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Speciale Sardegna - Centro Studi e Ricerche Aleph

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aggrappata alle spalle, seguito dalle due fedeli amanti<br />

amazzoni. Dopo avermi sorpassato, si fermarono un<br />

po' più avanti, giusto il tempo di scaricare la kawatari,<br />

che gli aveva frastornato la testa durante tutto il<br />

viaggio, perché voleva venire con me.<br />

— Nni videmu a Giurgenti (Ci vediamo ad Agrigento)<br />

— mi gridò Nino, mentre riprendeva la corsa.<br />

— Tu pò scurdari (Te lo puoi scordare) — gli gridai.<br />

Nonostante una certa simpatia per quell'eccentrico<br />

compaesano, mi causava non poco disagio il fatto<br />

che mi avesse preceduto nella conquista di un premio<br />

come quello. E con la mia spinta per giunta.<br />

Fu così che feci il resto della Transamazzonica<br />

insieme a Rorò. Passammo un mucchio di altre<br />

peripezie durante il tragitto, ma superai ogni avversità<br />

grazie alla presenza confortevole di quella piccola<br />

forza della natura. Sempre pronta... all'uso, mi aveva<br />

fatto persino dimenticare a che cosa servissero gli<br />

indumenti che seguitavano a stare ammonticchiati nel<br />

portabagagli. Non staccavo un istante gli occhi dalla<br />

strada né lei il suo corpo dal mio.<br />

Un'innata sapienza amatoria la portava a tenermi<br />

senza sosta eccitato e lucido. Con dolcezza o con<br />

veemenza, con incomprensibili filastrocche bisbigliate<br />

o urlate, con languide nenie o forsennati canti. E poi<br />

le mani. Ah, quelle mani. Sembrava che<br />

conoscessero da sempre la topografia della mia pelle<br />

quanto quella della sua fetta di foresta, o forse<br />

proprio perché la ignoravano, trovavano un folle<br />

piacere ad esplorarla.<br />

Quasi senza accorgercene, arrivammo ai piedi delle<br />

Ande dopo alcune migliaia di chilometri e decine di<br />

riformimenti di fortuna. Fummo costretti a vestirci:<br />

anche dopo avere spento l'aria condizionata eravamo<br />

rimasti nudi, ma adesso avevamo freddo davvero.<br />

A Quito ci accolse un branco di giornalisti, fotografi,<br />

agenti pubblicitari, agenti letterari, editori, attori,<br />

registi, produttori di cinema e approfittatori vari,<br />

avvisati da Nino & motoamanti che avevano fatto da<br />

staffetta.<br />

Mi vidi stranamente nella sequenza di un ulteriore<br />

mediocre western, nel ruolo del "picciotto" legato al<br />

palo insieme alla "picciotta", Rorò per l'occasione. Ma<br />

i selvaggi erano loro, quei rumorosi visi pallidi armati<br />

fino ai denti di macchine fotografiche, cineprese,<br />

flash, spot, taccuini, registratori, microfoni... e ci<br />

ballavano attorno un'assordante sarabanda di lampi,<br />

urla, risate, domande, esclamazioni, richieste di<br />

autografi in una ridda infernale di lingue<br />

incomprensibili.<br />

Confesso che sul momento mi entusiasmò tutto<br />

quell'interesse del mondo concentrato su di noi, ma<br />

presto mi resi conto che non ero fatto per un tipo di<br />

vita come quella, dipendente dagli umori della fama.<br />

Mi accorsi che Rorò invece si era adattata in fretta<br />

all'ambiente febbrile del jet set: in un mese aveva<br />

fatto il salto epocale. Vi si trovava a suo agio come se<br />

fosse stata da sempre una star del cinema o della tv.<br />

L'affidai così a un gruppo di agenti che l'avrebbero<br />

avviata a una luminosa e folgorante carriera artistica.<br />

Io invece mi eclissai al più presto insieme alla mia<br />

Landau, substrato e simbolo di quel piccolo ritaglio di<br />

felicità che ero riuscito a guadagnarmi e che mi<br />

sforzo ancora disperatamente di difendere.<br />

© Giuseppe Butera<br />

butera@ucdb.br<br />

Progetto Babele Dodici<br />

Vivere per raccontarla<br />

di G.G.Marquez<br />

Prezzo € 8,40<br />

425 p., brossura<br />

Oscar Mondadori 2004<br />

C’è un tempo, nella vita di qualsiasi<br />

uomo, in cui si guarda al proprio<br />

passato e si ricorda tutto quello che si<br />

è stati. Si parte dall’innocenza<br />

dell’infanzia e si termina con la<br />

saggezza della senilità, passando per<br />

il vigore giovanile e la formazione<br />

umana che si completa.<br />

Gabriel Garcìa Marquez è un uomo di<br />

settantasette anni, con una vita<br />

avventurosa alle spalle; questo libro,<br />

una sorta di testamento spirituale,<br />

narra i primi ventisette anni della sua<br />

esistenza, ed è il primo di una possibile trilogia di futura<br />

pubblicazione. C’è tutto e di più: le descrizioni dei personaggi della<br />

sua famiglia e delle situazioni di povertà in cui versava la famiglia<br />

Marquez negli anni venti; lo stile di vita degli anni liceali e le prime<br />

esperienze di scrittura dell’autore; le diffidenze del padre nei<br />

confronti della sua grande voglia di essere uno scrittore; le varie<br />

collaborazioni giornalistiche con i maggiori quotidiani colombiani.<br />

Attorno a Marquez cambia anche la storia, ricca di eventi importanti.<br />

Nel descriversi adolescente, lo scrittore ricorda i grandi cambiamenti<br />

storico-politici in Colombia, le dittature che hanno portato solo<br />

povertà e degrado nei quartieri più bassi di Bogotà, le sue illustri<br />

amicizie con i grandi scrittori del tempo, tra cui molti personaggi<br />

politici di spicco.<br />

Non un semplice libro ma, usando le stesse parole dell’autore, “il<br />

romanzo di tutta una vita” e definizione più giusta non poteva essere<br />

data. Chi conosce le opere dello scrittore colombiano, premio Nobel<br />

nel 1982, sa bene che romanzi come “Nessuno scrive al colonnello”<br />

oppure “Cent’anni di solitudine” sono soltanto rivisitazioni<br />

favoleggiate della sua vita e di quella della sua famiglia. Invece<br />

questo libro è la vita di Marquez, senza fantasticherie o ambiguità.<br />

Anche per questo, “Vivere per raccontarla” è appassionante, come<br />

uno dei tanti romanzi dell’autore.<br />

L’autore non esce quasi mai dagli schemi della narrazione e, quando<br />

lo fa, è per collegare ad un determinato evento dell’infanzia un<br />

momento successivo. Il libro è pieno di questi continui spostamenti<br />

di tempo: alla sua vita infantile, si alternano episodi che accadranno<br />

solo in età avanzata, anche quando l’autore è in procinto di scrivere<br />

queste memorie.<br />

C’è tanta povertà nel mondo infantile di Marquez così come in<br />

gioventù, al tempo delle prime prove narrative, ci sono tante<br />

disquisizioni letterarie. Si parla del divenire uno scrittore e del<br />

mantenere sempre viva la fiamma dell’artista. Come possiamo<br />

vedere, Marquez ha alimentato bene la sua fiamma interiore, tanto<br />

da regalare una perla stilistica di immenso valore ai suoi lettori. Una<br />

biografia perfetta, in cui il particolare ha la sua importanza e dove<br />

ogni scena non è messa a caso.<br />

Lo stile non annoia e il lettore si sente quasi come uno di famiglia, a<br />

cui Marquez racconta la propria storia. Si entra in contatto con il<br />

mondo che gira intorno a Gabito (nomignolo delle scrittore) e si<br />

conosce Luisa Santiaga, sua madre, forte e amabile sin dal primo<br />

incontro; il nonno Nicolas, colonnello nella guerra dei Mille Giorni e<br />

uomo da cui Marquez carpirà le caratteristiche principali per uno dei<br />

suoi tanti personaggi fantastici, il colonnello dell’omonimo romanzo;<br />

il fratello Luis Enrique, timido in famiglia e spaccone con le donne e<br />

tanti altri.<br />

Ci sembrerà di essere incarnati nello scrittore colombiano e con lui<br />

rivisiteremo tutti i luoghi più cari, i bar più frequentati, le sedi dei<br />

giornali che lo hanno visto crescere e formarsi, come scrittore ma<br />

soprattutto come uomo. Per capire che Macondo, il leggendario e<br />

mitico paese immaginario di “Cent’anni di solitudine” è proprio il vero<br />

mondo dove G.G.Marquez ha trovato le possibili risposte ai quesiti<br />

che la vita gli ha posto e una via di fuga dalle frivolezze del<br />

quotidiano.<br />

© Una recensione di Danilo Gentilozzi<br />

- 11 -<br />

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