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– E la mosca, invece? – chiedo io <strong>di</strong>stratto: ed abituato<br />
ai mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> Veneranda assessore alla cultura, che una<br />
volta <strong>di</strong> se stessa ha detto d’essere <strong>di</strong> quelli condannati a<br />
rimembrare Adamo ed Eva, se solo vedono una mela, o se<br />
va bene Guglielmo Tell o Biancaneve (il pomo della <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a<br />
però mai: per le bellezze si sapeva fuori gioco).<br />
– La mosca... La mosca è stupida, entra in panico, scervellata,<br />
svolazza a casaccio – <strong>di</strong>ceva intanto lei: – Sbatte<br />
da ogni parte e può riuscirle d’infilare per caso il buco<br />
verso la salvezza.<br />
– Morale della favola? Aspetta, lascia che indovini...<br />
Beati i poveri <strong>di</strong> spirito? Oppure no: l’impreve<strong>di</strong>bilità<br />
della scoperta?<br />
– Anche, se vuoi. Qui però la morale per me è la procedura<br />
coi suoi limiti. Come l’ape sarà vittima <strong>di</strong> tanta<br />
perfezione.<br />
– E il delinquente, allora, che cos’è: è mosca o ape?<br />
– Il delinquente è stupido. E come <strong>di</strong>ceva un tuo collega<br />
antico, contro la stupi<strong>di</strong>tà sono impotenti anche gli dei.<br />
Ma ecco l’ape che riesce a schizzare fuori dalla bottiglietta,<br />
e ricade sul tavolo invischiata nella bibita:<br />
– Visto? Anche l’ape è stupida abbastanza, e la fa franca.<br />
– Certo – fa lei osservandola dappresso: – Infatti è un<br />
fuco, un maschio con meno cervello d’una mosca.<br />
Hanno puntato sulla carta della checca, così loro chiamavano<br />
Mariano in gergo citta<strong>di</strong>no. Se lo sono lavorato a<br />
turno, senza complimenti, con l’avvocato già attestato<br />
nell’ultima trincea, l’infermità mentale, intera o solo a<br />
mezzo.<br />
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– Il canarino sta per cantare – c’informa il segretario<br />
un pomeriggio.<br />
– Non è vero – quasi grida Carletto più verde del suo<br />
solito: – Non è vero. Non è stato lui.<br />
– No, non sono stato io – ripeteva Mariano sempre più<br />
debole, in caserma.<br />
– E chi l’ha detto che sei stato tu?<br />
– Tutti me lo volete far <strong>di</strong>re, che sono stato io.<br />
– No, è qui che ti sbagli. E sai perché? Perché hai paura.<br />
– Lei al mio posto cosa avrebbe?<br />
– Io al tuo posto mi fiderei della giustizia. Che cosa ho<br />
detto io finora? Ho detto: cerchiamo <strong>di</strong> vedere se può essere<br />
stato il Pistis: così dopo an<strong>di</strong>amo avanti colle indagini.<br />
Chiaro?<br />
– Se lo <strong>di</strong>ce lei, sarà anche chiaro.<br />
– Oh, benissimo allora.<br />
– Io sto malissimo, signor tenente, qualcuno mi deve<br />
aiutare.<br />
– Ma siamo qui noi, no? Non è vero avvocato?<br />
– Sì, ma se sta male, però, si potrebbe lasciare a domani...<br />
– No no, avvocato. Così restiamo ancora con questo<br />
dubbio. È meglio far piazza pulita dei sospetti, eh,<br />
Mariano?<br />
– Sì, signor tenente.<br />
– Certo, perché sei tu il superteste del caso Cadraus.<br />
– Se lo <strong>di</strong>ce lei, è così, signor tenente.<br />
– E certo ch’è così. Dunque allora ricominciamo daccapo.<br />
Benvenuto è arrivato in tintoria poco dopo mezzogiorno.<br />
A quell’ora tu Mariano stavi già chiudendo per il<br />
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