’essere, per liberare i miei, e che la verità<br />
trionfi, niente meno. Ecco, l’ho detto, e tocco ferro.<br />
Di più non riuscirei nemmeno a <strong>di</strong>re <strong>di</strong> ciò che più mi<br />
preme, a questo punto. Ma bisogna parlarne a tempo e<br />
luogo. E poi decidere.<br />
In fondo, se anticipo un tantino, è per scusarmi e far<br />
capire un po’ le mie concitazioni. E infatti, guarda: ho<br />
avuto subito bisogno d’un bicchiere per compagno. Ma<br />
non c’è più verità nel vino. È più efficace un messaggio<br />
che sia sobrio. Questo però posso solo propormelo, d’essere<br />
sobrio ed essenziale, non prometterlo a u<strong>di</strong>tori temuti<br />
che esorcizzo. Io non vivo sulla riva dello stagno colpito<br />
dal macigno, ci vivo dentro, sotto, e il macigno ci è finito<br />
sulla testa. Da quaggiù i messaggi è <strong>di</strong>fficile farli arrivare<br />
in superficie senza deviazioni, nuvole <strong>di</strong> brusio, ansi-<br />
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ti da palombaro. E questa storia poi ti scappa e ti prende<br />
da ogni parte: come il lenzuolo <strong>di</strong> zia Brigida Garau l’anno<br />
delle cavallette, e che sotto il maestrale voleva stenderlo<br />
sui cavoli, e l’hanno ritrovata nell’orto che pareva<br />
una mummia tutt’avvolta nelle bende.<br />
– Sarò ingenua, sarò <strong>di</strong>stratta, ma io questo tuo<br />
Mariano Pistis non l’ho visto mai come un <strong>di</strong>verso – mi<br />
<strong>di</strong>ceva mia moglie quando l’hanno arrestato. Per quelli <strong>di</strong><br />
fuori è stato subito una calamita. Invece per noi era<br />
Mariano, e basta, senza etichette.<br />
– Pederasta lo chiamano, ma non è un’offesa? – protestava<br />
il mio vice: – Se cominciano con gl’insulti quello finisce<br />
male.<br />
– Coglionate, come se il sesso fosse tutto in un uomo<br />
– <strong>di</strong>ceva Veneranda, e sottolineava a proposito quel termine<br />
inau<strong>di</strong>to in bocca sua.<br />
– Il fatto è che da noi certe cose si dànno, e le si accetta:<br />
né si ostentano né si bollano – ho cercato <strong>di</strong> spiegare<br />
al magistrato inquirente. E se non suonasse male a<br />
orecchie più straniere, <strong>di</strong>rei adesso che qui gli stati interme<strong>di</strong><br />
tra l’essere maschi e femmine si vivono con una certa<br />
noncuranza.<br />
– Per <strong>di</strong>rne una: gli animali domestici, non sono quasi<br />
sempre ridotti a questi stati interme<strong>di</strong>? Mo<strong>di</strong>ficati per<br />
essere più utili. Buoi e capponi qui son sempre stati più<br />
comuni dei tori e dei galletti.<br />
– E dunque – <strong>di</strong>ceva il magistrato, – la pacatezza dovrebbe<br />
prevalere, no? Qui però si stuprano e si ammazzano<br />
ragazzi.<br />
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