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Speciale Sardegna - Centro Studi e Ricerche Aleph

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CimEnA<br />

Ovvero, la commedia all’italiana.<br />

A cura di Giampaolo Giampaoli<br />

Ridere fa bene alla salute, questo lo sanno tutti. Non per niente il<br />

comico è il genere cinematografico che nel nostro paese da<br />

sempre riscuote maggiori consensi e appassiona larghe fasce di<br />

spettatori, dai giovani ai vecchi, da i più o meno colti. Ma a che<br />

genere di film comico merita assistere? Perché non si può certo<br />

dire che questo stile si sia mantenuto lungo una linea costante<br />

con il passare del tempo. Direi tutto l’opposto: abbiamo avuto<br />

registi e interpreti di vario livello, più o meno propensi verso un<br />

prodotto commerciale. Ed ecco la parola incriminata, quella che<br />

nessuno vuole sentire: eppure nel cinema comico, spesso e<br />

volentieri, si è riusciti a coordinare l’esigenza di un prodotto<br />

artisticamente accettabile, con una diffusione soddisfacentemente<br />

larga. In questo articolo cercherò di ricostruire la storia della<br />

cosiddetta commedia all’italiana, citando autori e attori, anche se<br />

premetto fin da adesso che non sarà possibile ricordare tutti i<br />

meritevoli, essendo sterminata la panoramica dell’argomento che<br />

sto per trattare. Il cinema comico italiano emerge negli anni<br />

Cinquanta dalle spoglie del neorealismo. La commedia di quel<br />

periodo porta ancora con sé molte delle caratteristiche portanti<br />

dello stile cinematografico che la precede. Infatti, spesso le<br />

ambientazioni sono neorealiste, come è senz’altro neorealista la<br />

tendenza degli autori a proporre stereotipi ben presenti<br />

nell’immaginario pubblico. Il povero che si arrangia, la ragazza<br />

ingenua raggirata dal mascalzone, la moglie noiosa, il ricco che<br />

non si lascia impietosire dalla povertà altrui. Tutto questo c’è già in<br />

alcune ottime pellicole di Vittorio De Sica, che partendo dal<br />

neorealismo portò innovazione. Agli attori di strada, gente comune<br />

messa davanti alla cinepresa per immortalare uno spettacolo<br />

realistico, il noto attore e regista preferì professionisti in cerca di<br />

esprimere a pieno le loro qualità. Da qui la geniale idea di imitare i<br />

grandi divi di Holliwood. Ampio spazio veniva concesso anche al<br />

gentil sesso e tutti sappiamo i risultati conseguiti da Sophia Loren<br />

e da Gina Lollobrigida. In questo la commedia anni cinquanta<br />

preannuncia la futura commedia all’italiana, ma lo fa anche nella<br />

palese attenzione per una realtà sociale difficile, la realtà sociale<br />

dell’immediato secondo dopoguerra, quando ancora tutto era da<br />

ricostruire. Una decina di anni dopo si poté iniziare a parlare di un<br />

nuovo cinema comico, destinato a crescere e a evolversi<br />

costantemente, per cercare un consenso sempre maggiore da<br />

parte del pubblico. Padri di questo neo genere i registi Risi,<br />

Monicelli e Comencini, ma anche una lunga serie di attori spesso<br />

di non trascurabili capacità, come Manfredi, Tognazzi, Giannini,<br />

Mastroianni, Vitti, Melato, Gassman, Antonelli e così via.<br />

L’attenzione al sociale già sperimentata nella commedia anni<br />

Cinquanta, adesso diventava assoluta. Al centro di tutto il boom<br />

economico, un’Italia in piena corsa che voleva ad ogni costo il suo<br />

posto al sole tra i paesi più ricchi, veloce come una macchina che<br />

cerca “Il sorpasso”. In questo mondo che all’apparenza sembrava<br />

migliore, apparve sulla scena l’italiano medio, ben presto uno<br />

stereotipo a cui non si poté rinunciare. Abile nell’arte di<br />

arrangiarsi, superficiale quel tanto che bastava per prendere la<br />

vita con ironia, ma anche deciso al momento del bisogno. Molti<br />

abili attori diedero un volto a questo modello, non poco conosciuto<br />

e apprezzato anche all’estero, ma quello che lo incarnò fino a<br />

presentarlo in tutte le sue molteplici forme, fu senza dubbio<br />

Alberto Sordi. Da “La Grande<br />

Guerra” e “Un americano a<br />

Roma”, al “Dottor Guido<br />

Tersilli…..”, questo strabiliante<br />

interprete seppe conquistare il<br />

cuore dei suoi connazionali,<br />

senza mai privarsi nel prenderli<br />

bonariamente per i fondelli.<br />

Sordi è ricordato e<br />

probabilmente lo sarà sempre,<br />

come una parte della nostra<br />

storia nella seconda metà del<br />

secolo scorso. Ma la commedia<br />

all’italiana non fu solo lui. Anzi,<br />

la varietà e numerosità dei<br />

registi e degli attori che<br />

Progetto Babele Dodici<br />

- 44 -<br />

lavorarono in questo genere cinematografico fu eccezionalmente<br />

notevole. Tutti insieme seppero rappresentare una società dai<br />

mille e più aspetti. La palestra dove mettere a confronto le<br />

capacità dei singoli “addetti ai lavori” fu il filone dei noti film a<br />

spezzoni o a episodi. Un nome per tutti, quel “Boccaccio 70” che<br />

contemporaneamente mise all’opera Fellini, De Sica, Monicelli e<br />

Visconti, ma per chi volesse appassionarsi al genere consiglio<br />

anche un’altra ottima pellicola, “I Mostri” di Risi. Questa numerosa<br />

schiera di attori e registi della commedia con il passare degli anni<br />

si cimentò in altri generi, addirittura neanche Sordi fu solo comico<br />

e non lo fu nell’indimenticabile “Un borghese piccolo piccolo”, ma<br />

tutti prima o poi tornarono al cinema per far ridere, regalando al<br />

grande schermo opere di rinnovata qualità negli anni Settanta e<br />

Ottanta: è il caso de “Il marchese del grillo”. Ai primi grandi registi<br />

seguirono altri che cercarono sempre più di conciliare un prodotto<br />

di qualità con una larga diffusione. Fu il caso di Pasquale Festa<br />

Campanile, anche scrittore, padre della commedia erotica. Uno<br />

dei risultati maggiori che questo autore raggiunse cercando una<br />

sinergia tra letteratura e cinema fu “La ragazza di Trieste”, dove<br />

Ornella Muti raggiunse uno dei suoi maggiori risultati. La svolta<br />

per Festa Campanile si era attuata con “Le voci bianche”. Da lì<br />

una produzione sterminata, cinquanta titoli in venti anni, tra cui<br />

alcune pellicole che risultano tutt’ora di interesse, come “Il merlo<br />

maschio”, con il trio Buzzanca, Antonelli e Toffolo. Di minore<br />

spessore l’altro protagonista della commedia all’italiana, Luciano<br />

Salce, l’autore dell’italiano perdente. Spesso, però, il regista per<br />

appagare questo suo incontenibile bisogno di esprimere<br />

mediocrità, finiva per abbandonarsi ad una morale palesemente<br />

qualunquista. I suoi risultati più alti furono i due primi Fantozzi, ma<br />

viene spontaneo arguire che gran parte del successo di queste<br />

due “storiche” pellicole va al loro interprete, un Paolo Villaggio non<br />

solo attento ai significati, ma anche alle particolarità linguistiche.<br />

Questi registi hanno lavorato nel periodo che vide anche<br />

l’irrompere di un altro genere comico di ben minore livello,<br />

battezzato con la parola inglese che si traduce “spazzatura”.<br />

Protagonisti di questo filone una schiera di attori di discutibili<br />

capacità tra cui Renzo Montagnani, Alvaro Vitali, Carmen Russo,<br />

Nadia Cassini, Anna Maria Rizzoli, Adolfo Celi e molti altri.<br />

Rivalutate proprio in questi ultimi anni, non si può nascondere che<br />

la banalità di tali pellicole era effettivamente notevole. Magari<br />

merita ricordare che alcuni degli attori menzionati si impegnarono<br />

anche in produzioni migliori. Fu il caso di Adolfo Celi e Renzo<br />

Montagnani impegnati nella saga di “Amici Miei”, firmato Monicelli.<br />

Eccoci alla successiva produzione degli anni Ottanta. Una<br />

produzione eccezionalmente incoraggiante per quanto concerne i<br />

numeri, ma deludente da un punto di vista qualitativo. Alcune<br />

pellicole di Celentanto ne sono state una palese dimostrazione:<br />

film che hanno fatto registrare al botteghino incassi stratosferici,<br />

ma di fatto ripetitivi e destinati con il tempo a sfiorire come<br />

qualsiasi tipo di moda. Pensiamo a “Bingo Bongo” e a “Il bisbetico<br />

domato”, ma è solo per fare due nomi. Quasi mai mancava la<br />

compagna femminile e ormai sulla cresta dell’onda procedeva

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