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volete capire che il continente non esiste. Io lo so, ci son<br />
cresciuto, in continente.<br />
– Gesù, come siamo scesi in basso a <strong>Fraus</strong>! – s’è <strong>di</strong>sperato<br />
l’ex podestà il giorno che m’hanno fatto sindaco.<br />
Prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperdersi in Russia, mio padre è stato suo servo<br />
pastore. Io però lo volevo questo potere, per saggiare i<br />
miei piani, provare certi miei rime<strong>di</strong>. Ma sì che posso <strong>di</strong>rlo,<br />
qui, che il guaio è che un capo, per essere capo, paga<br />
prezzi alti. Sì, passa presto quello stato <strong>di</strong> grazia che ti fa<br />
sentire signore e servitore <strong>di</strong> tutti. La chiamano solitu<strong>di</strong>ne<br />
del capo. E sono ottimisti. Ci sono sempre impiastri a ronzare<br />
intorno al capo. Fanno la danza del miele. E solo pochi<br />
sanno che al capo si mostra il lato peggiore, mica solo<br />
il capo ai subalterni. E io che credevo che tra i vantaggi del<br />
capo ci fosse anche quello <strong>di</strong> farsi amare. Invece per<strong>di</strong> i veri<br />
e ottieni amici falsi. L’ha mai detto nessuno? Che si sappia<br />
<strong>di</strong> più in giro. Perché i vicoli ciechi del destino li mura<br />
anche la nostra imprevidenza. Ecco, come debolezza<br />
questa <strong>di</strong> sentenziare è la mia debolezza più forte.<br />
È a certi miei progetti che mi sono de<strong>di</strong>cato. Prima <strong>di</strong><br />
tutto a quello paesaggistico. Ne ho già detto. Ma non ho<br />
detto ancora dell’idea <strong>di</strong> raccogliere storie <strong>di</strong> vita <strong>di</strong> gente<br />
come tutti, da archiviare in municipio. Dirò anche <strong>di</strong><br />
questo, a tempo e luogo. Anche ad altro ho dovuto badare.<br />
Ma queste cose hanno a che fare con la mia storia.<br />
Specialmente il progetto paesaggistico.<br />
Perché io vorrei organizzare, ingentilire tutta la gran<br />
fetta <strong>di</strong> salto rude che dalla Casa dell’Orco s’insinua fino<br />
al centro <strong>di</strong> questa nostra <strong>Fraus</strong>. Paesaggio intimo ed<br />
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estraneo, un po’ come questa mia voce registrata, che risento<br />
sempre strana, strana <strong>di</strong> suono e spesso anche <strong>di</strong> senso.<br />
Tra l’altro bisognava fare presto i raffreddori <strong>di</strong> Roma<br />
fanno starnutire anche <strong>Fraus</strong>, avvertiva il mio vice, cemento<br />
armato della nostra coalizione. Non è stato facile.<br />
C’era chi lo considerava un lusso, il progetto paesaggistico,<br />
un volo della fantasia. E io mi sgolavo parlando d’investimenti<br />
a lungo termine, lavoro per i <strong>di</strong>soccupati, impiego<br />
oculato <strong>di</strong> fon<strong>di</strong> regionali e nazionali:<br />
– Mica an<strong>di</strong>amo a fotterci in casino i sol<strong>di</strong> pubblici,<br />
come facevano certi nostri predecessori ai tempi <strong>di</strong><br />
Giolitti, o quel podestà ch’è scappato in Argentina coi<br />
sol<strong>di</strong> raccolti per fare il monumento ai morti in guerra.<br />
Il progetto? Già, il progetto. Come faccio a parlarne<br />
qui? Ne parlo per giorni, se mi si dà la stura. Ne sanno<br />
qualcosa i miei colleghi <strong>di</strong> giunta.<br />
Acque sorgive della Mandorla Amara incanalate ad irrigare,<br />
macchie me<strong>di</strong>terranee da rifare dalle parti della<br />
Casa dell’Orco, una sistemazione della nostra zona archeologica<br />
<strong>di</strong> Cavanna intorno al pozzo sacro preistorico,<br />
e certi movimenti <strong>di</strong> terra per conformare il suolo tutto<br />
quanto a terrazze coltivate a vigna e ulivo <strong>di</strong>gradanti per<br />
chilometri, giù da Casa dell’Orco fino al centro neoclassico,<br />
sì proprio neoclassico, orgoglio nostro che strani<br />
frauensi del secolo scorso han costruito dopo abolite decime<br />
e tributi feudali (ma la festa è durata poco: fino all’unità).<br />
E poi alberi alberi alberi, come si <strong>di</strong>ce fosse un tempo,<br />
con migliaia <strong>di</strong> mandorli su su fino al Muso dei Gatti,<br />
dove solitario un mandorlo c’è ancora, coi suoi frutti amari,<br />
enorme, pendulo sul precipizio.<br />
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