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L'oro di Fraus - Sardegna Cultura

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per una visita formale. Un sindaco del resto è anche capo<br />

dei servizi <strong>di</strong> polizia, nel suo comune. Ha un fare da novellino,<br />

questo pretore nuovo, incerto e ricettivo. Gli <strong>di</strong>co<br />

tutto, ho pensato, anche questa paura <strong>di</strong> finire male, e invano<br />

per <strong>di</strong> più. Gli <strong>di</strong>co <strong>di</strong> questo sogno <strong>di</strong> mala morte<br />

che si prolunga in dormiveglia, e tutto accade come non ci<br />

fosse più speranza <strong>di</strong> ponderazione, ma solo il precipizio a<br />

freni rotti verso ciò che nessuno ha mai potuto immaginare<br />

per se stesso, e poi riprendo lena col pensiero che in fondo<br />

finire non dev’essere talmente duro, se uno riesce a pensare<br />

ai tanti morti conosciuti vivi, e ai morti illustri, come<br />

per me Tommaso Moro, via via fino a ricavare una figurazione<br />

del gran numero dei più che riempie il mondo.<br />

I morti miei sono tutti <strong>di</strong> là, nella stanza che <strong>di</strong>ciamo<br />

degli ospiti. E poi una fettina del gran numero dei più sta<br />

nell’anagrafe elettronico al comune. A quanti finora ho firmato<br />

io il certificato che li fa morti ufficialmente? Anche<br />

senza Miroglio alle calcagna, forse capita a molti <strong>di</strong> fare<br />

un po’ allo stesso modo gli esercizi della buona morte.<br />

– Ma che c’entra adesso... quella cosa? – protestava<br />

sempre mia nonna, mescolando scongiuri e giaculatorie.<br />

– Eia, che c’entra – infieriva nonno, e rideva, il nonno<br />

con metà dei pie<strong>di</strong> congelati sul Carso. Lui aveva una visione<br />

pigra della morte, la pensava fine d’ogni fatica, <strong>di</strong>ceva<br />

che pregava <strong>di</strong> morire per riposarsi, non avere più<br />

seccature, non dover più muoversi sui mezzi pie<strong>di</strong> remigando<br />

come un’anitra. È morto stravecchio, dopo sua figlia,<br />

e <strong>di</strong>ceva certe cose:<br />

– Quand’ero ancora vivo io – <strong>di</strong>ceva, e a me sembrava<br />

consolante: forse si sente già a riposo, pensavo.<br />

Di là, nella stanza degli ospiti c’è il letto grande e al-<br />

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to <strong>di</strong> mia madre, anzi: <strong>di</strong> mia madre e <strong>di</strong> mio padre, perché<br />

certo il lutto nostro tenace ha riservato in tutte le notti<br />

<strong>di</strong> mia madre il posto per mio padre sul lettone.<br />

Oppure <strong>di</strong>re al pretore la fatica <strong>di</strong> questo pendolare tra<br />

baldanze ed apatie: tra propositi <strong>di</strong> fare come farebbero al<br />

mio posto quelli del bar Centrale (il barista fa sbuffare<br />

sempre la macchina del caffè quando passo nei paraggi) e<br />

la tensione morale, come <strong>di</strong>cono i compagni, la tensione<br />

ideale che ti solleva in alto come un fantaccino armato cavaliere.<br />

Troppo instabile il mio umore per fare la mia visita al<br />

pretore. Seduto nella finzione <strong>di</strong> giar<strong>di</strong>netto davanti al<br />

mio liceo, osservo i bambini che giocano: cerco d’immaginare<br />

un mio futuro d’uso saggio dell’ozio, senza cacciarmi<br />

in guai altrui: godermi i lussi che si può concedere<br />

l’intelligenza non necessitata. Come questi bambini.<br />

Ecco perché i bambini hanno così spesso quest’aria da filosofi,<br />

rassegnati a vivere con gran<strong>di</strong> sciocchi e prepotenti,<br />

sapendo che tanto è provvisorio. Insomma, apatia e<br />

baldanza quella mattina erano tutt’e due a portata d’umore.<br />

Mi sono deciso ad attraversare la strada per entrare<br />

al mandamento. Deciso forse è <strong>di</strong>re troppo. Ormai c’ero<br />

ed ero lì per questo.<br />

Sul Caso Cadraus il pretore sapeva già tutto quanto<br />

può sapere chi legge i giornali. Ma <strong>di</strong>sposto a saperne <strong>di</strong><br />

più. M’ero già preparato cosa <strong>di</strong>rgli e come <strong>di</strong>rglielo. Ho<br />

insistito sulla Casa dell’Orco. Cercavo d’allarmarlo. Però<br />

misuravo bene le parole e ritagliavo <strong>di</strong> questi fatti ciò che<br />

mi pareva più cre<strong>di</strong>bile. Lui intanto giocava con un ta-<br />

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