Speciale Sardegna - Centro Studi e Ricerche Aleph
Speciale Sardegna - Centro Studi e Ricerche Aleph
Speciale Sardegna - Centro Studi e Ricerche Aleph
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Progetto Babele Dodici<br />
RISCOPERTE<br />
Alberto Cantoni (1841-1904), un umorista di difficile collocazione<br />
INTERVISTA A FABIANA BARILLI<br />
autrice della tesi di laurea “L’umorismo critico di Alberto Cantoni”<br />
A cura di Carlo Santulli<br />
Com’è nato questo interesse per Alberto Cantoni?<br />
Il mio interesse per Alberto Cantoni è nato in occasione della<br />
stesura della tesi di laurea: dovendo compiere uno studio, ho<br />
preferito concentrare la mia attenzione sulla letteratura locale, e in<br />
particolare su Alberto Cantoni perché sapevo che era un autore<br />
tanto poco studiato, quanto interessante per il panorama<br />
novecentesco in quanto ne è stato in buona parte precursore<br />
(dato non trascurabile visto che mi laureo in letteratura italiana<br />
contemporanea). Lo stimolo poi è stato ancora più forte vista<br />
l’annata particolare: nel 2004 ricorre il centenario della morte<br />
dell’autore pomponescano (che precisamente è deceduto il giorno<br />
11 aprile 1904); la ricorrenza si dimostra significativa, anche se si<br />
vuole cercare di non cadere nell’odiato “cancro della retorica”,<br />
come nelle facili e sterili commemorazioni. Piuttosto spero che<br />
l’anniversario possa essere fruttuoso per incoraggiare a riportare<br />
un poco alla luce un autore importante e lungimirante come<br />
Alberto Cantoni è stato.<br />
Di Alberto Cantoni colpisce la notevole qualità e l’apparente<br />
facilità della scrittura. Eppure, nonostante le critiche<br />
favorevoli, per esempio di Luigi Pirandello, l’oblio intorno al<br />
suo nome non si è mai del tutto diradato.Qual è la tua<br />
spiegazione personale del perché Cantoni è uno scrittore<br />
così poco conosciuto?<br />
I motivi per i quali Alberto Cantoni è ed è stato piuttosto in ombra<br />
nel panorama letterario sono da ricercare in più di una direzione.<br />
Anzitutto bisogna riconoscere che lui non ha mai voluto fare<br />
troppo per cercare di evitare questo fatto, trincerandosi dietro il<br />
suo carattere schivo e la sua volontà di non allontanarsi dalla<br />
patria nativa per difendere il valore secondo lui più importante: la<br />
libertà (tanto da anagrammare il suo nome in «Nato con libertà»).<br />
Evidentemente il Nostro avvertiva l’aderenza a circoli e correnti,<br />
l’adesione a idee ben precise, la partecipazione a salotti e<br />
discussioni letterarie come una minaccia per il suo quieto vivere,<br />
di cui era tanto geloso non solo nell’ambito della sua “professione”<br />
di scrittore, ma anche di tutta la sua vita. Impossibile non<br />
considerare che tale posizione, nascosta dietro una certa timida<br />
ritrosia, ma indicativa soprattutto di compiaciuto e anche un po’<br />
altezzoso distacco, gli è stata permessa anche dal suo ceto<br />
sociale, ovvero dalla carica di ricco possidente: se non avesse<br />
avuto le possibilità economiche e avesse dovuto fare dei suoi testi<br />
anche uh mezzo di sostentamento, credo che avrebbe fatto di più<br />
per promuoversi, o almeno non avrebbe fatto tanto per isolarsi. Il<br />
suo carattere burbero e rissoso non gli ha infatti risparmiato<br />
antipatie e allontanamenti anche da parte dei poche che avevano<br />
cercato di allontanarlo: esemplare in tal senso è la volontaria<br />
rottura nel 1901 da parte di Cantoni con Giovan Battista Intra,<br />
prefetto della Reale Accademia Virgiliana di Mantova, della quale<br />
poche anni prima il pomponescano era stato nominato socio<br />
effettivo. Anche in questo caso ha avuto la meglio la natura di<br />
autore ribelle, anarchico ed anticonformista, sprezzante verso la<br />
critica e le istituzioni (Canotin non frequentò nemmeno la scuola<br />
da giovane, convinto che questa, con le sue regole e i suoi<br />
formalismi, gli avrebbe “succhiato” i suoi migliori “aliti vitali” e le<br />
sue più vivaci ispirazioni).<br />
Altro motivo che non ha reso facile la ripresa degli studi<br />
cantoniani, anche in epoche più recenti , magari sotto lo stimolo<br />
dell’uscita della raccolta delle sue opere a cura di Riccardo<br />
Bacchelli nel 1953, deve essere stata la relativa chiarezza critica<br />
che si è delineata nei rari saggi apparsi nel corso del tempo, da<br />
ricercarsi soprattutto fra studiosi locali (se si escludono due nomi<br />
come Benedetto Croce e Luigi Pirandello). Il fatto più fuorviante, a<br />
mio parere, è stato quello di volerlo “incasellare in una corrente<br />
letteraria ben precisa, e di volerlo fare rimanendo più attaccati ai<br />
clichè della letteratura di fine Ottocento, piuttosto che vedere in lui<br />
una personalità già più proiettata verso le problematiche e le<br />
forme scrittorie del novo secolo, anche se di questo ha potuto<br />
vivere solo pochissimi anni. C’è stato così che lo ha definito<br />
bozzettista, chi verista, chi scapigliato; chi ha voluto dividere<br />
- 36 -<br />
nettamente la sua produzione in due, se non addirittura in tre fasi<br />
(lo stesso Bacchelli) per arrivare così a sezionare quella che,<br />
secondo me, è stata un’evoluzione naturale da parte dell’autore,<br />
tanto scrittoria quanto ontologica; a lasciare inspiegati passaggi<br />
quali l’approdo a L’Illustrissimo; e a criticare, vedendola come una<br />
tarda involuzione, il passaggio all’umorismo, che io invece credo<br />
sia sempre stato in nuce nella prosa cantoniana, la quale già agli<br />
esorsi tentava di staccarsi dai canoni segnati fino a quel momento<br />
dalle tre correnti principali del XIX secolo: Romanticismo, Verismo<br />
e Positivismo.<br />
L’ultima ragione credo si possa identificare anche in un certo<br />
boicottaggio subito da Cantoni per la sua appartenenza alla fede<br />
ebraica e per la sua fermezza nel seguirne i dettami: erano anni<br />
molto difficili per le questioni antisemitiche, ed esemplare in tal<br />
senso è “l’affare Dreyfus”, scandalo incorso proprio negli anni di<br />
piena produzione cantoniana. Che la questione ebraica lo<br />
toccasse molto è dimostrato anche dal suo ascritto Israele italiano<br />
e dalle considerazioni a favore del sionismo che il testo contiene<br />
(non per nulla dopo l’uscita del brano Alberto si mise in contatto<br />
con il padre del sionismo: Theodor Herzl).<br />
Vivendo vicino a Pomponesco, riconosci i luoghi cantoniani<br />
come li descrive rispetto a come li vedi tu oggi? Quali sono le<br />
di8fferenze fondamentali? Se Cantoni tornasse oggi, cosa<br />
pensi lo colpirebbe?<br />
Diciamo che la zona del mantovano ben descritta da Cantoni,<br />
quindi soprattutto quella fra i due paesi Pomponesco, dove lui<br />
stesso viveva, e Viadana, centro ai suoi tempi più grande e<br />
importante per il mercato, dove era vissuto anche il padre nel suo<br />
avviarsi al commercio, ha mantenuto e mantiene tutt’ora una certa<br />
“conformazione agricola”. Questo significa che non è raro passare<br />
in auto per strade di campagna curve e strette e trovarsi immersi<br />
in ampi spazi coltivati e punteggiati da rare e grandi cascine con<br />
ampie aie e lunghe barchesse, così come la nebbia che avvolge<br />
questa pianura d’inverno è forse la stessa (anche se guardando<br />
un film come Amarcord di Fellini, mi viene da pensare che anche<br />
l’umidità dell’aria s’è fatta oggi più pigra ed avara nel scendere fra<br />
le case, in inverni che, forse, non sono più così freddi da far<br />
godere un buon brodo bollente o un bel piatto di polenta<br />
fumante!); anche il Po fa ancora paura a volta nel periodo delle<br />
piene, ma questa sono ben più rare e comunque molto più facili<br />
da arginare grazie alle costruzioni, alle dighe, ai provvedimenti atti<br />
a far sì che il “grande fiume” (immagino ben più sporco di quanto<br />
non fosse ai tempi cantoniani) non susciti più quel terrore e non<br />
minaccia quei disastri di cui rischiavano di essere vittime i<br />
contadini narrati in un racconto come Tre madamine.<br />
La differenza fondamentale sta comunque nel fatto che non sono<br />
più le caratteristiche agricole e naturali a farla da padrone nella<br />
zona, dove, naturalmente, impazzano capannoni, piccole, medie<br />
e, perché no (!), grandi industrie, centri commerciali, outlet per<br />
permettere a tutti di fare acquisiti convenienti (visiti i tempi che<br />
corrono dall’arrivo dell’euro sulla sua navicella spaziale!), palazzi,<br />
palazzine, case a schiera, campi da tennis, da calcio, da rugby,<br />
piscine, scivoli, piazzali per le corriere, stazioni ferroviarie e…<br />
insomma, tutto ciò che fa parte della nostra quotidianità e che una<br />
pianura grande e monotona (nel senso buono del termine) come<br />
quella padana (la Bassa, par dirla con Cantoni), può agevolmente<br />
ospitare.<br />
Credo che se Cantoni tornasse oggi, si metterebbe a gridare a<br />
gran voce contro tante cose che vedrebbe perché gli<br />
impedirebbero di trovare la quiete, il silenzio, il riposo dagli affanni<br />
procuratigli dalla sua gotta e dalla sua uricemia; sarebbero<br />
ostacoli per i suoi giri in carrozza e lo costringerebbero forse a<br />
dover comunicare ed interagire più di quanto non amasse fare<br />
(cerco di immaginarmelo alle prese con aggeggi quali cellulari e<br />
computers!). Il suo spirito moderno, acuto e problematico però<br />
certo non gli impedirebbe di capire la portata e di apprezzare<br />
almeno alcuni dei passi portati dal progresso, anche se rimango<br />
dell’idea che la sua ricerca di avanzamento e di miglioramento<br />
fosse soprattutto a livello interiore, per sé e per l’umanità tutta,<br />
non certo in confronto a traguardi materiali (visto il suo testo<br />
contro la guerra, Io, ei Rey, posso immaginare che rimarrebe non<br />
tanto scioccato, perché come umorista era già conscio della