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imane impassibile e annoiato. Sento ondate d’affetto per<br />
lui farsi sempre più gonfie. Il segretario non ha reazioni.<br />
Tento un affondo:<br />
– Tu, Carletto, ti ricor<strong>di</strong> se te n’ho mai parlato <strong>di</strong> Miroglio?<br />
– Io? No. Mai sentito. Mai sentito un nome così.<br />
– Un nome così a <strong>di</strong>re il vero ce l’aveva l’asino <strong>di</strong> tuo<br />
padre, se è per questo – incomincio, e m’accorgo troppo<br />
tar<strong>di</strong> che questo proprio non dovevo ricordarlo, non dovevo<br />
<strong>di</strong>rlo. E Carletto s’illumina:<br />
– Ma... ma lei si ricorda <strong>di</strong> mio padre, e del suo asino<br />
Badoglio. Ma lei sta guarendo...<br />
È eccitato, Carletto, lieto e sorpreso. Valeva la pena fare<br />
quella gaffe. Farfuglio qualcosa sulle complicazioni<br />
della mia amnesia. Devo parlare con Carletto senza il dottor<br />
Zammataro. Mi viene un’ideuzza:<br />
– Dopo le spiego il favore che vorrei da lei – <strong>di</strong>co al segretario,<br />
e mi alzo dal letto: mi lamento dell’imbracatura<br />
che mi tiene ritta la spina dorsale:<br />
– Ho bisogno d’aggiustarmi questo basto da somaro,<br />
accidenti... Carletto, tu sei già pratico no? M’hai già aiutato<br />
una volta a metterlo a posto. Vieni con me <strong>di</strong> là in<br />
palestra dammi una mano con questi finimenti. Lei ci<br />
scusi un momento, dottor Zammataro.<br />
– Ma io con quest’apparecchio non l’ho mai aiutata –<br />
<strong>di</strong>ce Carletto appena soli.<br />
– Be’, ti sembra così strano che uno smemorato si ricor<strong>di</strong><br />
male?<br />
E quella cosa <strong>di</strong> tuo padre e del suo asino Badoglio sai<br />
com’è che la ricordo? L’ho sognata stanotte. Nel sogno<br />
c’eri tu, tuo padre, l’asino, i cani, la Casa dell’Orco, mar-<br />
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ziani sbarcati alla miniera. Ora però non riesco più a mettere<br />
a fuoco...<br />
– Ma è tutto vero, signor sindaco. È verissimo, tutto,<br />
eccetto quei marziani. Anche quelli però sono un po’ veri.<br />
Perché lo sa chi sono quelli? Adesso glielo spiego.<br />
Quelli sono gli assassini <strong>di</strong> Benvenuto Cadraus. Si ricorda,<br />
no, <strong>di</strong> Benvenuto? Glien’ho parlato l’altra volta. Sono<br />
tecnici della Val Ciglione. Anzi, <strong>di</strong>cono così, ma non è vero.<br />
Fingono <strong>di</strong> coltivare funghi in galleria, ma forse fanno<br />
prospezioni per il talco. Oppure coltivano funghi per nascondere<br />
che stanno raffinando droga. Insomma, quelli<br />
sono il pericolo <strong>di</strong> <strong>Fraus</strong>. Sono capaci <strong>di</strong> tutto, quelli.<br />
– Cos’hai scoperto <strong>di</strong> nuovo da quando io sono in ospedale?<br />
– Volevo entrare a portar via un po’ <strong>di</strong> quella roba, loro<br />
la chiamano... come la chiamano?<br />
– Micelio – <strong>di</strong>co io, e Carletto mi guarda come uno<br />
guarderebbe il fantasma <strong>di</strong> suo padre. Quasi m’abbraccia,<br />
se non fosse per l’imbracatura, e per la gerarchia che m’innalza.<br />
– Carletto, qui bisogna usare la testa. La cosa è seria.<br />
– A chi lo <strong>di</strong>ce.<br />
– La memoria m’è tornata. Ma devo fingere <strong>di</strong> no.<br />
Perché l’incidente non è stato un incidente. Volevano farmi<br />
fuori, i farabutti.<br />
– E chi sono i farabutti?<br />
– Gli stessi che hanno incastrato te e tuo padre. Gli<br />
stessi che forse hanno ucciso Benvenuto. I marziani alla<br />
Casa dell’Orco.<br />
– Torno a <strong>Fraus</strong> e li stano io stavolta i figli <strong>di</strong> cane.<br />
– Sta buono, Carletto. Sono gente furba. Ce n’è uno<br />
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