Speciale Sardegna - Centro Studi e Ricerche Aleph
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Modenesi che si preparano alla lotta, come li vede il poeta:<br />
chi si mise una scarpa e una pianella,<br />
e chi una gamba sola avea calzata,<br />
chi si vesel a rovescio la gonella,<br />
chi cambiò la camicia con l'amata;<br />
fu chi prese per targa una padella<br />
e un secchio in testa in cambio di celata,<br />
e chi con un roncone e la corazza<br />
corse bravando e minacciando in piazza. (I, 11)<br />
D'altronde, il Tassoni è un maestro dell'understatement, come si<br />
direbbe oggi: già sono ben poco roboanti i versi d'apertura del<br />
poema:<br />
Vorrei cantar quel memorando sdegno<br />
ch'infiammò già ne' fieri petti umani<br />
un'infelice e vil Secchia di legno<br />
che tolsero a i Petroni i Gemignani. (I, 1)<br />
che sembrano non voler troppo disturbare, ed infatti, come è nella<br />
critica classica del Momigliano, non ci stupisce l'osservazione che<br />
"La Secchia si risolve tutta in una serie di macchiette, in cui si<br />
tradisce l'attitudine a cogliere, per semplice spasso, gli aspetti<br />
triviali della vita e degli uomini". Il che per Momigliano è un po'<br />
poco, perché quello che non è macchietta è a suo modo di vedere<br />
ricalcato sui modelli dell'Ariosto e del Tasso. Sul giudizio di<br />
Momigliano certo pesava la severità già mostrata da De Sanctis e<br />
Croce contro il secentismo, il barocco in letteratura insomma (per<br />
dirlo un po' in formule). Certamente ne “La Secchia rapita”, il<br />
Tassoni mescola vari generi più o meno umoristici, riesce comico,<br />
satirico, burlesco, e non manca un po' di invito al turismo (e alla<br />
bevuta) ante litteram:<br />
Ma dove lascio di Sassol la gente<br />
che suol de l'uve far nettare a Giove,<br />
là dove è il dí piú bello e piú lucente,<br />
là dove il ciel tutte le grazie piove?<br />
quella terra d'amor, di gloria ardente,<br />
madre di ciò ch'è piú pregiato altrove,<br />
mandò cento cavalli, e intorno a mille<br />
fanti raccolti da sue amene ville. (III, 47)<br />
Eroe (alla maniera di un poema eroicomico, ovviamente) è il<br />
donchisciottesco Conte di Culagna, non esattamente un tipo<br />
coraggioso:<br />
Quest'era un cavalier bravo e galante,<br />
filosofo poeta e bacchettone<br />
ch'era fuor de' perigli un Sacripante,<br />
ma ne' perigli un pezzo di polmone.<br />
Spesso ammazzato avea qualche gigante,<br />
e si scopriva poi ch'era un cappone,<br />
onde i fanciulli dietro di lontano<br />
gli soleano gridar: - Viva Martano. - (III,12)<br />
Martano era il più vile dei personaggi dell'Orlando Furioso di<br />
Ludovico Ariosto, che un altro poeta di corte, Vincenzo Brusantini,<br />
autore di una riscrittura piuttosto scollacciata del poema<br />
ariostesco, "L'Angelica innamorata" (circa 1530), aveva fatto<br />
giacere, tra gli altri, con Angelica stessa, prova che le virtù della<br />
donna si erano perse nel trasbordo da Boiardo ed Ariosto ai suoi<br />
successori. Non stupisce che il conte di Culagna finisca<br />
cornificato, e cerchi di avvelenare la moglie Renoppia, condottiera<br />
a sua volta (una specie di Amazzone) finendo invece avvelenato<br />
egli stesso. Del resto, non era quel che si dice un fenomeno nel<br />
corteggiamento. Ecco le sgrammaticate e scombiccherate parole<br />
che dice a Renoppia:<br />
- O, diceva, bellor de l'universo,<br />
ben meritata ho vostra beninanza;<br />
ché 'l prode battaglier cadde riverso,<br />
e perdé l'amorosa e la burbanza.<br />
Già l'ariento del palvese terso<br />
non mi brocciò a pugnar per desianza;<br />
ma di vostra parvenza il bel chiarore,<br />
sol per vittoriare il vostro quore. - (X, 7)<br />
Progetto Babele Dodici<br />
- 54 -<br />
Per fortuna però che non mancano medici e farmacisti (o speziali,<br />
se volete) ed il conte di Culagna viene aiutato coi mezzi<br />
dell'epoca, rozzi, ma evidentemente efficaci, compresa una<br />
rudimentale analisi delle urine:<br />
Il Coltra e 'l Galiano, ambi speziali,<br />
correan con mitridate e bollarmeno,<br />
e i medici correan con gli orinali<br />
per veder di che sorte era il veleno.<br />
Cento barbieri e i preti co i messali<br />
gl'erano intorno e gli scioglieano il seno,<br />
esortandolo tutti a non temere<br />
e a dir devotamente il Miserere. (X, 52)<br />
Anche Renoppia però mescola le maniere da gran signora con<br />
delle uscite un po' da popolana, come in quest'ottava, quando si<br />
tratta di difendere la propria virtù:<br />
A questo dir chinò Renoppia bella<br />
prestamente la man con leggiadria,<br />
e si trasse di piede una pianella;<br />
ma l'orbo fu avvisato, e fuggí via.<br />
S'alzaron que' signor ridendo, ed ella<br />
gli ringraziò di tanta cortesia,<br />
e con maniera signorile e accorta<br />
gli andò ad accompagnar fino a la porta. (VIII, 75)<br />
E sì che il Tassoni ce la mette proprio tutta per dare un quarto di<br />
nobiltà al suo poema, si rifà niente meno che allo pseudo-Omero<br />
della Batracomiomachia (la battaglia dei topi e delle rane), un<br />
poema che ispirerà due secoli dopo anche il giovane Leopardi,<br />
una comicità d'annata per così dire:<br />
Girò lo sguardo intorno, onde sereno<br />
si fe' l'aer e 'l ciel, tacquero i venti,<br />
e la terra si scosse e l'ampio seno<br />
de l'oceano a' suoi divini accenti.<br />
Ei cominciò dal dí che fu ripieno<br />
di topi il mondo e di ranocchi spenti,<br />
e narrò le battaglie ad una ad una<br />
che ne' campi seguîr poi de la luna. (II, 43)<br />
Anche il cavalier Titta è un personaggio interessante, una specie<br />
di dongiovanni (il Tassoni nella premessa lo definisce uno “zerbin<br />
romanesco”), ed è contro di lui che si volge l'ira di Culagna dopo il<br />
fallito avvelenamento. Ma Titta è chiaramente una specie di<br />
raccomandato, ed è probabilmente più valoroso del conte (ma ci<br />
vuole poco):<br />
Ma gli amici di Titta avendo intesa<br />
la disfida, s'uniro in suo favore;<br />
e feron sí che la sua causa presa<br />
e terminata fu senza rigore:<br />
anzi, perch'ei serviva in quella impresa<br />
contra Bologna e 'l Papa suo signore,<br />
fu scarcerato come ghibellino<br />
senza fargli pagar pur un quattrino. (XI, 5)<br />
Tutto bene la comicità dunque: ma la poesia? I giudizi surcigliosi<br />
di molta critica, specie ai primi del novecento, che vedeva un<br />
poema eroicomico come un esempio del disimpegno e del<br />
disinteresse per la politica, tipico del seicento, secolo che in Italia<br />
è ricordato come quello dell’oppressione spagnola, tenderebbero<br />
a farci pensare che la poesia sia latitante. Ma in concreto ci sono<br />
delle ottave veramente riuscite dal punto di vista poetico? Io non<br />
sono un critico, ma da appassionato vi dirò che mi colpisce molto<br />
la descrizione geografica di Modena: ci si sente la passione del<br />
cittadino, e nello stesso tempo il poeta (specie gli ultimi due versi<br />
sono un po’ di maniera, ma ben torniti e levigati).<br />
Modana siede in una gran pianura<br />
che da la parte d’austro e d’occidente<br />
cerchia di balze e di scoscese mura<br />
del selvoso Apennin la schiena algente;<br />
Apennin ch’ivi tanto a l’aria pura<br />
s’alza a veder nel mare il sol cadente,<br />
che su la fronte sua cinta di gielo