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Deci<strong>di</strong>ti, vigliacco, mi ripeto, pensa che hai famiglia:<br />
se devi fare il parafulmine ti devi far notare, mostrarti,<br />
farti avanti tu per primo. Mi vergogno, mi decido e salgo<br />
per la scala buia e un poco fetida. C’è una targa: e un’agenzia<br />
<strong>di</strong> pratiche automobilistiche, in uno stambugio<br />
vecchio, umido, le mattonelle traballanti, e un impiegato<br />
precario più del resto:<br />
– Cerco il signor Giuseppe Miroglio.<br />
– Chi? – fa lui, scrutandomi al <strong>di</strong> sopra degli occhiali.<br />
– Il signor Giuseppe Miroglio. M’hanno detto che sta<br />
qui.<br />
– E chi è?<br />
– Se lo sapessi non sarei qui a chiederlo.<br />
– Io qui ci sono vent’anni, caro lei, ma non so nemmeno<br />
<strong>di</strong> che cosa sta parlando.<br />
E ride. Io non rido. Insisto, ma lui niente. Gli mostro<br />
il numero <strong>di</strong> telefono:<br />
– È il mio – <strong>di</strong>ce: – è il numero qui dell’agenzia.<br />
– Ce l’ha da molto?<br />
Ma lui s’arrabbia, offeso, chissà perché. Io me ne vado,<br />
prima che anche questo mi prenda per suonato.<br />
– Ah sì – fa il magistrato: – Stavo appunto per chiamarla<br />
io. Ecco qua... – E cerca qualcosa che non trova, e<br />
brontola: – Dov’è? dove <strong>di</strong>avolo è finito? – e lo ritrova:<br />
– Ecco qua: è un fonogramma dalla questura <strong>di</strong> Genova,<br />
arrivato stamattina. Dice: «Miroglio Giuseppe fu Defendente<br />
e <strong>di</strong> Rebaudengo Giuseppina, nato a Castell’Alfero<br />
il 2.11.1940, è deceduto in seguito a incidente stradale<br />
a Celle Ligure il 20 agosto ultimo scorso». Giusto un<br />
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mese fa. Visto che rapi<strong>di</strong>tà? Certe volte funziona perfino<br />
la nostra polizia. Ma mi <strong>di</strong>ca, a che le serve quest’informazione?<br />
Io mi alzo. Ho un capogiro, mi torna la nausea <strong>di</strong> tutti<br />
questi mesi e mi lascio ricadere sulla se<strong>di</strong>a a sopportare<br />
il peso <strong>di</strong> tutti i nostri guai e <strong>di</strong> quest’altra beffa.<br />
– Che le sta succedendo, signor sindaco?<br />
Non gli rispondo. Non lo sento nemmeno: mi stor<strong>di</strong>sce<br />
la vergogna, una vergogna intollerabile. E cerco terra<br />
ferma in un mondo liquido che mi scroscia tutto intorno.<br />
– Signor sindaco, che cosa le succede? – mi domanda<br />
trasformato dall’allarme, e io mormoro soltanto:<br />
– Niente, niente.<br />
– Come niente? Non sta bene?<br />
Ma io sto già pensando, e riesco a farlo in positivo, sto<br />
vedendo che non è meno goffo <strong>di</strong> quando vuol salirci, il<br />
maiale che scende dal canniccio del pollaio. E mi prende<br />
un riso, un riso nervoso che mi passa subito e poi mi lascia<br />
vuoto:<br />
– Me lo vuole rileggere, per favore, questo fonogramma?<br />
E lui me lo rilegge, il fonogramma <strong>di</strong> questura su<br />
Miroglio morto in automobile in Liguria. È chiaro: te lo<br />
fanno risultare defunto ufficialmente a mille miglia un<br />
mese prima che Carletto lo buttasse in bocca all’Orco.<br />
Bravi! grido quasi, e batto un pugno sul tavolo del giu<strong>di</strong>ce.<br />
Lui mi guarda spaventato. E mi vien voglia <strong>di</strong> fargli<br />
le boccacce, che tanto lui mi crede matto già da un pezzo:<br />
– Io, vede signor giu<strong>di</strong>ce, io non sono adatto a organizzare<br />
<strong>di</strong>ffidenze, lei lo sa. Ma così non può finire. No, io<br />
così le cose non le lascio.<br />
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